Gaza arriva l'armata di Arafat

Dopo una giornata di scontri, decine di feriti. Un colono israeliano uccide un ragazzo Dopo una giornata di scontri, decine di feriti. Un colono israeliano uccide un ragazzo Gaza, arriva Formata di Arafat Nei Territori in fiamme i poliziotti palestinesi secco del deserto del Sinai, alle spalle s'allargano tra gli aranceti e la polvere i termitai umani dei campi profughi. E' la porta della pace con l'Egitto, passano nelle sue strade gli autobus che fanno stanchi il viaggio della speranza tra Gerusalemme e II Cairo; doveva essere anche la porta attarverso la quale ora entrava a passo marziale, le bandiere al vento, la prima brigata di uomini destinata a farsi simbolo di un nuovo Stato in formazione. Da quattro giorni i soldati palestinesi erano lì, respiravano l'aria della patria ritrovata, la sentivano nella pelle e nelle ossa, ci facevano su dei sogni; e da quattro giorni la gente di Palestina si ammassa lungo la strada che taglia, da Nord a Sud, l'intera Striscia di Gaza, aspettando il passaggio di questo convoglio di uomini chiamati all'appuntamento della Storia. Le bandiere vengono spiegate al mattino e la gente si accoccola nella polvere, chiacchiera, fa festa, guarda paziente dentro l'orizzonte che brucia di calore; poi, quando il sole precipita veloce nel Mediterraneo, al di là dell dune gialle della costa, e si avvicina l'ora drammatica del corpifuoco, allora la gente si alza, ripiega la bandiere, e torna a casa con passo veloce, prima che il buio stringa la notte sulle canne dei fucili dei soldati di pattuglia. Spiegazioni ufficiali per il ritardo di quest'arrivo non ce n'erano, e non ce ne sono. Gli israeliani dicono che è una faccenda che riguarda i palestinesi, ma questi rimandano ogni colpa agli israeliani. Di certo c'è che le ragioni burocratiche della sicurezza hanno imposto tempi lunghi, richiedendo che ogni arma in dotazione ai nuovi «poliziotti» venisse prima registrata balisticamente nei computer israeliani, in Ma quando finirà mai, questa drammatica storia dei popoli del Medio Oriente. Ieri doveva essere finalmente il giorno della Palestina: si era aperto tra mille speranze nuovo, un mondo di gente schierato lungo la strada ad aspettare una bandiera di 27 anni fa, tra canti, feste paesane, cori felici e disperati; si è chiuso invece dentro i fumi acri dei lacrimogeni, con le fiamme delle barricate che illuminano la notte fonda di Gaza. L'intifada ha sbattuto in faccia ai soldati di Arafat il cancello d'entrata della loro nuova/antica patria; erano lì, ancora in terra d'Egitto, ma soltanto a un passo da quella che sarà di nuovo la loro famiglia, e invece il lungo esilio non finiva ancora. Alla fine sono passati in 280, disarmati, distrutti; la mezzanotte era ormai vicina, il coprifuoco seppelliva Gaza nel silenzio delle armi, e la festa di un popolo era stata ancora una volta delusa. La strada della pace non la chiuderà più nessuno, certamente, ma è presto per l'oblio delle memorie ferite; troppo sangue è stato versato, e troppo odio, in questi anni di guerra, perchè l'appuntamento della storia possa essere un giorno come tanti. Questo primo lunedì di pace è stato una battaglia tra le più aspre dei lunghi anni dell'occupazione, inevitabilmente la nuova Palestina sarà fatta di altro sudore e di altri morti. Erano quattro giorni che i primi 300 «poliziotti» del nuovo esercito palestinese se ne stavano bloccati alla frontiera tra Egitto e Israele. Rafah è un piccolo villaggio contadino, schiacciato nell'ultimo angolo della Striscia di Gaza: di fronte ha già il vento Trionfale parata di centinaia di persone con balli, canzoni e palloncini I poliziotti palestinesi in attesa del via li modo che in futuro sia possibile verificare