Ultimi ritocchi da Scalfaro

Urtimi ritocchi da Scaltaro Urtimi ritocchi da Scaltaro E il Quirinale precisa: nessuna ingerenza ROMA. Va oggi da Scalfaro alle 10,30 per parlare dei ministri ma non ha ancora fissato l'appuntamento per sciogliere la riserva. A tarda sera Urbani, di Forza Italia, parlava di «governo virtualmente pronto» e di un «Viminale quasi pronto». Nella notte Berlusconi dovrebbe essere riuscito a tenere insieme, con «ritocchi e adeguamenti», tutte le variabili della sua composita alleanza, magari imponendo qualche sacrificio ai più deboli, come gli ex democristiani del Ccd. E, forse, non accontentando del tutto l'alleato Fini. Ma quel che contava era acquietare la Lega, l'alleato che si è rivelato il più astuto nelle trattative. Tanto abile da provocare al presidente del Consiglio incaricato le più serie preoccupazioni. Giuseppe Zaccaria Di certo, Berlusconi dovrà giocarsi in piena solitudine la sua estrema partita e dovrà accollarsi la responsabilità piena delle sue scelte. Un comunicato del Quirinale ha marcato le distanze facendo sapere ieri sera che non esiste «alcun presunto veto del presidente Scalfaro sulla nomina di alcuni ministri» e che il capo dello Stato svolge la funzione di garante della conduzione della crisi «in un pas¬ saggio delicato come questo». Gli unici binari entro i quali deve muoversi il presidente incaricato sono il rispetto dell'unità nazionale e «una politica estera di pace». Contando sulla inesperienza di Berlusconi nelle cose della politica, Bossi dovrebbe essere riuscito ad ottenere il tanto desiderato ministero dell'Interno ma anche il logoramento dell'immagine del futuro presidente del Consiglio. Il L'EX FASCISTA BOCCIATO CROMA OL suo vocione bergamasco e la sua erre blesa Mirko Tremaglia sembra il Vesuvio il giorno di Pompei: «Mi rifiuto di credere che il Presidente della Repubblica abbia messo un veto nei miei confronti. Questo veto è una cosa indegna, penosa. Se in Parlamento c'è un democratico il suo nome sapete qual è? Mirko Tremaglia!». Un fiume di lava polemica che non si ferma più: «E se alla fine il ministero per gli Italiani all'estero non si farà più, io voterò contro il governo!». Sessantasette anni, missino da 46, Tremaglia parla spesso di sé in terza persona e ha una tale fama di ciarliero che Gianfranco Fini sognava di trovargli un posto da ministro perché, oltre a stimarlo, immaginava di diradare gli sfoghi del vecchio camerata. Sennonché, dall'adolescenza di Tremaglia, è riemerso quel passato da volontario della Repubblica di Salò e dal Quirinale è partito il veto: un fascista repubblichino non può fare il ministro. Repubblichino a 17 anni: lo considera un errore di gioventù? «Ma neanche per sogno. Io non rinnego di essere stato fascista. Le cose le faccio sempre perché ci credo, non è mio costume ripudiare qualcosa che ho fatto sia pure quando avevo 17 anni. Ma è curioso questo accanimento con me. Ed Egidio Sterpa?». Che c'entra Sterpa? «C'entra. Lui era con me alla Repubblica Sociale. E poi, se non sbaglio, ha fatto il ministro della Repubblica. Che vogliono da me?». E Fini cosa ha obiettato a Scalfaro? «Bisogna chiederlo a Fini». Lei è stato intimo di Abiurante, uno che il fascismo non l'ha mai ripudiato, anzi... «Vorrei capire chi è quel cretino che vuol rinnegare Almirante. Uno che aveva già scritto tutto. E' Almirante che scopre la maggioranza silenziosa, è Almirante che fa la Destra nazionale. Ma allora la partitocrazia era forte, la de passò al contrattacco, assieme a Gelli favorì la nostra scissione». Sì, ma il suo grande amico Almirante è rimasto fino alla fine un nostalgico... «Almirante era supremo. Una volta disse: noi siamo la nostalgia dell'avvenire». Se la cava così? Lei appartiene alla vecchia guardia dell'msi: oggi si definirebbe ancora fascista? «Basta con le barzellette. Quando l'msi è nato, nel 1946, il motto è stato: non rinnegare, non restaurare. Ma questo cosa c'entra con la mia nomina a ministro? Da 22 anni posso fare le leggi e ora non posso entrare al governo. Ma questa è un'aberrazione costituzionale». Ma ammetterà che un conto è essere uno dei 950 parlamentari, altra cosa è essere chiamato a fare il ministro... «Ah sì? Vogliamo parlare di isti¬ L'incontro ieri al Tg3: B quale ieri si è trovato di fronte ad un brusco richiamo dell'ex presidente della Repubblica, Cossiga, da lui spesso consultato: o presenti immediatamente il governo o passi la mano ad un altro. Non si può attendere ancora. Questa maggioranza incerta soffre di «un male oscuro» diceva La Malfa. Era obbligata la scelta davanti alla quale si è trovato ieri Berlusconi. Così, dopo il rifiuto di Di Pietro avrebbe ritenuto opportuno dare al leghista Maroni il ministero degli Interni. Perché se fosse caduto nell'ennesimo tranello che gli aveva teso domenica Bossi (dare gli Interni ad un tecnico, come il Questore di Milano) sarebbe stato costretto a dare la Giustizia a Maroni col risultato che Forza Italia rimaneva fuori da entrambi questi ministeri chiave. Invece, ora il ministero della Giustizia, l'altro polo della contesa, dovrebbe andare al sen. Cesare Previti, avvocato della Fininvest, stretto collaboratore di Berlusconi. «Questo è un problema risolto», ha detto alle 17 Berlusconi segnando a penna il nome del suo collaboratore nella casella della Giustizia. Contro questa scelta i progressisti avevano già espresso le proprie perplessità al presidente della Repubblica. E lo stesso Scalfaro avrebbe rilevato che la soluzione avrebbe potuto provocare un qualche imbarazzo. Ma, a questo punto, il capo dello Stato pare starsene freddo e distante sul Colle in attesa della richiesta di convo¬ i

Luoghi citati: Milano, Pompei, Roma, Salò