Fini, hanno disarmato il vecchio condottiero

Fini, hanno disarmato il vecchio condottiero Per 22 anni alla guida della scherma: Il Consiglio federale ha deciso di togliergli la carica di et Fini, hanno disarmato il vecchio condottiero «Solo motivi politici, non sono saltato sul carro del vincitore» UNA VITA ALL'ASSALTO CROMA ON un'anzianità record di comando (ventidue anni), alla fine del prossimo luglio Attilio Fini lascia la carica di commissario tecnico della Federazione italiana scherma. Non ha ancora ricevuto la comunicazione ufficiale del consiglio federale, ma la notizia, la decisione, sono di dominio pubblico. Una decisione presa all'unanimità. Dopo oltre mezzo secolo dedicato alla scherma (prima come sciabolatore azzurro; poi come responsabile dell'arma di taglio e controtaglio; infine come commissario unico per tutte le armi, maschili e femminili) questo sessantaquattrenne bolognese, carico di medaglie e di successi individuali e a squadre, già aspirante ingegnere ma realizzatosi infine come la «volpe delle pedane», esce dal mondo dello sport. Fini, che eredità lascia al- la scherma italiana? «Parla di medaglie vinte?». Anche... «I calcoli ormai li hanno fatti tutti: quattrocentocinquantaquattro medaglie». E come solidità di parco atleti? «Sicuramente il miglior fioretto femminile del mondo; una spada ed un fioretto maschile fra i più forti. In quest'ultima arma siamo stati per oltre un decennio i migliori in assoluto». Come vede il futuro? «Improntato alla confusione». Perché? «Perché si notano già i segni del rilassamento. Per essere veri schermidori sono indispensabili lavoro e disciplina». Altrimenti? «Si fanno avanti i capipopolo. Che sono i campioni più anziani, quelli che sono stanchi di lavorare e che inducono gli altri a tirare i remi in barca, e così la loro supremazia può durare più a lungo». Secondo lei, quali sono i motivi veri per cui l'hanno fatta fuori? «Sono motivi unicamente politici». In fase elettorale, lei si era schierato dalla parte di altri candidati? «Seguendo la migliore tradizione italiana, mi ero comportato da non belligerante». E allora? «Evidentemente bisogna invece cercare di saltare sul carro del vincitore». Quale campione nella sua lunga carriera di et ricor da con più piacere? «Michele Maffei. Per la sua classe, per la sua abilità, per essere stato ;1 primo che ha portato un successo mondiale nel mio albo d'oro». Ma nel 1971 a Vienna lei non era ancora et... «Già, ma ero responsabile della sciabola. La stessa sciabola che l'anno dopo ha vinto l'oro olimpico a squadre battendo addirittura l'allora Unione Sovietica. Non era facile, a quei tempi...». E poi, chi altri ricorda? «Tutti, ma c'è comunque una scala di merito e di simpatia. Allora, se devo fare un elenco, dico Antonella Ragno, Mario Aldo Montano, Dal Zotto, Vaccaroni e Trillini, Numa e Borella, Cerioni». Chi l'ha deluso? «Nessuno. Però provo ancora molto rincrescimento perché due grandissimi spadisti hanno fallito di poco il titolo mondiale. Parlo di Cuomo e, soprattutto, di Angelo Mazzoni che, a Lione, aveva già vinto». Lei ritiene di essere stato un buon commissario tecnico? «Penso di esserlo ancora. Ho sempre saputo individuare i punti deboli e quelli di forza tra i rivali dei miei atleti». Come uomo di pedana non era forse un po' troppo irruento? «<Jon i miei interventi in tempo nei confronti dei giudici, non ho certo mai regalato nulla ai miei atleti, ma ho spesso impedito che fossero derubati». Lei disse una volta che la principale dote di uno schermidore deve essere la furbizia. E' sempre dello stesso parere? «Più che mai. Nella scherma la furbizia serve; nella vita di ogni giorno è addirittura indispensabile». Chi fra i suoi campioni è stato il più furbo? «Senza ombra di dubbio Mauro Numa. Lo è stato in pedana e fuori pedana. Numa resta la dimostrazione vivente che quanto ho sempre sostenuto è verissimo». Vanni Loriga Attilio Fini, bolognese, 64 anni, lascerà la carica di commissario tecnico della scherma nel prossimo luglio: «Vedo un futuro di confusione in mano a vecchi atleti che non hanno più voglia di lavorare e sudare in pedana»

Luoghi citati: Lione, Unione Sovietica, Vienna