UNA BEATA PER LE NOSTRE VERTIGINI di Bruno Quaranta

UNA BEATA PER LE NOSTRE VERTIGINI UNA BEATA PER LE NOSTRE VERTIGINI Uesordio di Piero Meldini, direttore della Biblioteca Gambalunga a Rimini Un giallo metafisico: un agiografo indaga fra le terribili profezie del '500 SRIMTNI ENTE il nostro tempo «duro e torbido» come le parole di Ezechiele. E gravido di apocalisse secondo Giovanni. Non poteva esordire che così, Piero Meldini, esibendo un «avviso», un memento millenaristico. L'avvocata delle vertigini (Adelphi, pp. 124, L. 20.000) nobilita le verità ultime, i «novissimi» (morte, giudizio universale, inferno, paradiso), i grandi esuli di questo estremo Novecento, affondato in un'ubriachezza stile Titanio (o Rex: siamo a Rimini, Fellini vigila, inonda di visioni «chi sa»). Una congiura - forse umana, o divina, o innescata dal caso, il dubbio trionfa - domina l'avvocata. «E sulla scia di una congiura, ma domestica, soffusa d'affetto, sono giunto in via San Giovanni sul Muro, in casa Adelphi - racconta, ancora avvolto nello stupore, Piero Meldini, cinquantatreenne direttore della biblioteca Gambalunga, colma di tesori sei-settecenteschi -. A sorpresa, mia moglie spedì il manoscritto alla giuria del premio Palazzo al Bosco, sezione "inediti". Un giorno squilla il telefono, è la Meta notizia: "Ha vinto". C'è anche l'editore disposto a pubblicare. Però non lo gradisco. Meglio aspettare. Busso a un po' di porte, Roberto Calasso è il più sollecito ad aprire». L'Avvocata è la beata Isabetta TWpfc. TORINO M K» IECCO il manoscritS t0 smari"it0' torna Ili W al^a *uce un roman~ I W zo inedito di Jules Venie che si credeva A perduto. Ne annunj H eia l'imminente IH U (Pubblicazione la di- JSL ^/rettrice di Hachette-Référence, Véronique Bedin, oggi all'apertura della mostra «La conquista dello spazio dalla fantasia alla realtà», organizzata da Alberto Bolaffi nelle Gallerie Principe Eugenio. Documenti rari, sogni di macchine volanti, atmosfere verniane: l'ambiente è adatto al colpo di scena editoriale. Ma dov'era finito quello scritto avvolto fino a ieri dal mistero? Si conosceva il titolo, che ha il chiaro sapore dell'anticipazione: Paris au vingtième siede. Il figlio dello scrittore, Michel, lo inserisce nell'elenco delle opere rimaste inedite alla morte del padre che fa pubblicare nel 1905 sul «Figaro» e altri giornali. Mossa cauta di un personaggio disinvolto: voleva premunirsi dall'accusa di reinventare scritti paterni. Un amico del romanziere, Charles Lemire, cita l'opera in un'importante biografia del 1908. Poi le tracce si perdono. Tra i manoscritti che gli eredi vendono nel 1980 alla città di Nantes quel romanzo non figura, viene fuori solo nove anni dopo quando un pronipote trasloca e fa aprire con la fiamma ossidrica una cassaforte di Michel che giaceva in garage e si credeva vuota. Sorpresa: contiene un piccolo tesoro, «Paris au vingtième siècle», oltre cento pagine di una scrittura fitta. Ma sulla scoperta si richiude il silenzio. Se non il romanzo, si conosceva il suo riflesso, cioè il giudizio che ne aveva dato in una lettera l'editore Pierre-Jules Hetzel, amico, consigliere e censore di Verne. «Lei non è maturo per questo libro - gli scriveva senza troppi complimenti - dovrà rifarlo fra ventanni. E' inutile far invecchiare il mondo di cent'anni se non si è al di sopra di ciò che tutti vedono oggi. In una parola il libro è un fallimento...». Ma il severo Hetzel aveva ragione? Piero Gondolo della Riva, studioso e collezionista che esplora il pianeta Verne da oltre trent'anni, ha avuto da Hachette l'incarico di curare l'edi- Piero Meldini, 53 anni, debulla da Sarebbe vano cercarla nel regno dei cieli. E' un'eco di Cinquecento (la figlia di Federico da Montefeltro sposatasi appena decenne con un Malatesta) glorificata dalla fantasia. Una figura modellata a immagine e somiglianza di parabole allora ordinarie o quasi: il nobile o la nobile a cui viene in uggia, meglio: in odio, il mondo, sino a ripudiarlo. Ma, che si sappia, nessun peccatore poi salito agli altari seguì il consiglio di mettersi una pietra al collo. Occorre affidarsi all'invenzione - ed è già una chiave di lettura - per suscitare il radicalismo evangelico. La feroce crisi conduce la bellissima creatura («de ogni laxivia piena») sul campanile della catte¬ sprofondandolo nelle vertigini («Sintomi di un rapporto irrisolto con il buio, con il mistero»), meritandogli la pietà («E' sofferente, non cattivo»). «Inquietum est cor nostrum» non cessa di rammentare Agostino: «Aspetto di leggerne ima versione autentica, capace di trasmettere i brividi. Una sfida fascinosa, non escludo di raccoglierla». Il romanzo ne offre almeno mi saggio: «Cercavo da dove viene il male, e lo cercavo male, e non scorgevo il male della mia ricerca». L'Avvocata è (pure) un cammino à rebours, alle radici del nostro smarrimento: «Radici antropologiche "paterne", di una profondità assoluta, inaccessibile alla psicologia, alla psicanalisi: il seme, i semi del nostro albero, che si allunga nei secoli dei secoli». Dove poteva cercarli, il bibliotecario, se non nel Libro dei Libri? «Non lo frequento sorretto dalla fede. All'Adelphi è parso di cogliere nell'Avvocato un barlume di gnosticismo... Non so. Di sicuro la Bibbia, l'Antico Testamento, sa scuotermi, vi pulsano parole mai ovvie, mai logore, necessarie. E' la lingua del timore, del sangue, del sacrificio, è il ruggito dei profeti. "Preparati allo scontro col tuo Dio": sa dove ho scovato il versetto di Amos, la seconda epigrafe? In un luogo dove non è ammesso barare, dove misuriamo la nostra povertà, ogni croce un archivio disperso, in un cimitero, il cimitero degli Inglesi, a Firenze». Adelphi con un romanzo «millenaristico» testo cifrato («il culmine della sincerità è nella Cifra»), cosparso di terribili profezie che genereranno l'omicidio di una donna. Chi è l'assassino? Chi il mandante? Chi il burattinaio? Chi la marionetta? Esiste il libero arbitrio? E che cos'è il male? E che cos'è il bene? Nell'Avvocato delle vertigini i generi si succedono: «Decolla come storia soprannaturale, sfuma quindi nel giallo classico, diventa via via un'altra cosa, un viaggio ai nostri confini, lungo i mai arrugginiti perché» riepiloga Meldini, sotto lo sguardo di Annibale Carracci, della copia di una sua tela, plumbea, barocca. Domande possenti che incombono sull'uo- drale. Vorrebbe gettarsi nel vuoto, le vertigini la trattengono, la ricacciano indietro. Provando e: riprovando il gesto fatale, raggiunge l'estasi e, con l'estasi, la Grazia: fu così che «pianse li soi peccati e si fé sora». Intorno all'Avvocata sfilano l'Agiografo Vincenzo Dominici, il bibliotecario Manara, monsignor Berlinghieri, un Vescovo, il giudice Bosio. All'Agiografo manca sempre un documento per ultimare la Vita della Beata, per illuminarne il lato oscuro (la ragione della resa, della metamorfobi, della conversione). Ma l'approdo al tassello cruciale, lungi dal rasserenarlo, lo sprofonderà negli inferi. La svolta alle ricerche la dà un Ma quale Dio? Di certo non un'Entità cameratesca, tiepida, addomesticabile, cara a certi ecclesiastici e laici pavidi. Lo stesso monsignor Berlinghieri, che esaurisce il coraggio nei «capelli scompigliati da profeta irato», arriva a dubitare: «E'vero - riflette dinanzi al Vescovo - che delle profezie, come dei miracoli, è saggio diffidare. Però io non so se dobbiamo sempre negare la parola ispirata, la prophetica revelatio, quella grada gratis data a cui s'appella, ricorderà, Savonarola. E mi chiedo se la sacrosanta prudenza della Chiesa non stia per caso, mi perdoni, esiliando Dio da questo mondo». L'esito potrebbe essere nefasto. «Se Egli ritira la Sua parola - ammonisce un'anima di Singer - l'intera Creazione ritorna nel caos primordiale». E se l'avesse già ritirata? E, ormai liberatosi dell'immenso fardello, della biblioteca che borgesianamente l'universo è, cantasse felicemente al vuoto, al mondo dissolto, come sembra credere addirittura il Vescovo? Ha un timbro illuministicamente comico e, insieme, romanticamente cupo (Voltaire e Poe i suoi numi) la muta invocazione di Piero Meldini, debuttante nel mare magnum di Babele senza «conforti religiosi», senza il viatico del Bibliotecario: «Avvocata delle vertigini, ora prò nobis». Bruno Quaranta

Luoghi citati: Firenze, Rimini, Torino