E' viva la talpa atomica di Stalin

8 Il testimone del progetto russo rivela: «Washington non la scoprì mai» E' vìva la talpa atomica di Stalin «La soffiata non ci arrivò da Enrico Fermi» ma Mosca continua a tacere il nome della spia LE SPIE DELLA GARA NUCLEARE V MOSCA LADIMIR Borisovic Barkovskij è il penultimo dei testimoni. Tutti gli altri sono morti. L'ultimo a portare con sé nella tomba la sua quota di segreti è stato Kvasnikov. Rimane in vita Fcklisov, che però sta male e non parla. Fino a qualche anno fa tutti questi nomi erano top secret e mai avrebbero raggiunto una seppure tardiva notorietà. Ma la fine del comunismo scuce le bocche, invita chi ha piccoli e grandi segreti a rivelarli. E induce in tentazione chi non ne ha a inventarli. Adesso che Pavel Sudoplatov - il vice di Beria, l'unico di questa combriccola che ebbe gli onori della cronaca addirittura al XX Congresso del Pcus, dopo essere stato arrestato nel 1953 da Krusciov - ha pubblicato le sue memorie negli Usa, anche Barkovskij può parlare. Autorizzato, s'intende, dalla Federalnaja Sluzhba Razvedki (Fsr) il servizio di spionaggio estero, irritato dalla «fuga di notizie tendenziose» che Sudoplatov (o suo figlio) ha inserito nel volume di memorie. Incontro Barkovskij appunto nel vicolo Kolpachnij, nella sede di rappresentanza della Cia russa. Mi spiegano che l'arzillo vecchietto, che fu «residente» a Londra negli anni cruciali in cui la Russia fabbricava la sua prima bomba atomica, è ancora un «collaboratore» dei servizi. Quindi quello che dice è, in qualche modo, ufficiale. Ma Barkovskij ha accesso agli archivi ed è quindi la persona più adatta, oltre che l'unica, per dirci se è vero - come ha scritto Sudoplatov - che la Russia poteva annoverare tra i suoi agenti segreti niente meno che Opponhcimcr, Fermi, Szilard. Cioè i principali scienziati del «progetto Manhattan». E' fondata questa rivelazio- ne sconvolgente? «Lo escludo. Nel 1942 Oppenheimer era già stato nominato a capo del laboratorio di Los Alamos. Raggiungerlo per noi era impossibile perché non usciva mai. Per giunta gli americani lo consideravano sospetto e aveva ottenuto l'incarico di guidare la progettazione della bomba solo perché era un genio di eccezionale talento. Cercare di contattarlo avrebbe significato correre rischi troppo elevati e magari mettere sull'avviso gli americani, che invece erano del tutto all'oscuro dell'attività dei nostri agenti». Chi erano e quanti i vostri agenti là dentro? «Almeno due. Uno era Klaus Fuchs, l'altro rimane un nome in codice, Perseo». Perché non potete rivelare il suo nome? «Per ragioni etiche. E' vivo». E gli americani non l'hanno mai scoperto? «No. Sanno della sua esistenza solo da due anni, dopo che noi la rivelammo. Ma non l'hanno individuato. Anche di altri non diciamo nulla perché non vogliamo creare difficoltà ai figli». Torniamo alle rivelazioni di Sudoplatov a proposito di Oppenheimer e Fermi. E' possibile che se lo sia inventato? Lei può escludere che i due fisici fossero in contatto con le spie sovietiche, magari per conto del servizio segreto militare, il Gru? Del resto Sudoplatov non afferma esplicitamente che essi fossero spie russe. Lascia intendere però che essi fecero filtrare informazioni cruciali ai russi, poiché ritenevano che in tal modo avrebbero «equilibrato» la situazione e impedito che l'America si trovasse, da sola, in possesso di una immane potenza militare. «Nei nostri archivi non c'è assolutamente nulla che corrobori questa tesi. La memoria può aver giocato un brutto scherzo a Sudoplatov». Ma Sudoplatov potrebbe essersi portato via una parte dell'archivio, prima di essere arrestato. «No, allora era pressoché impossibile, oltre che mortalmente pericoloso. Non dimentichi che parliamo del 1953, Stalin appena morto. E poi Sudoplatov era persona onesta, disciplinata. Ma si può cercare di spiegare l'errore di memoria. Certo, quando cominciammo a occuparci del