II boss assume disoccupati

I «manovali» della cosca di Paterno scelti all'ufficio collocamento I «manovali» della cosca di Paterno scelti all'ufficio collocamento II boss assume disoccupati Un milione di stipendio fisso al mese più una percentuale sugli «utili» Venivano impiegati per riscuotere il «pizzo» e come corrieri della droga LA MAFIA COME DATORE DI LAVORO CATANIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La mafia reclutava disoccupati a un milione al mese, più una percentuale sugli «utili». E' la sconcertante scoperta che i magistrati della direzione antimafia di Catania hanno fatto indagando su una delle cosche di Paterno. Il particolare è emerso ieri, all'arresto di dieci presunti mafiosi del clan che una volta era capeggiato dall'anziano patriarca di Paterno Giuseppe Alleruzzo, uno dei primi pentiti della mafia catanese che successivamente ha ritrattato tutto. All'alba i carabinieri hanno arrestato sette persone, ed altre tre ordinanze di custodia sono state notificate in carcere. Sono tutti accusati di associazione mafiosa, estorsione, sequestro di persona e detenzione di armi. Secondo la procura di Catania è stato sgominato il gruppo mafioso che fa capo a Salvatore Leanza, l'uomo che ha preso il posto di Alleruzzo e al quale il provvedimento è slato notificato in carcere. Un clan agguerrito, pronto a tutto, e che sarebbe entrato in contatto con le famiglie catanesi di Cosa nostra, in particolare con quella di Nitto Santapaola, con la quale avrebbe tentato la riorganizzazione delle cosche in paese. I fatti sono riferiti agli ultimi tre anni. Il clan, decimato dai blitz delle forze dell'ordine e dalle faide, aveva necessità di reclutare gente in breve tempo. Per questo aveva messo a punto una sofisticata tecnica fidando sulla disperazione dei giovani disoccupati di Paterno. Alcuni venivano avvicinati con la prospettiva di uno stipendio fisso, altri costretti ad «arruolarsi», perché stritolati dagli usurai: la mafia concedeva loro prestiti ma pochi giorni dopo richiedeva indietro il denaro; se pagavano, bene, altrimenti il debito andava saldato con prestazioni lavorative, incarichi per conto della mafia. All'inizio si trattava di lavoretti, cose di poco conto, poi si arrivava al vero e proprio inserimento nell'organizzazione. Un milione al mese di stipendio e una percentuale sugli incassi, proventi di estorsioni, traffico di droga o chissà cos'altro. Sono state intercettazioni e appostamenti a far scoprire tutto ai carabinieri. Ma nell'inchiesta sono finite anche le dichiarazioni di un pentito e le denunce di un imprenditore vittima del clan mafioso: aveva subito numerosi «avvertimenti» e perfino un sequestro di persona perché si convincesse a pagare il «pizzo». Il blitz di ieri notte ha portato in carcere due luogotenenti del boss Leanza, Alfio Parisi e Antonino Mendolaro, e cinque gregari. In carcere, oltre che al capomafia, le ordinanze di custodia sono state notificate a Salvatore Tilenni Scaglione e Salvatore Assinnata. Nell'inchiesta erano finiti anche un fratello di Tilenni Scaglione, Carmelo, e Salvatore Di Marco, due pregiudicati latitanti per anni, uccisi in un agguato scattato, nel marzo scorso, all'interno di una trattoria di Paterno. Salvatore e Carmelo Tilenni Scaglione, detti «i cantanti», sono ritenuti elementi di spicco della cosca di «Santabarbara», in lotta con gli altri gruppi per il predominio nella zona. Secondo l'accusa, il duplice delitto della trattoria fu ordinato da una donna, Maria Indelicato, che aveva voluto così vendicare l'uccisione del genero, Francesco Sanfilippo, ucciso proprio dai due il 26 ottobre del '92. Per quel delitto, la donna riuscì a scovare i due e assoldò un killer di professione, fatto arrivare apposta dalla provincia di Novara e pagato 20 milioni. Fabio Albanese Coda all'ufficio del collocamento

Luoghi citati: Catania, Novara, Paterno