Terroni e Buzzurri hanno fatto l'Italia Dante bistrattato in tv

Gente comune e parlamentari non rieletti lettere AL GIORNALE Terroni e Buzzurri hanno fatto l'Italia; Dante bistrattato in tv Un vecchio soldato e i problemi di sempre Sì, fui soldato!... La frase, resa celebre per la romanza dell'Andrea Chénier, mi ronzava nel capo in occasione dei funerali di un mio parente nel cimitero di Aosta. Il morto stava per essere inumato in un loculo, mentre un piccolo drappello di ex alpini, col rito dell'appello, lo chiamavano: «Presente!». Sì, fui soldato! ma non ho indossato la camicia grigio-verde, bensì quella nera dei battaglioni d'assalto divisionali del Regio Esercito. Ora, pur avendo assolto il mio dovere durante la seconda guerra mondiale, forse non avrò nessuno che mi farà l'appello. Pazienza, in questi casi conta di più la coscienza di aver fatto il proprio dovere! Mentre si attendeva che finisse la triste incombenza dell'inumazione, il mio sguardo correva lungo le lapidi ove erano segnati i nomi e cognomi dei morti in precedenza ad Aosta. Notavo che pochi erano cognomi aostani, ma molti erano cognomi e nomi di altre regioni. Alcuni nomi, leggi: Nunzio, Calogero, Carmelo ecc., denunciavano certamente origini non valdostane. Così, se vogliamo, possiamo constatare che vi è stato in Piemonte, e penso in tutto il Nord Italia, un rimescolamento di popolazione con persone venute particolarmente dal Sud. Certamente li hanno bonariamente chiamati «terroni», come i romani dopo il 1870 chiamarono «buzzurri» i piemontesi. E così buzzurri e terroni, accomunati nei cimiteri civili e negli ossari dei caduti delle due guerre mondiali, hanno fatto sì che il nome Italia non fosse solo un'espressione geografica. Solo nel comune sacrificio, sia civile che militare, si sono fatti gli italiani, come si proponeva Massimo d'Azeglio e come mi auguro si sia già avverato. Solo con «lacrime, sudore e sangue» si è avverata l'Unità d'Italia, e non con stupide diatribe fra il Nord e il Sud. La cosa più urgente è che si formi una classe dirigente sempre più preparata per risolvere problemi concreti e non solo preparata alla ricerca di potere e di denaro. Questa è la speranza di un vecchio soldato, pronto ad andare a riposare in un qualsiasi cimitero sul suolo italiano, assieme a «Buzzurri e terroni»] Ugo Loi, Torino Con la scuola o senza quel film serve Le valutazioni sul film Schindler's List, espresse nella lettera firmata da 14 docenti del Liceo Classico D'Azeglio (apparse su La Stampa del 29 aprile), hanno suscitato in me, ex allievo di quell'Istituto, una serie di riflessioni. Devo ammettere di non essermi sorpreso nel leggere tra le firme il nome di alcuni miei ex professori. Ricordo bene, infatti, la loro insofferenza per il fatto di insegnare in un liceo allora troppo politicizzato e troppo schierato a sinistra (mi riferisco a 10 anni fa). Riconosco tuttavia ancora oggi la loro professionalità e la loro onestà intellettuale e penso che quelle dichiarazioni non nascano dalla volontà di strumentalizzazione politica. Rimane, però, un nodo da sciogliere. In quella lettera si legge: «Chi vuol vedere tale film può farlo oltre le ore di lezione, che altrimenti la scuola farebbe vedere soltanto una parte delle tragedie della storia senza una visione complessiva delle cose, con una operazione davvero diseducativa». Orbene, il problema, secondo me, non è la trama di Schindler's List. Se questo film tratta dell'Olocausto e non dei gulag, ciò non toglie che racconti una realtà vissuta altre volte nel nostro secolo: l'intolleranza verso il prossimo, la riduzione dell'uomo ad un nonuomo, la soppressione della sua dignità. Drammi per milioni di persone in ogni tempo ed in ogni luogo: nella Russia di Stalin, nella Germania di Hitler, nel Cile di Pinochet ed ora in Bosnia. Andare a vedere il film di Spielberg, riflettere sugli orrori del nazismo non significa ignorare gli altri esempi di barbarie e di inciviltà, ma studiarli