Pubblicata la sua inedita (e blasfema) «Storia dei contemporanei»: è rimasta nei cassetti 70 anni di Gabriella BoscoLorenzo Soria

Pubblicata la sua inedita (e blasfema) «Storia dei contemporanei»: è rimasta nei cassetti 70 anni Pubblicata la sua inedita (e blasfema) «Storia dei contemporanei»: è rimasta nei cassetti 70 anni Nel mirino Gide Cocteau e Tzara. I primi vagiti del surrealismo Aragon: scrisse la Storia nel 1923 Sotto il titolo: Apollinare e Tzara 7^1 PARIGI L 1 EPOLTA da settant'anni in >» un cassetto, è saltata fuori l | inaspettatamente una stogi^ ma della letteratura contemporanea scritta negli Anni Venti da Louis Aragon, medita e blasfema. Un racconto senza veli e senza paura di un mondo parigino in cui la letteratura nasceva dal pettegolezzo, dalla malignità detta alle spalle, dalla cattiveria perlopiù gratuita. Un libro divertentissimo in cui vengono attaccati uno dopo l'altro e distrutti Gide, Cocteau, Tzara, Radiguet. Quasi di sicuro un Aragon ancora vivo non avrebbe dato il suo assenso per la pubblicazione, di cui si assume ogni responsabilità Marc Dachy per Mercure de France. Tanto cambiarono poi, di Aragon, opinioni e giudizi. Ma quel testo esisteva, Aragon l'aveva sì lasciato perdere e forse anche dimenticato, ma mai esplicitamente aveva formulato censure in proposito. Anzi proprio lui, probabilmente non pensando più di avere scritto anche quello, aveva in ripetute occasioni espresso volontà che nulla di suo rimanesse nell'ombra. Forte di ciò, Marc Dachy ritrovando lo strepitoso inedito nel Fondo Jacques Doucet dove approdò alla morte di Aragon, ha preso l'arbitrio felice di decifrarlo per intero -150 fitte pagine - e di pubblicarlo. Scrivere una storia della letteratura contemporanea è di per sé contraddittorio. Prova di grande narcisismo e presunzione, se ad avere l'idea è un giovanotto ancorché promettente e poeta. Louis Aragon aveva 25 anni quando mise in cantiere il suo Projet dTiistoire littéraire contemporaine, follemente ambizioso fin dal sommario. Era il 1922. Aragon decise di raccontare la recentissima storia del movimento Dada che si stava assassinando e di registrare i vagiti del nascituro surrealismo. All'epoca, a mille anni luce mentali dal clamoroso affaire che nel '32 avrebbe determinato l'arcinota rottura, egli era sodale incondizionato dei due «correi» André Breton e Philippe Soupault. Con loro passeggiava avanti e indietro per i viali di Parigi discorrendo e maliziando. E che cosa complottavano i tre? Marc Dachy ci rivela che in un'intervista concessagli all'altro capo della vita, nel 1972, Aragon fu molto esplicito sul grado di consapevolezza, a quello stadio, di quanto andavano facendo: «Il nome surrealista ci veniva lanciato dall'esterno confidò Aragon a Dachy in quell'intervista - e io riuscii a persuadere Breton ad accettare la parola. Ma allora ecco cosa egli mi disse: "Sia pure, bisognerebbe però perlomeno dare una base ideologica a tutto ciò, trovare spiegazioni in proposito". La Frick Collection è stata la prima con i suoi 139 «pezzi» pi*] L0S ANGELES j I ■ OPO essersi imposti nell'eli 1 ducazione scolastica e nel | 1 mondo della pornografia, i I I Cd-Rom stanno approdando a quello dei musei. Abituati a doversi accontentare di libri e diapositive o a doversi sobbarcare lunghi viaggi per poter ammirare un capolavoro, anche gli storici, i ricercatori, i restauratori, gli amanti dell'arte in generale stanno scoprendo la comodità di questi dischetti che permettono di unire suono, parola e immagini. Ed è già polemica. Da un lato ci sono quelli che vedono nella diffusione della nuova tecnologia ovvi vantaggi. Con un Cd-Rom è possibile riprodurre i colon originali di un quadro, ingrandire e analizzare un particolare, distinguere un falso. Si schiaccia un pulsante e click, si possono anche ottenere immediate informazioni sull'autore o sul contesto storico del quadro in esame. Dall'altro lato ci sono i puristi, preoccupati per la Fu così che io scrissi una cosa che si chiama Une vague de rèves pubblicato poi in Commerce. E Breton scrisse durante l'estate, questo succedeva agli inizi del '24, il primo manifesto del surrealismo». La tutt'altro che consueta storia letteraria di Aragon questo è dunque essenzialmente: collana di perfidi ritratti, pettegolezzi d'autore in serie, mitragliata di valutazioni rapide e feroci. A tutto profitto del