Delitto per gelosia o per denaro?

Incontro a Torino Incontro a Torino I laureati in medicina nel maggio '34 In Assise il caso della ragazza di Villar Perosa strangolata dal suo ex convivente Delitto per gelosia o per denaro? //pm: «L'imputato voleva continuare a sfruttarla» Il 12 maggio 1934 a Torino si laurearono 90 medici. Molti erano piemontesi, altri provenivano dalla Valle d'Aosta, Lombardia, Veneto, Liguria attirati dalla fama dell'Ateneo subalpino. Sessanta anni dopo, domani, una ventina di loro si incontreranno intorno ad una tavolata di amicizia e di ricordi. Spiega il professor Giuseppe Verdolini che ha promosso l'iniziativa: «Il nostro raduno prese il via alla fine della guerra. E' da allora che, rintracciati i superstiti, i medici laureati a Torino nel '34 si riuniscono ogni anno. Tra di noi ci furono e in parte ci sono ancora - medici condotti e docenti universitari». Tra i colleghi scomparsi il professor Camillo Lenti e il dottor Alberto Levi, fratello di Natalia Ginzburg. Hanno tutti 84 anni. L'incontro che in passato comprendeva alcune giornate si è ridotto ad una breve gita e a un pranzo. Dice Verdolini: «Un rodaggio di 60 anni non è poco. Soprattutto quando aiuta a mantenere vivi i rapporti umani». «L'ho uccisa per gelosia». Ai carabinieri che lo aspettavano sotto la casa del patrigno, nei pressi del parco Michelotti, Roberto Carignano scelse di presentarsi come il protagonista di un melodramma. In sintonia con certi delittacci passionali. Ma fu quello il vero motivo per cui, due giorni prima, il 26 maggio di un anno fa, a Villar Perosa aveva strangolato Renata Bruno? La ragazza aveva 22 anni. Ieri mattina, aula della Corte d'assise: comincia il processo a quest'uomo di 34 anni, un mucchio di procedimenti penali alle spalle e di guai con le sue ex donne. Otto giudici su dieci (compresi i due supplenti) sono donne. Come pure il pm, Marina Nuccio, che ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio di Carignano per omicidio volontario agg» avato dalla premeditazione e dai «motivi abbietti». Il magistrato spiega subito perché: «Si faceva mantenere dai lei, riempiendola di botte e terrorizzandola. L'aveva persino costretta a vendere la sua quota di un alloggio e a consegnargli il ricavato, come tutto Da sinistra Roberto Carignano, l'imputato, e Renata Bruno, la vittima il resto. L'ha uccisa perché lei non voleva più farsi sfruttare». Renata lo aveva lasciato da pochi giorni. Lui le aveva incendiato i mobili accatastati in un garage di Pineroio. L'aveva raggiunta una prima volta a casa della madre entrando dalla finestra della cucina e aggredendola con un coltello. La ragazza era riuscita a disarmarlo. Le otto del mattino di quel 26 maggio. Carignano si ripresenta. Mostra un piccone («Entro comunque e spacco tutto») e, subito dopo, ricorre alle blandizie: «E' l'ultima volta che rompo le balle. Voglio parlarti». Sale al primo piano, nel soggiorno. La porta si richiude alle spalle dei due. La madre di lei: «Non sentivo le loro voci. Pensai che stessero discutendo civilmente». Lui le ha già stretto due calze di nylon intorno al collo. Vuole essere sicuro di averla strangolata. Le infila sul capo due sacchetti di cellophane, afferra il cavo della tv e lo serra come un cappio sui sacchetti e le calze. I carabinieri troveranno Renata semisdraiata sul divano. Sul collo un solco Il primo passo per fare della città la sede di importanti funzioni oggi concentrate a Roma profondo mezzo centimetro. Sceso in strada, Carignano incontra un'amica di Renata, Maria Barale. Le si accosta e le sibila, tranquillo: «Ricordatevi che è tutta colpa loro». Allude ai parenti della ragazza. Poi scompare. Ieri, il suo avvocato, Pier Claudio Costanzo, tenta di sostenere la tesi dui delitto passionale: «Lei era una tossicomane. Si prostituiva. L'imputato la portò via da quell'ambiente. La aiutò a curarsi. Voleva mettere su famiglia con lei». Sfilano i primi testi. Maria Barale e il fidanzato Giorgio Bulla. Raccontano che Renata lavorava come cameriera in un locale di Pineroio - il Break ricevendo 250-300 mila lire per un paio d'ore di «prestazioni». Quali? Il proprietario dell'esercizio, Edmondo Pons, è stato accusato di false dichiarazioni al pm. Il processo chiarirà se Renata era costretta a prostituirsi in quel nuovo modo. I legali di parte civile, Servetto e Zaccaria, anticipano: «L'imputato l'aveva tolta dalla strada solo per valorizzarne lo sfruttamento». lai. ga.] All'Unione Industriale