Occhetto: Italia umiliata e offesa di Alberto Rapisarda

Le opposizioni affilano le armi per il dibattito sulla fiducia. Lunedì si parte dal Senato Le opposizioni affilano le armi per il dibattito sulla fiducia. Lunedì si parte dal Senato Occhetto: Italia umiliata e offesa Fini: sono un post-fascista ROMA. «L'Italia è stata profondamente umiliata da questo ministero. Rischiamo di trovarci in una specie di Repubblica a conduzione familiare-aziendale. Quelle di Scalfaro sono parole pesanti come pietre», grida quasi Achille Occhetto ora che Berlusconi ha fatto giurare ai suoi ministri fedeltà alla Costituzione. «I timori si sono confermati tutti e, se possibile, sono aggravati. Le ragioni del voto di opposizione si confermano e si accrescono», concorda Nino Andreatta, del partito popolare. Ed è come se i partiti di opposizione si risvegliassero di colpo trovandosi di fronte ad una realtà che è andata oltre la loro immaginazione. Berlusconi ha formato veramente il governo, ha dato ai post-fascisti ministeri importanti (suscitando preoccupazione in mezzo mondo), non pare intenzionato a vendere le proprie aziende ed ha superato di forza le obiezioni preoccupate di Scalfaro. Ora marcia verso il voto di fiducia. E' quello l'appuntamento estremo, l'ultimo ostacolo da superare. La disfida si svolgerà al Senato da lunedì prossimo, dove il governo non ha ufficialmente la maggioranza per ottenere la fiducia. Ma, assicurano in molti, arriveranno in soccorso i voti di alcuni senatori del partito popolare (la ex de) e di qualche sena- tore a vita come Cossiga e Leone. Ampiamente sufficienti per ottenere la maggioranza. Alla Camera, poi, sarà tutto più facile e scontato. Così l'attenzione si appunta sui senatori dell'opposizione disposti a passare nelle file dei vincitori. E tutti gli appelli allarmati che si levano in queste ore sembrano rivolti a loro. Come a convincerli che non possono dare i loro voti a Berlusconi, «un governo targato Fininvest» (Andreatta) che richiede di essere «particolarmente vigili e intransigenti» (Mancino). Il popolo, il quotidiano della de, sottolinea trasecolando quel che ha detto il ministro Giuliano Urbani, uno dei consiglieri di Berlusconi, martedì sera in tv a «Milano Italia». Con grande candore il neo-ministro ha confessato che «è naturale e giusto fare promesse agli elettori soltanto al fine di ottenerne i voti ed è altrettanto normale che di quelle promesse elettorali, ora, Forza Italia risponda solo per la quota di consenso ottenuto. Dunque, poco più del 20 per cento delle promesse saranno mantenute». Insomma, commenta Il popolo, i giovani si aspettino 200.000 posti di lavoro invece del milione promesso. Questo argomentano i popolari. Il segretario del pds va oltre. Anche lui parla di «truffa agli elettori», di «pagliacciata plebiscitaria», «potere arrogante e beffardo». Insomma, c'è stato «un evento enorme, straordinario, inquietante. Eppure tutto si è chiuso nello sberleffo furbesco». «Ci schieriamo a fianco della difesa della libertà reclamata dal Presidente della Repubblica». E la lettera di Scalfaro a Berlusconi viene letta come un allarme per «la democrazia che è a livello di guardia». Lo «sberleffo» sarebbe la risposta data da Berlusconi ai dubbi di Scalfaro sui ministri incaricati di curare la politica estera, quella interna, la giustizia. Di certo c'è un gelo palpabile tra il Capo dello Stato e il nuo¬ vo presidente del Consiglio. Un gelo che gli uomini di Berlusconi si prodigano per nascondere. «L'argomento è ormai concluso. Si è chiarito un episodio che alcune interpretazioni tentavano di ingigantire», spiega sorridente il nuovo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta. «L'ho giudicato un atto molto opportuno in questa fase della vita politica» in cui la nascita del nuovo governo «riguarda anche i rapporti internazionali», dichiara il presidente del Senato, Scognamiglio. «Si è voluto dare un segnale il più forte e chiaro possibile alla comunità internazionale». Ed anche l'ex presidente della Repub¬ blica, Cossiga, ritiene «più che legittimo» l'intervento di Scalfaro anche se lo fa per sostenere che ormai siamo in un regime «con forti caratteri presidenzialistici». Ma il segretario missino Fini, ora che è riuscito a portare i suoi finalmente al governo, di fronte all'onda di proteste che arrivano da mezzo mondo contro i suoi ministri, puntualizza così la sua posizione rispetto al passato: «Dovendomi definire nei confronti del fascismo, io mi definisco un post-fascista». Quindi, niente abiure e processi al passato. Alberto Rapisarda I ministri del nuovo governo ieri al Quirinale per la cerimonia del giuramento

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