divertimento e a qualche scapito per la visione d'insieme. Scomparso nel ' 18, già mito, Guillaume Apollinaire è il solo nume cui vada il rispetto senza macchia di Aragon e dei suoi pari. Apollinaire, lui solo paragonabile al più grande surrealista ante litteram, Lautréamont. Ma gli altri, chiunque in particolare cercasse di usurpare il potere catalizzatore che era stato di Apollinaire, si prende da Aragon stilettate impietose. Primo tra tutti André Gide, che pure Aragon avrebbe voluto - dice - poter ammirare. Non per altro era andato ripetutamente a trovarlo nella sua «inverosimile casa di Auteuil». Si era reso conto invece ben presto della sua mediocrità, del profondo odio che egli aveva per i giovani perché erano giovani, se non lo adulavano esplicitamente. «E moriva di paura - scrive Aragon - di non ra venne accusato del furto. Dovettero intervenire terzi a scagionarlo. «Ho riportato tutto ciò - scrive Aragon - solo per due frasi che vennero dette dopo l'incidente. Una da Eluard: "Se la storia si diffonde, e se ci lasciamo compromettere in due o tre altre storie simili, con quello che scriviamo è finita, siamo persi". E la risposta di Breton: "Preferisco passare per un ladro piuttosto che per un poeta"». Venne però il momento in cui i tre moschettieri - Aragon, Breton, Soupault - decisero di sferrare «una nuova offensiva». Epoca di maggior consapevolezza, ma solo in quanto a «grandezza del disegno». Non certo, programmaticamente, sugli esiti: «Non sapevamo mai che conseguenze avrebbe avuto un nostro gesto. Gli eventi potevano prendere un andamento imprevisto... Di colpo potevamo trasportarci nel modo più inaspettato in un piano tutto diverso e innescare un meccanismo atto a sconvolgere il mondo». Era «una sorta di speranza oscura». Tale principio di relatività del tutto non inibiva tuttavia in Aragon, come si è visto, il gusto dei giudizi senza appello. A conclusione del volume lo dimostra ampiamente una dura rassegna delle novità di narrativa dell'anno 1923. Le diable au corps: «Se Radiguet avesse avuto uno spirito un po' più elevato, il suo libro sarebbe stato senz'altro migliore. Il pensiero vi è sempre volgare... Un romanzo che non ha nulla di umano, di vivente». Le grand écart di Cocteau: «Ignoranza radicale della lingua francese», «Vuoto intellettuale», «Sproloquio da portinaia», «Assenza assoiuta di senso umano», «Meschinità senza nome». Le songe di Mauriac e Le fleuve de feu di Montherlant: anche questi «due libri volgari», di «grande banalità». «A forza di truismi non credano i due autori di farci prendere lucciole per lanterne». Ferme la nuit di Paul Morand, colui che «passa per essere il grande introduttore della sensualità nella letteratura francese». Chi lo afferma, dice Aragon, «ha letto ben poco». Gli unici due promossi sono Sur le fleuve Amour di Joseph Delteil, «autore che mi era sconosciuto», e Le bon apótre di Soupault, «finalmente un libro in cui succede qualcosa». Mentre scandalo senza pari è che due futuri compagni di strada del surrealismo, Benjamin Péret e Robert Desnos, non abbiano trovato un editore. Ma il concetto di fondo del libro è espresso là dove Aragon in arditissima sintesi riassume quel che va ritenuto della storia letteraria di Francia: «Il simbolismo, Apollinaire, e NOI». André • Gide e (sotto) * Jean Cocteau La vera polemica rischia di esplodere sui diritti d'autore principi, come il timore della manipolazione e l'abuso delle immagini. Come accade spesso nella vita, dietro c'è anche una questione di diritti e quindi di quattrini. Al Metropolitan di New York, per esempio, hanno deciso che se seguiranno questa strada, sarà senza Microsoft e altri intermediari, che gestiranno direttamente la nuova avventura. Altri musei hanno istituito comitati per valutare come massimizzare i profitti nell'era delle superstrade elettroniche. Intanto è sceso in campo in loro aiuto J Carter Brown, ex direttore della National Gallery a Washington. Rispetto alla fotografia, sostiene, il Cd-Rom offre evidenti vantaggi. Immagini più accurate, più compatte, più permanenti. Quanto alla paura per la fine dei musei Carter Brown non ci crede. Anzi. Ricorda il revival dei romanzi di E.M. Forster, grazie alla serie di film britannici tratti dai suoi libri. Con i musei, dice, sarà lo stesso». Gabriella Bosco Lorenzo Soria

Luoghi citati: Francia, New York, Parigi, Washington