problc- ma bomba atomica, la prima cosa fu quella di fare un elenco degli scienziati che potevano saperne qualcosa. Senza dubbio i nomi di Fermi e Oppenheimer furono in quell'elenco, ma non con tutti noi potemmo o volemmo, fatti i nostri calcoli, entrare in contatto. So per certo che nel 1943 il nostro residente a San Francisco ricevette l'ordine perentorio di non tentare neppure di avvicinarli. Del resto avevamo altri canali...... Fuchs e Perseo? «Appunto». E come li contattavate? «Sapevamo che gli scienziati di Los Alamos potevano andare ogni tanto a Santa Fé o Albuquerque, per divertirsi o riposarsi. Concordavamo queste date mediante una procedura molto complessa e mandavamo là i nostri corrieri americani, i coniugi Lona e Morris Cohen. Avevamo un vantaggio fondamentale: gli americani non sospettavano di nulla, non immaginavano neppure che la nostra caccia era cominciata da tempo». E' da quella fonte che ricavaste l'essenziale? «Ricevemmo informazioni teoriche, sperimentali e industriali, non solo da Los Alamos. Ma da Los Alamos venne davvero l'essenziale: i calcoli sulla massa critica, i disegni del reattore, i calcoli sulle dosi massime ammissibili di radiazioni cui i ricercatori potevano essere sottoposti. E ancora: la tecnologia della produzione industriale dell'uranio-235 e quella del reattore per produrre plutonio». Dunque voi spie siete state decisive per la creazione della bomba russa. Senza di voi gli scienziati russi non ce l'avrebbero fatta. E' così? «E' così. Offrimmo ai nostri scienziati materiali di tale importanza da far cambiare il corso stesso delle loro ricerche. L'accademico Kurciatov scrive in una sua lettera che molte cose che gli portammo non le sospettava neppure. L'accademico Joffe disse che le nostre informazioni erano così esaustive che spesso non occorreva neppure controllarle. Se i nostri avessero seguito il loro corso, probabilmente ci sarebbero arrivati con molto ritardo. E poi occorre non dimenticare che si trattava non solo di scoperte teoriche ma di costruire un'intera industria. Senza un orientamento chiaro sarebbero occorsi molti anni a un Paese come l'Urss in condizioni di grave debolezza economica». Quanto di tutto ciò era a conoscenza di Sudoplatov? «Non molto. Il vero protagonista fu Kvasnikov, che fin dal 1939 era già alla caccia delle ricerche dei tedeschi e che nel 1940 aveva già messo sul tavolo di Beria l'ipotesi della bomba atomica. Sudoplatov era già ai vertici della polizia segreta, ma venne messo, alla fine del 1941, alla testa del Quarto Dipartimento dell'Nkvd, quello che svolgeva attività di diversione nelle retrovie tedesche. I compiti che svolse erano immensi e decisivi, ma rimase in quella funzione fino alla fine della guerra. E' impossibile che abbia potuto occuparsi anche della bomba atomica. Solo in seguito, nel 1945, venne messo a capo prima del dipartimento «S», che però non aveva uomini all'estero e doveva solo trasmettere le informazioni, e poi a capo di tutto lo spionaggio tecnico-scientifico. Ma allora il lavoro fondamentale era già stato fatto». Dunque la memoria ha ingannato Sudoplatov? «Credo proprio che sia così, almeno per gli anni tra il 1940 e il 1945, quando il nostro lavoro diede tutti i frutti che ho detto». E dunque, oltre a Fuchs e Perseo, non avevate altre spie a Los Alamos? «Esatto. Ma gli scienziati che collaborarono con noi furono parecchi di più. Molti di questi nomi sono ancora del tutto sconosciuti all'occidente». Chi fu il più importante? «Senza dubbio Fuchs». E Perseo? «Perseo ci informava su un settore importante, ma più ristretto. Il panorama di Fuchs era molto più vasto». Giuliette Chiesa «I nostri scienziati erano sulla strada sbagliata Da soli non sarebbero mai giunti alla Bomba» ia » i er e A sinistra Enrico Fermi con Oppenheimer a destra un'esplosione nucleare Stalin voleva la Bomba per stare al passo degli americani Fu aiutato più dalle sue spie che dai suoi scienziati