Sulle nomine, la quiete prima della tempesta di Valeria Sacchi

Sulle nomine, la quiete prima della tempesta i NOMI E GLI AFFARI Sulle nomine, la quiete prima della tempesta Stenta a nascere il nuovo governo, causa i litigi sul successore di Nicola Mancino. Mai i ministri economici, sono già entrati nelle loro caselle. Su di loro l'accordo è stato più semplice-, chissà perché. Al ministero dell'Industria, dove ha regnato fino a ieri l'introverso Paolo Savona, cipiglio e grisaglia da grande banchiere, arriva il bresciano Vito Gnutti, sorridente e disinvolto furetto con cravattona colorata. Francesco Gallo Giulio Tremonti, prestato al Cavali Sili fAlle Finanze lascia il posto a tecnico pattista lier Silvio, faccia rotonda da bravo ragazzino. Al Bilancio spariscono la fronte severa e la pipa meditativa di Luigi Spaventa. Del successore Giancarlo Pagliarini, tra le molte virtù una salta agli occhi: offre sempre all'obbiettivo un sorriso. Seppure di difficile decodificazione, per via di un certo risvolto sardico. Per carità, nessuno dei tre nuovi è un mattacchione. Ma insomma, se la faccia fa lo stile, l dii le amare medicine saranno porte al povero popolo come cucchiaini colmi di dolce, benefico sciroppo. Il quarto ministero economico, il Ministro dei Ministri, fa eccezione. Al Tesoro, infatti, l'effervescente toscano Piero Barucci cede il passo al gran Cerimoniere Lamberto Dini, distaccato e ieratico. Fondo Monetario e Bankitalia lasciano segni indelebili. Sebbene non insediati, i ministri economici già parlano da ministri. Soprattutto i due leghisti che, da bravi leghisti, hanno appena lanciato in piazza la prima miccia ac¬ cesa, la riforma dell'Inps. Questione mai affrontata finora, forse per non entrare in rotta di collisione con i sindacati, cui spetta la presidenza dell'ente, oggi occupata dal presidente-commissario Mario Colombo, ex Cisl. Intervenendo al convegno confindustriale di Verona, Mario Monti aveva già suonato l'allarme: se si somma il buco dell'Inps al debito pubblico, il debito sale al 350% del Pil, una superbomba. Pagliarini ha ripreso il discorso, e poco serve che Antonio Maccanico cerchi di correggere le cifre. E h l Confede che le Confederazioni gridino «giù le mani!». Il dado è tratto. Non è un caso se, in Borsa, i titoli degli assicurativi vanno forte. E le Generali, contro ogni aspettativa, decidono un aumento di capitale gratuito. E addirittura il loro presidente, il prudente Eugenio Coppola di Ganzano, si esprime a favore di quel1'«orrore» che è il voto di lista, tutela delle minoranze assembleari, spaurac- chio dei «noe- cioli duri». Mentre si disso Mentre si dissolve il vecchio regime e il mondo dell'economia cerca di mantenersi in bilico sul vuoto, aspettando i prossimi padroni, si ripetono quadretti commoventi. Come si no di Pierluigi Piccini, sindaco pidiessino di Siena e di Alessandro Starnini, presidente della provincia pure lui Pds, alla trasformazione in società per azioni del Montepaschi. Un disegno perseguito da tempo dai nuovi vertici, il presidente Giovanni Grottarelli De Santi e il provveditore Vincenzo Pennarola, sostenuti dal consigliere Luigi Cappugi. 0 come la rissa intorno ai nuovi vertici di Telecom Italia, la neonata superholding uscita dalla fuisione di cinque società. Per la presidenza il posto sarebbe già del presidente di Sip Ernesto Pascale, gradito a Fini e Forza Italia. Ma sugli amministratori delegati è lotta all'ultimo sangue. Il chiasso è tale che leghisti e missini hanno chiesto un rinvio dell'assemblea di Telecom, lì vogliono piazzare delle loro pedine. E intanto gli occhi sono puntati sulla Stet guidata da Michele Tedeschi, dit d gdestinata ad essere la «madre di tutte le privatizzazioni». Così, il prossimo ministro dell'Indistria si associa a Pagliarini sul progetto di privatizzare l'Inps, aggiunge che le privatizzazioni spettano a lui, e intanto butta lì altri nomi. Cita Alitalia, dove Renato Riverso e Roberto Schirano stanno mettendo ordine, cita l'Ina, dove l'avviso di garanzia a Lorenzo Pailesi rischia di rinviare la privatizzazione annunciata, e l'Enel, dove trema la poltrona di Biagio Agnes, storico «nemico» di Silvio Berlusconi. Gnutti e Pagliarini, insomma, sono già in pista, pronti a scattare al colpo di starter della legislatura, con il decreto legge sulle privatizzazioni da rinnovare entro fine maggio, magari correggendolo. E non bisogna dimenticare che, ai quattro ministri economici citati, va aggiunto un quinto nome, quello di Carlo Scognamiglio, un presidente del Senato con tanta voglia di occuparsi di economia. Intanto, il primo appuntamento importantissimo è quello della direzione generale della Banca d'Italia, dove resterà vuota la poltrona di Dini. Difficile scelta per il governatore Antonio Fazio, che deve decidere tra i due vicedirettori generali Tommaso Padoa Schioppa e Vincenzo Desario, capo della Vigilanza. A meno che non si chiami un esterno. In questo caso è in prima linea il nome di Rainer Masera, ex Bankitalia, oggi direttore generale dell'Imi. Valeria Sacchi Gnutti al Lavoro Il Bilancio di Pagliarini Colombo nel ciclone Cappugi vuole Mps spa Il dilemma di Fazio Padoa Schioppa in panchina Quel Tesoro di Dini Desario si prepara

Luoghi citati: Fini, Siena, Verona