LA MONTAGNA TRADITA

LA MONTAGNA TRADITA LA MONTAGNA TRADITA LA vetta della stupidità alpinistica si è raggiunta nei giorni scorsi, quando una cordata di giovani, dopo aver aperto una prima invernale sulla parete Sud-Ovest del Pizzo Badile, ha pensato di dedicarla a Totò Riina perché «può essere paragonata solo a una storia di nwfia, intricata e pericolosa come la Cupola». Quando una cinquantina di anni fa si leggeva di un'impresa alpinistica di valore, subito si pensava agli uomini che l'avevano compiuta; e così Cassin, Soldà, Comici, Gervasutti, Boccalatte, Chabod, Castiglioni ci apparivano nella loro semplicità e nella loro forza. Ma questi uomini che avevano compiuto epiche imprese mai si erano sognati di dare un nome alla via che per primi avevano aperto per raggiungere una vetta da una certa parete. Dicevano: abbiamo fatto la parete Nord della Cima Grande di Lavaredo, la Sud Ovest della Marmolada, lo spigolo Nord della Punta Walker delle Grandes Jorasses, la Nord del Cervino... Dopo, con le ripetizioni, queste vie diventavano La Soldà, La Comici, La Cassin, La Boccalatte. E così anche oggi il loro nome viene ricordato e legato alle loro conquiste. Ci è caro ricordarli e ritrovarli nella memoria con le loro scarpe chiodate o di pezza, con i ramponi di ferro forgialo, i chiodi artigianali, le pesanti corde di canapa, il loro vestire dimesso; e il loro volto bruciato dal sole e dal vento, le barbe lunghe e ispide dopo i giorni e le notti passate a lottare con la montagna e gli elementi. Eravamo ancora «ottocenteschi» e l'alpinismo, come seri-