«Quella sera telefonò Gelli»

Le memorie del prefetto Vicari Le memorie del prefetto Vicari «Quella sera telefonò Gelli» I L 4 aprile 1981 fu il giorno più lungo della Repubblica. Tutto passò per le stanze del prefetto di Milano Enzo Vicari. Grazie alla soffiata di «un certo Longo», in via Varanini a Milano venne arrestato Mario Moretti, capo della direzione strategica delle Br. Data la notizia al tg delle 19,45, «rischiando sulla mia pelle e su quella del ministro Rognoni, perché non eravamo ancora certi della sua identità», una telefonata portò il gelo nel Palazzo del governo milanese: «Nella villa di Gelli a Castiglion Fibocchi avevano trovato l'elenco degli affiliati alla P2... Chiamai Rognoni - racconta Vicari nelle sue memorie Giuro di essere fedele. Ricordi di un prefetto della prima Repubblica (Longanesi), a giorni in libreria - e andai da lui a Pavia. Mi ascoltò incredulo..., poi chiamò Forlani, allora presidente del Consiglio... Dalle pause della telefonata ebbi la sensazione che Forlani non riuscisse a riprendersi... Il 20 aprile la presidenza del Consiglio comunicò di avare avuto la Usta dei 953 presunti affiliati...». Lo sapevano da 16 giorni. Ci sono gli anni bui della prima Repubblica vissuta dall'interno, nel libro di Vicari. Una galleria dei personaggi che hanno contribuito a farla marcire. «Incontrai Gelli alla fine del 1980 a un pranzo in casa di privati. Era interessato a conoscermi perché ero tra i pochi esponenti dei vertici dello Stato non ancora affiliato alla P2... Mi telefonò qualche mese dopo per chiedermi un intervento in favore di Calvi. Declinai la richiesta... Per fortuna non annotò il mio numero sulla sua agenda...». Sindona aveva studiato nel suo stesso liceo, a Patti. L'aveva ritrovato a Milano nel '65: «Intrattenemmo rapporti di buona cordialità, favorita dal fatto che la moglie era stata mia compagna di classe. Una sera, in casa del noto industriale calabrese Giovanni Cab, all'antipasto un cameriere annunciò: "L'avvocato Sindona è chiamato da New York". Poco dopo lo stesso cameriere dovette comunicare: "L'ingegner Cab è chiamato da Mosca"». Dall'ufficio di Vicari passarono tutti, o quasi. «Venne l'ingegner Carlo De Benedetti. Calvi gli lanciava allarmi che suonavano come avvertimenti... E un "sedicente avvocato Ortolani" aveva fatto telefonate all'abitazione dei figli». La bufera P2 si manifestò anche in un episodio singolare: «Il 17 dicembre '81, il mio viceprefetto riceve la visita di un noto penalista milanese, il quale, per conto della Rizzoli, sollecita un prowedimento che ordini all'Enel la sospensione dell'energia elettrica allo stabibmento del Corriere». Il giorno successivo, il funzionario rinvenne sul divano una cassetta con una conversazione tra «Gelli e Tassan Din, nella quale si chiamavano in causa banchieri, politici, industriali, giornalisti...». Notti da infarto. A lui si rivolse la signora Setti Carraro la sera del 3 settembre. Pochi minuti prima i tg avevano dato la notizia dell'eccidio di via Carini. La figlia e il generale Dalla Chiesa erano stati massacrati. L'andò a consolare. Poi da Nando Dalla Chiesa. Infine a Pavia, a casa di Rognoni: «Voleva dimettersi». Mentre il leader de a Roma viveva momenti drammatici, «con la moglie Giancarla ci interrogammo sul significato dell'evento». Quel dialogo, registrato, fu inviato a Roma. Fin dall'inizio Vicari sembrava destinato ai «casi difficili». Nel '49 fu nominato commissario straordinario di Caulonia, in Calabria, il Comune che si era costituito libera repubblica alla fine della guerra. E fu, poi, trasferito a Como, testimone del sarcasmo di Adenauer nei confronti di Fanfani. Il cancelhere passala le vacanze a Cadenabbia. Dopo an colloquio con l'allora presidente dei Consiglio disse: «Il vostro presidente del Consiglio mi ha detto che ama molto la cucina, e che se non avesse l'impegno della politica amerebbe fare il cuoco. Io l'ho incoraggiato, e gli ho spiegato che la cucina guadagnerebbe un ottimo elemento e la pohtica non perderebbe nulla». La pagina più intensa del libro è quella dedicata a Tobagi: «Era stato da me quattro giorni prima. Lo rividi steso sul marciapiede, sotto la pioggia battente, le gambe in una pozzanghera. Avevano ucciso soprattutto un uomo buono», [p. 1. v.] no abbia sottolineato che Fini ha imposto la candidatura alla Camera a Roma di Gianni Alemanno facendolo riuscire deputato proprio per i «meriti» di aver aggredito il presidente Hush nella sua visita in Itaba e di aver assaltato l'ambasciata di Israele in Roma. Ai fini dei chiarimenti politici che il vostro giornale si propone di raggiungere, consentitemi di domandare pubbbeamente agb on.li Fini e Tatarella il perché abbiano dato ordine ai deputati del msi di astenersi nel recente voto sulla legge contro i naziskin. Il msi-dn è stato infatti l'unico, dico l'unico partito che non ha votato in favore di tale legge nella passata legislatura. on. aw. Giulio Caradonna Roma I giudici di pace Su La Stampa del 7 maggio, sotto il titolo «Giudici di pace. Questa legge è da cambiare», si dà notizia che la Federawocati denuncia «la disinvoltura interpretativa che ha consentito di avviare corsi di formazione per persone che, in assenza di decreti ufficiali di nomina, non hanno legittimazione alcuna alla quabfica da giudici di pace». In proposito si deve precisare che, a norma dell'articolo 10 del decreto legge 14 aprile 1994, n. 235, per l'ammissione ai corsi di specializzazione professionale vale la delibera di nomina da parte del Consiglio Superiore della magistratura, già adottata per tutti i soggetti invitati a parteciparvi. Quanto all'immediata organizzazione dei corsi avvenuta d'intesa con il Csm, va detto che essa costituisce atto dovuto per l'Amministrazione, in base alla data di entrata in funzione dei nuovi uffici giudiziari, attualmente prevista per il 3 luglio prossimo, ferme restando, ovviamente, le prerogative del Parlamento e del nuovo governo. Giuseppe La Greca, Roma capo di gabinetto del ministro di Grazia e Giustizia