lega un appello per gli espulsi
Sale la contestazione a Farassino, ma Gipo è inflessibile: «Non si torna indietro» Sale la contestazione a Farassino, ma Gipo è inflessibile: «Non si torna indietro» lega, un appello per gli espulsi Sul caso Torino 8parlamentari scrivono a Bossi «Per me la storia è finita, sono espulsi e basta» dice inflessibile Gipo Farassino. Il segretario del Carroccio piemontese si riferisce a Matteja, Salino e Basso, il senatore del Canavese e i due deputati che, assieme al sindaco di Cirio Genisio e ad altri 250 tra amministratori e iscritti, l'hanno contestato, accusandolo di scarsa democrazia ed imputandogli gran parte delle colpe per la sconfitta alle elezioni. Il Consiglio nazionale subalpino li aveva espulsi con una sola possibilità di appello: il ricorso ai probiviri. «E' una sanzione eccessiva» hanno detto ieri altri 8 parlamentari: l'alessandrino Oreste Rossi, i torinesi Riccardo Sandrone, Lucio Malan, Lelio Lantella, Giovanna Briccarello, Maria Grazia Siliquini e Alida Benetto. E hanno firmato un appello a Bossi chiedendogli di revocare l'espulsione e di trasformarla in «sospensione»: in attesa che la vertenza sia chiarita dal consiglio federale, ossia dagli stati generali del partito. Nella serata di ieri Matteja, Salino e Basso hanno riunito le I senatore canavesano del Carroccio, Bruno Matteja, con Gipo Farassino loro truppe all'hotel Gotha di Cirio, presente il sindaco Genisio. La lettera d'invito conteneva l'auspicio (o la speranza?) che all'incontro ci fossero Bossi o Patelli. Ma non si è visto nessun «nazionale». Farassino ha finto di non saperne nulla. «Ma sì - ha detto nel pomeriggio - si agitino quanto vogliono, dicano pure che hanno con loro cinquanta, sessanta sezioni. Per me questa è una storia del passato. Alla riunione dei parlamentari di Roma il Senatur è stato chiaro: bisogna essere fedeli alla Lega, poi due o tre deputati in meno che cosa possono contare?». «Il Capo - interpretano i fedelissimi di Gipo - si riferiva ai fatti del Piemonte, e l'ha cantata chiara: chi ha voluto capire ha capito». Insomma, nella Lega non è tempo di secessioni, bisogna pensare alla rivincita alle elezioni europee del 12 giugno. «Rivincita nei confronti di Forza Italia» dice Roberto Vaglio, capogruppo in Regione e segretario provinciale «defenestrato» perché troppo tenero nei confronti dei dissidenti. Vaglio nega che gli «espulsi» (se la decisione dovesse essere confermata) possano andare «nelle braccia del Berlusca». Gli animi tuttavia sono caldi. A Ivrea, dopo l'incidente dell'altra sera tra i dissidenti e una cinquantina di emissari di Farassino, Matteja parla di metodi «da squadristi, già visti 50 anni fa». Dice: «Noi siamo stati di parola e abbiamo restituito le chiavi della sezione. Ma questo non vuol dire che non apriremo un'altra sede». Alcuni si spingono oltre, parlano di soldi: «A Torino ogni mese arrivano più di 80 milioni, ma le sezioni non vedono una lira». C'è chi ipotizza una fuga in massa dal movimento. «Appoggeremo la Lega dall'esterno - affermano - perché in queste condizioni è difficile lavorare».
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