PER LA SUA PARIGI FINE SECOLO VERNE AVEVA PREVISTO ANCHE IL FAX di Ernesto Gagliano

PER LA SUA PARIGI FINE SECOLO VERNE AVEVA PREVISTO ANCHE IL FAX PER LA SUA PARIGI FINE SECOLO VERNE AVEVA PREVISTO ANCHE IL FAX Torna alla luce un romanzo inedito del 1862: sarà presentato oggi a Torino Lo curerà per Hachette Piero Gondolo della Riva. Lo scrittore, a 35 anni, immaginò k disavventure tecnologiche di un bancario L'editore lo rifiutò: «Lei non è maturo» Verne nel cortile di casa (1896) zione del romanzo sconosciuto e collocarlo criticamente nella carriera dell'autore. Esita: «E' molto difficile dirlo oggi: siamo condizionati dall'immagine del Verne successivo. Lo stile è sicuramente giovanile e a tratti ingenuo, appaiono incertezze ortografiche e linguistiche, abbondano le citazioni. Gli argomenti di Hetzel sono comprensibili, tanto più che lo scrittore ■ ■ Una caricatura dello scrittore non era ancora affermato». Quando fu scritto il romanzo? «Tra il 1862 e il 1863: subito prima o subito dopo la stesura di Cinque settimane inpallone che uscì da Hetzel il 17 gennaio 1863». Paris au vingtième siècle appare un documento interessante. Non è un viaggio straordinario né un'avventura edificante per ragazzi, ma la rappresentazione di Parigi nel 1961, lo spaccato psicologico e sociale della città futura come la immaginava l'autore che aveva allora 35 anni. Racconta la vita quotidiana di un giovane, Michel, che fa l'impiegato di banca e reagisce all'imperante tecnologia con una passione per le lettere. E' la storia di uno spaesamento. Frotte di veicoli semoventi circolano per le strade, l'ambiente di lavoro è pieno di marchingegni automatici, affiora perfino l'intuizione del fax, che già a quei tempi lo scienziato fiorentino Giovanni Caselli (citato da Verne) studiava. Profeta della tecnica? Meglio non insistere su questo logoro cliché. Tra le giuste anticipazioni del secolo successivo spiccano il trionfo della macchina sulla cultura umanistica, l'ipervalore del denaro, l'impoverimento della lingua francese invasa da anglicismi. A un certo punto del racconto un professore di lettere che rischia di perdere il posto con i suoi colleghi si sfoga: «Chi si preoccupa dei Greci e dei Latini buoni tutt'al più a fornire la radice dei termini scientifici moderni! Gli allievi non capiscono più queste lingue meravigliose e, nel vederli così stupidi, mi prende il disgusto e la disperazione». E poi c'è una carrellata sulla musica e la letteratura contemporanee viste dai posteri: il domani che giudica l'oggi. Che cosa aggiunge il libro alla figura di Verne? Spiega Piero della Riva: «Interesserà lo specialista e il vasto pubblico. Aiuta a scoprire la mentalità dell'autore, confermando il suo filone pessimista. Smentisce ancora una volta il luogo comune di Verne pre 1 ;catore delle magnifiche sorti e progressive sulle ali della scienza». D'accordo, questo è un viaggio temporale, ma c'è anche il Verne delle passioni spaziali. Lo ricordano preziosi cimeli nella mostra torinese. Come due carte celesti disegnate dal romanziere o un curioso foglio di appunti sul quale verso il 1895 annotava il tempo necessario per andare al centro della Terra, sulla Luna, sul Sole o sulla stella più vicina a piedi, con un treno rapido (60 km all'ora) o alla velocità della luce. Nelle meraviglie del viaggio, almeno in quelle, lo scrittore credeva. Ernesto Gagliano

Persone citate: Giovanni Caselli, Greci, Piero Gondolo, Profeta, Verne

Luoghi citati: Parigi, Torino