L'ex ufficiale

L'ex ufficiale L'ex ufficiale «Due complici ancora a Roma» ROMA. Nelle due volte che è stato in Italia dopo la guerra, l'ex capitano delle SS Erich Priebke ha incontrato due suoi commilitoni del «Gruppo di Roma», che ancora oggi vivono in Italia. Lo ha dichiarato lo stesso Priebke in un'intervista concessa al quotidiano di Buenos Aires «Clarin» prima del suo arresto di martedì sera. Secondo «Clarin», che riferisce il racconto in forma indiretta, Priebke è voluto ritornare nei luoghi dove aveva vissuto e fece visita - questo è il testo dell'articolo - «a due ex camerati del Gruppo di Roma, diretto da Herbert Kappler, che ancora vivono là». E ieri, si dice, quando è arrivato un inviato del giudice Leonidas Moldes per arrestarlo mentre era intervistato da un giornalista, Priebke ha pianto, rifiutandosi di pensare alla sua estradizione. E avrebbe detto: «Sono stato a Roma due volte dopo il 1980 e non voglio tornarci così. Ma se mi ci portano, allora farò i nomi dei miei camerati del Gruppo Roma che ancora oggi vivono tranquilli in Italia». A quanto ha appreso l'agenzia Ansa presso l'ambasciata tedesca a Buenos Aires, oltre al passaporto argentino Priebke ha anche un regolare passaporto tedesco. Questo elemento, hanno precisato fonti diplomatiche italiane, non dovrebbe comunque ostacolare le procedure di estradizione nel nostro Paese. Nel suo passaporto - scrive ancora il «Clarin» - Priebke avrebbe 16 timbri di ingresso negli Stati Uniti, dove vive uno dei suoi figli. E tutti sarebbero corredati da un regolare visto. Ma le rivelazioni non sono finite. Durante la guerra Erich Priebke svolgeva «una missione diplomatica, teneva i collegamenti fra l'ambasciata tedesca a Roma e il Vaticano. E non ha mai impugnato un'arma». E' quanto ha dichiarato il figlio dell'ex capitano delle SS, Jorge. «Non so se mio padre mi abbia mentito - ha detto Jorge ma credo di no. L'ho sentito parlare molte volte di queste cose con altre persone e ha dato sempre la stessa versione». Sono affermazioni fatte durante un'intervista concessa da Jorge a un'emittente radiofonica di Buenos Aires. L'avvocato francese Serge Klarsfeld e sua moglie Beate che da anni si dedicano alla ricerca dei criminali nazisti (furono loro a rintracciare Klaus Barbie in Bolivia, dieci anni fa), nell'agosto del 1989 scrissero a Roma, al ministro di Grazia e Giustizia, per sapere se «un certo Erich Priebke, numero 3 della polizia nazista a Roma» fosse ricercato o condannato in contumacia dall'Italia. «Sulla base delle notizie e dei documenti in nostro possessoafferma oggi Klarsfeld, presidente dell'Associazione figli e figlie dei deportati di Francia secondo cui Priebke da Roma si era trasferito a Brescia, dove aveva ricoperto il ruolo di capo della Gestapo, scrivemmo al ministro italiano della Giustizia per sapere quali colpe eventualmente pesassero su di lui». «Ma la nostra richiesta - conclude il celebre avvocato francese - rimase senza risposta». Ir. cri.]