«Mandela non ci ruberai la terra» di Giuseppe Zaccaria
Hanno case modeste, pochi braccianti neri ma minacciano: se ci provano, noi spariamo Hanno case modeste, pochi braccianti neri ma minacciano: se ci provano, noi spariamo «Mandela, non ci ruberai la terra» Nelle campagne boere, dove si teme la riforma agraria IL SUD AFRICA DOPO IL VOTO ELANDSBAAI DAL NOSTRO INVIATO Nel suo margine occidentale, quando supera la catena del Bokkerverdberg e scivola verso l'Atlantico, il Grande Karoo abbandona qualsiasi connotazione africana. Anzi, abbandona qualsiasi connotazione. Quattrocento chilometri tra vigneti, valli assolate, interminabili nastri d'asfalto per approdare a questa specie di isolotto della civiltà. D'estate Elandsbaai è luogo di ritrovo per amanti della pesca e amanti delle amanti che da Cape Town accettano di spingersi fin qui. Adesso è solo una piazzetta annegata nella nebbia, che il mare lo fa solo sentire e fa sentire il resto del mondo come un curioso, remotissimo accidente. Perché raccontarvi di un posto come questo? Perché pochi giorni fa, a Cape Town, parlando del nuovo Sud Africa e del nuovo «pericolo bianco» (quello rappresentato dai coloni dell'«Awb», dagli amici di Terre Bianche, dai neonazisti del «Boererkommandos») qualcuno ci aveva spiegato che andare alla ricerca di eversori nel Transvaal è un po' come inseguire naziskin fra le verdi colline umbre. «Ma si guardi attorno, lasci perdere quei poveri gorilla, a sistemarli penserà la polizia. Il vero germe dell'intolleranza si sviluppa qui, oppure a Johannesburg, a Pretoria. Ai margini delle grandi città, dico: ai margini del benessere». Elandsbaai è quanto di più marginale uno possa concepire: sia dall'interno che lungo la costa, sessanta chilometri di strada sterrata per raccomandare al mondo: sta lontano. Tutt'intorno una cintura di piantagioni che vorrebbero chiamarsi fattorie, se solo qualcuna superasse i tre ettari. Dal Capo civettuolo dei ricchi anglosassoni, dai sobborghi occupati dagli ugonotti, e poi lungo le baie della reimmigrazione boera dopo la lunga guerra con gli inglesi, è come se una forza invisibile ma molto potente avesse spinto sempre più lontano una popolazione bianca sempre più esclusa. Forse non è per caso se la prima persona i cui ci si imbatte ad Elandsbaai è un italiano. Dorino Miroglio ha 65 anni, da una quarantina abita qui, ha quasi di¬ menticato la nostra lingua: faceva prospezioni minerarie, poi ha lasciato una moglie a Feltre e ne ha preso un'altra qui. Ha avuto una macelleria e una stazione di servizio: adesso vive della pensione sociale italiana e di un'attività stagionale da affittacamere. «Se sto bene? Abbastanza: in tutto il circondario vivranno sessanta famiglie, ci si incontra ogni tanto, qui accanto ho la stazione di polizia e vivo sicuro. Non sarebbe malissimo. Non ci fossero loro...». «Loro» s ;no quelli che hanno abitato il Sud Africa negli ultimi venti secoli, i neri. I vincitori di queste elezioni. E visto che Miroglio si dimostra persona ospitale, meglio fargli grazia dei giudizi che adesso continua a gridare contro il muro di nebbia. Piuttosto, attraversiamo Eland¬ sbaai - attraversiamo la piazza ed entriamo con lui nell'unico ritrovo della provincia, l'«Eland Hotel». Chi ha conosciuto i vecchi alberghi dell'Est europeo o qualche volta si è fermato per caso in un paesino delle Fiandre, non farà fatica a immaginarlo. Pensate ad un cupo fintonoce che invade vuote pareti, a un'idea di salsedine sovrastata da antichi e compatti sentori di fritto. Pensate ai «settlers», ai coloni: ma non a quei barbuti energumeni del Transvaal o dell'Orange che spesso si muovono su aerei da turismo e in cantina nascondono modernissimi arsenali. Marcus Louw, per esempio, è un gigante che potresti immaginare, mitra in una mano e bottiglia di birra nell'altra, mentre ferma da solo l'intero esercito del Botswana. Eppure per ar- rivare qui dalla fattoria ha dovuto infilare due metri e centoventi chili nell'angusto abitacolo di un furgoncino «Isuzu» che ha tutta l'aria di chi si sente poco bene. Ed i sei «rand» della birra più a buon mercato hanno l'aria di pesargli non poco. «Mandela? Che ci si provi, ad arrivare fin qua...». Per far scaldare il gigante biondo basta una sigla: dici «Anc» e l'incongruo faccione da bambino avvampa di rabbia. «Provino a toccare le nostre terre, quei "diere"»: se appena si avvicinano, sparo». In afrikaan, «diere» significa animale. Ed a mettere assieme un ampio dizionario degli insulti bastano pochi minuti, man mano che i vari Cabo, Engelbrecht, Lamprecht e Vercuisel aggiungono la loro rabbia a quella di Marcus. «Toccare le terre»: qualcuno deve aver spiegato a questa sottospecie di coloni solo una parte del programma dell'«Anc». All'orizzonte, è vero, c'è una riforma agraria: ma come fa a temerla chi ha terra appena sufficiente per sé e la propria famiglia? Chi assume, quando va bene, solo braccianti stagionali, che paga a fatica e subito ricaccia nelle «township»? Un momento: se il Sud Africa si guarda da Elandsbaai anche parole del genere cambiano significato. E non perché anche questo villaggio non abbia i suoi ghetti neri: ce ne sono due perfino ai margini della piazzetta nebbiosa, uno verso l'interno ed uno sul mare, piazzati intorno agli scheletri di vecchie fattorie. C'è qualcosa di surreale in queste «bidonvilles», quasi un'aria da lazzaretto, tanto squallida e brutale si mostra la condizione del povero che vive sui residui di una povertà bianca. Comincia a far sera quando la riunione dell'«Eland Hotel» si scioglie. I «settlers» risalgono su furgoncini scassati per rientrare prima di notte in quelle che vorrebbero chiamare fattorie, ma sono al massimo case coloniche. Poco prima, chiacchierando, avevamo chiesto ad uno di loro notizie sui redditi: «Me la passo maluccio: mica sono come Rino...». Rino è il vecchio italiano di Feltre, presto a pietra di paragone dei benessere, lui che vive con una pensione italiana di ottocento dollari al mese. Giuseppe Zaccaria
Persone citate: Cape, Eland, Lamprecht, Marcus Louw, Miroglio
Luoghi citati: Botswana, Feltre, Pretoria, Sud Africa
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