Comincia stasera il Festival del cinema

Comincia stasera il Festival del cinema Comincia stasera il Festival del cinema DAL NOSTRO INVIATO Francia pigliatutto, vendetta americana, nostalgie dei Grandi. La luce di primavera bellissima, nitida e dolce sul mare più azzurro, carezza struggente il disegno di Federico Fellini (Giulietta Masina col breve mantello e la bombetta de «La strada», vista di spalle in contemplazione del blu marino) che è il manifesto del quarantasettesimo festival in ricordo d'una perdita insanabile per il cinema; indugia commovente sulle immagini in mostra (Jean Gabin ferroviere populista, Von Stroheim militare aristocratico, Magnani in costume di ruvida Colombina) dei film di Jean Renoir, che quest'anno avrebbe cent'anni e al quale è dedicata una retrospettiva meravigliosa. Grandi alberghi bianchi dai giardini e dalle terrazze fioriti, tempo bello, desiderio di cinema e di star: in una implosione vertiginosa, Cannes è ormai abbastanza leggendaria da diventare il luogo e il set d'uno dei film che presenta, «Grosse fatigue» di Michel Blanc. Dappertutto (copertine, vetrine di negozi, locandine, fotografie, teleschermi) si ritrovano affiancate le facce eloquenti di Clint Eastwood e di Catherine Deneuve, West e Parigi, virilità e femminilità, forza e grazia, pari eleganza, pari giovinezza perduta, presidente e vicepresidente della giurìa ma anche simboli d'un contrasto innegabile tra America e Francia. Il festival comincia e finirà con film beffardi e soveri verso i valori che il nuovo governo italiano proclama di venerare: satira in grottesco e durissima del capitalismo selvaggio, del gioco finanziario amorale e del liberismo irresponsabile in «Mister Hula Hoop» di Joel Coen, satira ilare e feroce della famiglia convenzionale e delle virtù domestiche in «Serial Mom» di John Waters. Inizio e conclusione americani, con due film che meritano certo d'aprire e chiudere qualunque festival ma che appaiono pure collocati quasi come segnali, avvertenze: vedete, va lutto bene, il primo film è della Warner Bros e ce n'è pure un al¬ tro, «The Browning Version», che è della Paramount, questo vuol dire che le grandi società produttrici americane, le Major Companies, non snobbano per niente Cannes né serbano rancore alla Francia; nella selezione ufficiale, notate bene, i film americani magari di produzione indipendente sono dodici su sessanta, il venti percento, per non parlare degli altri tre film americani presenti nelle altre rassegne. Tutto giusto o quasi, ma nonostante ogni conciliante di-' chiarazione delle due parti non sono affatto cancellati i residui polemici o addirittura il conflitto nato, in seguito alla vittoria europea netta anche se precaria nelle trattative del Gatt, tra la associa¬ zione dei produttori americani Mpaa governata da Jack Valenti e la Francia promotrice-combattente delle battaglie per difendere dall'invasione e dall'omologazione americane il cinema d'Europa. La leadership basata sull'azione riuscita, sull'attenzione politica, sulla tenacia dell'impegno, sull'interesse verso le cinematografie soprattutto dell'Est europeo oltre che verso quelle asiatiche e africane, sull'esercizio costante delle coproduzioni o dei finanziamenti, sul tentativo di farsi spazio in altri mercati, è sicuramente meritoria, e fa della Francia il primo cinePaese d'Europa. Ma ha qualche sfumatura d'arroganza: su ventitré opere concorrenti per la Pal¬ ma d'oro, oltre la metà, tredici, sono di produzione o di coproduzione francese. Tre film rappresentano direttamente la Francia. Dei quattro film italiani in concorso,- tre sono stati realizzati anche con soldi francesi: «Una pura formalità» di Giuseppe Tornatore, coprodotto con la parigina Film Par Film, viene pure presentato nella lingua francese usata per recitare dagli interpreti Gerard Depardieu e Roman Polanski; «Caro diario» di Nanni Moretti è coprodotto dalla parigina Banfilm; in «Bernabò delle montagne» di Mario Brenta c'è una partecipazione finanziaria di Pierre Kalfon de Les Film Number One. Sono coproduzioni francesi, di maggiore o minore importanza ma sempre di notevole peso economico, i film del polacco Kieslowski, del romeno Lucian Pintilie, dei russi fratelli Michalkov e Konchalovsky, del belga Charlie Van Damme, del messicano Arturo Ripstein, del cambogiano Rithy Panh. Il direttore del festival obietta che se la politica francese delle coproduzioni funziona bene il ventaggio è di tutti; che le coproduzioni sono una necessità e una via d'uscita per tanti autori o cinematografie che altrimenti non farebbero affatto film; che l'internazionalismo dei finanziamenti non presenta alcun elemento negativo rispetto alle opere, purché si limiti ai soldi e non pretenda di condizionare i registi e il loro lavoro; che in qualche caso le partecipazioni finanziarie francesi sono ridotte. Ha perfettamente ragione, però non è questo il problema. Il punto è che la presenza economica francese in oltre la metà dei film presentati in concorso al festival francese è un eccesso imbarazzante, è almeno un'indiscrezione, dà un'aria di gara aziendale, di kermesse biancorossoblù, di competizione giocata in casa. Disegna (magari iniquamente, ma inevitabilmente) una immagine spiacevole di cine-Francia pigliatutto. Lietta Tornabuoni Su ventitré film in concorso oltre la metà sono di produzione (o coproduzione) francese Comincia stasera il Festival del cinema Su ventitré film in concorso oltre la metà sono di produzione (o coproduzione) francese Clint Eastwood e Catherine Deneuve, West e Parigi: le loro facce si ritrovano affiancate dappertutto O tto, na, ndi. era e dolce ro, cadisegno Giuliete man de «La palle in el blu nifesto mo fena per il cinema; e sulle imJean Gabin , Von Strostocratico, e di ruvida m di Jean Reo avrebbe cenedicata una regliosa. Grandi giardini e dalmpo bello, dedi star: in una nosa, Cannes è eggendaria da il set d'uno dei «Grosse fatic. ertine, vetrine ne, fotografie, vano affiancati di Clint Earine Deneuve, ità e femmini pari eleganza, erduta, presinte della giurìa Clint Eastwood e Catherine Deneuve, West e Parigi: le loro facce si ritrovano affiancate dappertutto