Processo in Parlamento Gonzàlez rischia il ko
10 Il leader della Destra lo inchioda sugli scandali, mentre dilagano le rivelazioni Processo in Parlamento Gonzàlez rischia il ko RESA DEI CONTI A MADRID MADRID NOSTRO SERVIZIO Richiesta, reiterata per la seconda volta in solo 11 giorni, di dimissioni. Accuse al vetriolo. Fischi ed interruzioni in un Parlamento in cui, fino a due mesi fa, quando incominciarono i grossi scandali, lo si vedeva leader incontrastato ed indiscusso. L'opposizione al governo socialista del premier Felipe Gonzàlez alza ogni giorno di più il tiro, grazie ai casi di corruzione che scoppiano, grazie alle rivelazioni della stampa che li denuncia, e lui, il «lider maximo» del socialismo spagnolo da 20 anni, e da 11 al potere, annaspa, si difende ed ormai non attacca più, come un pugile suonato. Il mito Gonzàlez è ormai solo un ricordo e fa venire in mente quello onnai sfiorito e relegato nelle emeroteche di un altro «grande vecchio» della politica spagnola, quello di Adolfo Suarez. Ieri pomeriggio alle «Cortes», José Mara Aznar, il leader della seconda forza politica spagnola, il conservatore Partido Popular (che tutti i sondaggi danno vincente, e con cinque punti di vantaggio, sul partito socialista di Gonzàlez, alle prossime europee del 12 di giugno) ha messo alle corde un Gonzàlez sempre più ombra di se stesso. E proprio sulla «madre di tutti gli scandali», quello della fuga dell'ex direttore della Guardia Civil, che rimane ancora inspiegabile. «Dov'è Roldan, quando lo troverete? - ha esordito molto deciso -; dietro la sua fuga ci può essere qualcosa di più. Lei non ci ha informati adeguatamente e non ha risolto la crisi politica del suo governo. Perché è scappato Roldan? Lo avete lasciato libero mentre guardavate da un'altra parte». Poi il leader conservatore ha continuato la sua filippica: «Lei usurpa il diritto parlamentare. Onnai non le crede più nessuno. Quanti casi di corruzione ha scoperto? Neanche uno. Lei non fa niente. Le sue risposte sono tardive. Se ne vada. Ormai è solo un'ipoteca per il Paese e cade da solo, senza spinte. Si dimetta e si eviti un'agonia indecorosa non per lei, ma per la Spagna». Gonzàlez, molto accigliato, incassava. Il premier, che ha aperto la seduta parlamentare in cui doveva spiegare i casi di corruzione, ha ribadito la solita litania: «Non mi dimetto perché ciò significherebbe l'instabilità del Paese. Forse, se sarà necessario, proporrò la fiducia, che comunque mi è garantita dall'appoggio di Cyu (i democristiani catalani)». Il suo discorso sulla più grave crisi che abbia investito i socialisti negli ultimi 12 anni, è però durato solo 8 minuti. Ed è già questo un fatto politico rilevante, per un leader che, da buon avvocato, faceva sempre discorsi lunghissimi. Aznar ha avuto, però, gioco facile, grazie ancora una volta a «El Mundo». Il quotidiano che più si batte per rivelare gli scandali del regime socialista ha ieri pubblicato una vera e propria bomba, le prime rivelazioni, assai compromettenti, rilasciate da Roldan prima di darsi alla latitanza. Il vicepresidente del governo Serra avrebbe incaricato l'ex direttore della Guardia Civil di indagare, nel '92, uno dei banchieri più potenti di Spagna, che alcuni indicavano come il futuro nuovo leader della destra, Mario Conde, presidente del Banesto. Roldan, ubbidiente, si è rivolto all'agenzia statunitense Kroll. Utilizzando fondo riservati, 101 milioni di pesetas, circa 1,2 miliardi di lire. La Kroll, in cui lavorano ex agenti della Cia, ha svolto egregiamente il suo lavoro. Conde, buttato fuori dalla sua banca nello scorso dicembre per un buco di 6 mila miliardi di lire dal Banco di Spagna, era un vero ladrone e prendeva stecche per ogni impresa che vendeva. Alme¬ no 50 miliardi di lire, più i 10 milioni di dollari per la vendita alla Montedison di Antibioticos. Gonzàlez ha detto che quanto dichiarato da Roldan è «rigorosamente falso». Sarà. Ma la sua credibilità è ormai sottoterra[g. a. o.] Il premier Gonzàlez ieri in Parlamento sotto il fuoco dell'opposizione
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