rapidamente se un eventuale colpo sparato contro Israele vada attribuito a uno dei kalashnikov dei soldati di Arafat. Di possibile c'è anche che non sia stata fatta una stima credibile delle lungaggini necessarie a rendere concrete le pagine degli accordi del Cairo, e che i generali dei due eserciti messi a discutere attorno a un tavolo abbiano incontrato molte più difficoltà del previsto per concordare sul terreno le forme della collaborazione per le pattuglie congiunte, di soldati d'Israele e di exfedayn. A Gerusalemme, poi, qualcuno vicino al governo Rabin aggiungeva che una spiegazione del ritar- dati e il fumo bianco dei lacrimogeni. Ma la geografia dello scontro, la sua consistenza e la sua articolazione, fanno pensare a una regia organizzata, una dichiarazione di guerra che va diretta contro gli israeliani in ritirata e però ha il suo vero destinatario in Arafat e nella leadership che l'appoggia. Hamas ha lanciato il suo messaggio, la costruzione del nuovo potere non sarà nò facile nè indolore. Il bilancio di ieri è assai meno tragico delle dimensioni dello scontro, una decina di feriti e un ragazzo morto, ucciso da un colono che ha reagito alla sassaiola sparando. Nel pomeriggio, quando i due comandi militari hanno misurato la forza reale della battaglia di Gaza, i due generali exnemici hanno fatto finalmente la prima comparsa in pubblico assieme, quasi sottobraccio e comunque con un largo scambio di cortesie e riconoscimenti: il giovane comandante isareliano della regione meridionale Yon Toh Saunia, e il vecchio fedayn Zyad Al Atrash. Saunia appariva teso ma soddisfatto, Al Atrash era una drammatica maschera di amarezza. Volevano lanciare un appello di pacificazione: Saunia ha detto che tutto era risolto, Al Atrash ha detto che tutto quello che i palestinesi avevano ora se l'erano conquistato. Ma che lo difendessero con senso civile. Da lontano, nel silenzio dell'attesa lungo la linea di frontiera, arrivavano i colpi sordi degli spari e il fumo dei gas. La notte cadeva all'improvviso in un silenzio vuoto: i «poliziotti» avrebbero fatto il loro ritorno al buio, nell'antica patria; quasi di nascosto. Questa pace difficile ha un solo vincitore, e non sono i palestinesi. bera per passare il ponte di Allenby do può essere trovata anche nel fatto che i palestinesi non sono riusciti ancora a formare il loro nuovo potere istituzionale, quel Consiglio di 24 membri che sarà il nuovo «governo» dei Territori Liberati; Arafat, in realtà, i 24 nomi li ha scelti e comunicati in giro, ma non tutti sono d'accordo sulla scelta e non lo sono nemmeno molti degli stessi 24 designati: e senza questo Consiglio pare che diventi incerto, o comunque imbarazzante, una trasmissione di poteri e di competenze. Ieri la speranza non ha tenuto, e la delusione si è fatta rabbia. Mentre ancora i generali discutevano attorno al tavolo della pace da inventare, la battaglia è scop¬ piata dentro le stradine sfondate di Gaza, e poi, lentamente, si è allargata a coinvolgere la gente ch'era tornata ad accoccolarsi nella polvere guardando l'orizzonte dello stradone che porta alla frontiera. E' stata una battaglia dura, con le barricate, i copertoni bruciati, una pioggia di pietre tirate addosso ai soldati; e poco importava che questi stessero abbandonando i loro vecchi accampamenti, destinati ad accogliere ormai i nuovi «poliziotta. La battaglia è stata lunga, è cominciata prima di mezzogiorno ed è finita al tramonto; l'hanno fatta migliaia di ragazzini, gli shabab dell'intifada, che sfidavano le pallottole di gomma dei sol¬ Mimmo Candito Per Arafat dopo la firma dell'accordo con Israele i problemi si sono moltiplicati e la pace sembra lontana

Persone citate: Allenby, Arafat, Mimmo Candito, Rabin