«La vetta della stupidità»

«La vetta della stupidità» «La vetta della stupidità» Parete delle Alpi dedicata a Riina veva Massimo Mila, era il più affascinante dei passatempi e attività perfetta in quanto sintesi di conoscere a fare, di muscoli e di sensibilità. Ora, alle soglie del Duemila, c'è l'alpinismo spettacolo, l'alpinismo pubblicità, l'alpinismo consumistico inzuppato di termini ostrogoti che hanno creato un linguaggio da discoteca: Free climbing, Clean climbing, Fix, Foot Hook, Minifriend, Off width, Resting, Spit e via discorrendo. Anche le scale delle difficoltà hanno molte cose nuove: al vecchio 6° grado superiore si sono aggiunti il X+ e l'XI- dell'Unione internazionale delle associazioni d'alpinismo; in cifre arabe quello dal 3 all'8 della tabella francese; e dal 5.4 al 5.14 di quella americana; le difficoltà australiane vanno dal 16 al 34 e dal 7a all'I lb quelle dell'arenaria dell'Est. E' come un circo equastre, mi diceva l'altro giorno a Trento un valoroso e serio alpinista che va a ritrovare il silenzio e le montagne nella lontana Patagonia. Ma fenomeno nuovo è come vengono denominate le nuove vie. Alcuni esempi: Bacio della zia, A cavallo della tigre, Luna nel pozzo, Valkyrie, Liz, Marilyn, Passa il vento, Danza macabra, Crak, Basic, Viaggio dei mongoplegici, Maldipancia. Povero Pizzo Badile, montagna cara per le imprese di Cassin e di Gogna, cosa ti è capitato! Andando di questo passo troveremo vie dedicate a Hitler, Bormann, Al Capone, Cutolo, Liggio e a quelli di Tangentopoli. E pensare che la dedica a Riina è stata imposta da un rampollo discendente da una illustre schiatta di guide alpine della Valmalenco, ci viene proprio da dire: povero alpinismo, a cosa ti sci ridotto. Mario Rigoni Stern