Autunno 72, lo scrittore arriva nella capitale con la nuova moglie

Autunno 72, lo scrittore arriva nella capitale con la nuova moglie LETTERE AL GIORNALE Come trovare energia in Francia e come sopravvivere nel Sahara Nucleare è bello? Siamo un gruppo di studenti degli ultimi anni di ingegneria nucleare e meccanica delle facoltà di Pisa, Roma (La Sapienza) e Genova; in occasione di un viaggio di istruzione in Francia tenutosi nel periodo 10-15 aprile 1994 durante il quale sono stati visitati enti di ricerca, di controllo e di utilizzo dell'energia elettrica, abbiamo potuto constatare come questo Paese sia riuscito a rendere effettivo un piano energetico basato sull'energia nucleare, nel pieno rispetto dell'ambiente e della sicurezza. Siamo rimasti colpiti dalla macchina organizzativa francese, dalla capacità di integrare il lavoro di ricerca con l'effettiva gestione degli impianti e dal programma d'informazione della popolazione. Vorremmo sensibilizzare l'opinione pubblica italiana sulla possibilità di riprendere un programma energetico nucleare anche nel nostro Paese, sia per raggiungere una relativa indipendenza energetica, sia per un possibile rilancio occupazionale, in quanto per ogni sito nucleare si creano fino a quattromila posti di lavoro durante la costruzione, che dura cinque anni, e circa seicento posti di lavoro durante il funzionamento dell'impianto contro i circa sessanta di un impianto convenzionale (carbone, gas, oli combustibili), senza considerare le benefiche ricadute sull'indotto nella zona limitrofa al sito. Vogliamo sottolineare che il programma energetico francese basato per il 75% sul nucleare con conseguente costo del kWh pari al 50% del costo di quello italiano, spagnolo e greco, ha permesso a questo Paese di avere un tasso di sviluppo fra i più elevati in Europa e nel mondo. Dal nostro punto di vista la rinuncia al nucleare comporta necessariamente un arresto delle sviluppo tecnologico ed una perdita di competenze scientifiche acquisite: non dobbiamo dimen- ticare che fino a qualche anno fa l'Italia era all'avanguardia in questo tipo di tecnologia. Una scelta per il nucleare ci sembra anche una naturale conseguenza dell'attuale politica energetica del nostro Paese visto che importiamo il 17% dell'energia dalla Francia, energia prodotta interamente da centrali nucleari: 6 dei 56 reattori francesi lavorano interamente per l'Italia. Un ulteriore dato che dovrebbe far riflettere riguarda l'inquinamento: la Francia ha una quantità di deposizioni mensili medie di zolfo sul territorio pari al 24 Kg/Km? di cui il 48% dovuto agli scarichi dei Paesi confinanti, mentre in Italia abbiamo 380 kg/km' di cui solo il 30% dovuto ai nostri confinanti; ci sembra quasi inutile chiedere come abbia fatto la Francia ad ottenere questi risultati. (La fonte dei dati è il Global Energy). Consideriamo anche i vantaggi per la diminuzione dell'effetto serra e del buco nell'ozono derivanti dall'utilizzo del nucleare. Da qui il desiderio che nel nostro Paese ci sia maggiore informazione e soprattutto trasparenza sui programmi energetici e in particolare sul nucleare. Seguono 35 firme Pisa, Roma, Genova Olocausto e sfruttamento Ho appena letto l'articolo «Ma non chiamatelo Olocausto - Così si tradisce lo sterminio», di Sion Segre Amar, pubblicato il 3 maggio su La Stampa. Constato che, secondo la sua autorevole opinione, 1) premettere l'aggettivo «cosiddetto» al termine «Olocausto» (antonomasia introdotta nell'uso linguistico dalla stampa angloamericana nel '42-43, come risulta tra l'altro daìYOxford Dictionary) non costituisce di per sé un'offesa alla memoria dello sterminio degli ebrei; 2) che Schindler's List è un film di (discutibile) «gusto americano», «inadeguato» a rappresentare lo sterminio degli ebrei in Europa. Ciò che non risulta affatto perspìcuo è il motivo o la fonte da cui Sion Segre Amar ha tratto la convinzione che il sottoscritto, quando usa l'espressione «cosiddetto Olocausto», intende negare addirittura l'esistenza di Auschwitz. Non da miei scritti sul¬ l'argomento, che compariranno in libreria solo tra qualche giorno (ho curato una raccolta di saggi noltiani intitolata Dramma dialettico o tragedia? per l'editore «Settimo sigillo»); non dagli articoli dei giornalisti che mi attribuiscono quell'intenzione e secondo i quali Schindler's List è una lezione di storia indiscutibi¬ le, la parola «Olocausto» sacra e intoccabile. Presumo dunque che Lei abbia tratto questa Sua convinzione da un mio articolo pubblicato nel numero di Italia settimanale che conteneva anche le cosiddette e ormai famigerate «liste di proscrizione» (articolo che aveva per tema non lo sterminio, ma la vicenda di Oskar chindler, così come è stata inerpretata dal suo biografo Keeally e dal cineasta Spielberg) e recisamente dalle poche righe ntroduttive all'articolo, nelle uali esponevo le due concezioni enerali dello sterminio e affermavo che la concezione detta funzionalista» è inadeguata; ma uando sottolinea l'aspetto per ui Auschwitz fu anche e necesariamente «un gigantesco sistema di produzione», essa è «sen'altro più aderente alla verità torica» della concezione «intenionalista», che tende a evideniare in modo esclusivo, e quindi non scientifico, la volontà di terminio dei nazionalsocialisti ntesa come male assoluto. Inoltre questa mia idea, spressa in termini sommari, poiché l'introduzione all'articolo u tagliata per motivi di spazio, è anto poco revisionista, che il principale fustigatore dei reviionisti Rassinier, Butz e Faurison, lo storico ebreo-francese Pierre Vidal-Naquet, nel suo «libello» contro gli Assassini dell^. memoria (Editori Riuniti 1993, ed. or. francese 1987) a p. 106 sg. crive testualmente: «Majdanek e soprattutto Auschwitz, enormi centri industriali, furono la prova vivente che lo sterminio poteva (io direi: "doveva", a causa della concezione del mondo hileriana) affiancarsi allo sfruttamento del lavoro forzato... Tra sfruttamento ed eliminazione vi fu tensione, mai rottura». Ma, allcra: unde maluml Francesco Coppellotti, Torino Risponde Sion Segre Amar: Temer si dee di sole quelle cose / ch'anno potenza di fare altrui male; / de l'altre no, che non son paurose. (Dante, Inferno, II, 88) I misteri dell'olimpionico Anche se non voluta, davvero una bella impresa (la Stampa del 26 aprile) quella dell'olimpionico siciliano che, disperso nel Sahara è riuscito a salvarsi resisten¬ do per dieci giorni in condizioni impossibili. Però, senza nulla togliere alla sua grande forza fisica e morale, non pochi sono i punti poco chiari del suo racconto. E' quasi impossibile cibarsi delle lucertole che, oltre a essere velocissime di giorno e pressoché invisibili pur con la eventuale luce lunare, per ripararsi dal freddo notturno fanno come l'atleta, si immergono cioè nella sabbia o si infilano nelle fessure delle rocce (e perciò chi le vede?). Dissetarsi con la propria orina pare una soluzione, ma per orinare occorre bere e l'uomo non è ancora dotato di... circuito sigillato; inoltre camminando si suda, ed altro liquido se ne va, non certo rimpiazzato da poche gocce di rugiada sui rari fili d'erba, gocce che sono bevute prima da vari animali del deserto, che non aspettano altro. Il sentire poi che la bussola non gli è servita perché non aveva punti di riferimento pare ugualmente strano: con il cielo sereno descritto dal disperso perché dimenticarsi cibila stella polare? Pietro Saba-Cresta Rivalta Scrivia Quel Savoia poco noto Mi permetto alcuni rilievi a quanto è stato, ultimamente, pubblicato. Riguardo ad uno dei figli di Vittorio Emanuele II, deceduto in giovane età, non mi pare avesse nome Leopoldo, ma Oddone, duca del Monferrato, nano deforme. Ricordo d'aver visto una sua fotografia, scattata nei pressi di Genova, donata dal principe al suo insegnante di musica. Sul fatto dei giornali usciti al ripristino della libertà di stampa, magari quando ancora si combatteva contro i «cecchini», si può far menzione anche del quotidiano (mi pare) Ricostruzione, indipendente, e del periodico II Cavour, di parte monarchica. dott. Teresio Raineri, Pinerolo