con maggiore consapevolezza e rigore: a meno che non si vo- glia continuare a leggere la storia secondo schemi ormai superati, quasi che il muro di Berlino non fosse caduto. Si dice: il cinema al mattino toglie lo spazio all'attività didattica. Suvvia, miei cari ex professori, il tempo per recuperare si trova sempre: ricordate le ore «rubate» all'intervallo o alla lezione di edu¬ cazione fisica per le interrogazioni di fine anno! Non saranno certo questi recuperi con l'acqua alla gola ad offuscare la tradizione del liceo. Una tradizione eli libertà e di democrazia da tenere sempre viva: anche trascorrendo una mattinata al cinema. Giorgio Trichilo, Torino No agli omosessuali genitori adottivi Senza timore di sembrare controcorrente, vorrei commentare l'articolo apparso su La Stampa del 29 aprile a pag. 40. Il Diritto di essere genitori non 10 danno i consiglieri comunali, né di Torino né di nessun'altra città al mondo. Il diritto alla maternità ed alla paternità è dato solo da madre natura, ovvero da Dio. Ed è fazioso, nonché demagogico il continuo discutere sull'eventualità di affidare una creatura innocente ad una coppia di omosessuali al solo scopo di dimostrare la loro «normalità». E' vergognoso che in una società civile si possa anche solo ventilare una scelta simile che porterebbe un'infinità di problemi psicologici a chi necessita di un papà e di una mamma anche putativi, adottivi (e qui è possibile sostituire madre natura per dare una famiglia a chi ne ha bisogno). Gabriele De Roberto, Torino Rai profana 11 sommo poeta Siamo un gruppo di appassionati della Commedia di Dante, e abbiamo letto l'articolo di Giorgio Calcagno Lasciate ogni speranza o voi che cercate Dante sul video, apparso il 27 aprile sulla Stampa, riguardante la vergogna della cosiddetta «Televisione di Stato» in particolare Raiuno. La Rai è misteriosa sui programmi che propone, ma non solo! Noi abbiamo seguito e registrato, sempre in orari abbastanza difficili, ma possibili, le trasmissioni della Commedia di Raitre: in tv quella curata dal compianto Giorgio Petrocchi, con le voci di G. Albertazzi (Inferno) G. C. Sbragia (Purgatorio) e E. M. Salerno anche lui scomparso (Paradiso) e per radio tutte le Cantiche lette e commentate da Vittorio Sermonti, con la supervisione di Gianfranco Contini, genio e letterato dantesco scomparso e da Cesare Segre. Solo i dirigenti di Raiuno si sono permessi di profanare la grandezza incommensurabile del Sommo Poeta, ed umiliare in contemporanea un grande attore come Vittorio Gassman. Vorremmo sapere a chi possiamo esLernare formalmente la nostra protesta come abbonati e dantisti, alla dirigenza di Raiuno, e conoscere l'indirizzo di Gassman per esprimergli la nostra solidarietà. Sergio Deevasis, Oviglio (Al) I motivi del referendum Leggo con stupore sulla Stampa del 29 aprile, di avere definito (peraltro con modi che non uso), il referendum sulla legge Mammì come un referendum «contro Berlusconi». Vorrei smentire la forma e la sostanza di quanto riportato dal giornale con le parole «vere» che io ho pronunciato a Piazza Montecitorio e che Avvenire riporta nel numero odierno: «Una iniziativa anti-Berlusconi? No: Questa iniziativa referendaria è sorta nel novembre 1993, quando grazie all'impegno di associazioni e partiti di diversa ispirazione venne redatto un manifesto programmatico sull'informazione articolato in dieci punti». E questo è quello che penso e sostengo dal novembre 1993 come tutti coloro che hanno partecipato alle riunioni da allora potranno confermare. Peraltro l'elaborazione del referendum, le conseguenze positive che introdurrebbe per i cittadini, gli operatori dell'informazione e anche gli imprenditori del settore pubblicità e comunicazione, esclude a priori che possa essere il referendum di «qualcuno» contro «qualcun altro». Roberto Di Giovan Paolo, Roma Roberto Di Giovan Paolo mi ha detto esattamente ciò che poi ho scritto. Forse la memoria non lo aiuta... [m. t. m.l