Torino magica? Bugie «egizie» di Maurizio Lupo

Torino magica? Bugie «egizie» Torino magica? Bugie «egizie» Un libro smentisce la fama che Torino ha acquistato come città magica, legata fin dalle origini all'esoterismo egizio. E' un testo rigoroso: «Torino, l'Egitto e l'Oriente, fra storia e leggenda», scritto dai professori Alessandro Bongioanni e Riccardo Grazzi ed edito dall'Angolo Manzoni con il patrocinio del Cesmeo. E' stato presentato ieri sera al Teatro Adua dal noto egittologo Silvio Curto. L'opera racconta come a Torino si è sviluppato l'interesse per l'Egitto antico e come da questa passione è nato il Museo Egizio. Nei primi capitoli si preoccupa di smascherare tutte le cronache antiche che tramandano una Torino magica dall'inizio della sua storia, «perché venne fondata nel 1529 avanti Cristo dal principe egizio Fetonte, detto Eridano, che vi introdusse i riti dedicati all'infernale Dea Iside, come testimonia il simbolo della città, il toro, che deriva dall'egizio bue Api». Sono notizie false, diffuse ad arte nel 1577 da Filiberto Pingone, barone di Cusy, quando diede alle stampe ((Augusta Taurinorum» la più antica storia della città. Lui, cronista abbastanza rigoroso dei suoi tempi, accettò di essere un bugiardo consapevole solo per fare un piacere ai suoi signori, i Duchi di Savoia. Inventò la loro discendenza dai Re Sassoni, perché potessero pretendere il titolo regio. E diede credito a queste favole egizie, tramandate da cronisti medievali inattendibili, solo per dare lustro e dignità storica a Torino, eletta nel 1563 da Emanuele Filiberto di Savoia al rango di capitale sabauda. Pingone nel 1567 probabilmente trasse spunto dal ritrovamento a Torino di un'iscrizione dedicata a Iside. Tanto lo emozionò da indurlo a rilanciare no¬ tizie prese da un cronista molto disinvolto, come Annio da Viterbo. Era un frate domenicano, nato nel 1432 e morto nel 1502. Noto ai contemporanei come conoscitore di lingue orientali, è passato alla storia come grande falsario. Pubblicò a Verona, nel 1497-98, testi apocrifi, fra i quali uno attribuito a Beroso Caldeo, storico mesopotamico vissuto forse nel III secolo avanti Cristo. Annio asseriva d'avere tratto le notizie riguardanti Torino sia da Beroso sia da opere di un tal «Manetone». Citava codici sconosciuti di Catone, Fabio Pittore, Senofonte, che però compilava in segreto lui stesso. Simili fonti non dispiacquero ai Savoia. Anzi nel 1630 confermarono il loro desiderio di legarsi al mondo egizio con l'acquisto dai Gonzaga della «Mensa Isiaca»: una tavola bronzea decorata. Fu il primo pezzo di una collezione di 270 esemplari che costituì il fondo della raccolta sistemata nel 1723 da Vittorio Amedeo II all'Università. Fu in quest'epoca che la passione per l'Egitto venne contaminata dall'esoterismo. Da quando nella collezione, verso il 1739, comparve un ((busto di Iside», con incisi sulle guance e sulla fronte segni cabalistici. Ma anche questo è un falso, rifilato da qualche imbroglione del Seicento ai Savoia. Quel busto è solo un'opera in stile neoclassico. Non è nemmeno egiziana. Venne scolpita in marmo di Chiavenna, provincia di Sondrio. Ma ormai «l'egittomania» esoterica e quella seria erano lanciate. Nel 1759 Carlo Emanuele III di Savoia inviò in Egitto il professore Vitaliano Donati che tornò con statue, lucerne e mummie d'animali autentiche. E' già storia del Museo. Maurizio Lupo SCARPE E SPORTWEAR PER NUOVE GENERAZIONI