Il «fuoco greco» sui Balcani di Enzo Bettiza
Il «fuoco greco» sui Balcani Il «fuoco greco» sui Balcani Lo scrittore: siete complici dei serbi POLEMICA TRA ATENE E BETTIZA ASTIOSO, scorretto, bugiardo, nonché «insigne giornalista e illustre parlamentare europeo». Poiché il suscettibile signor Jannis Zissimos mi attribuisce in una sola volta tanti titoli contraddittori, vorrei ricordargli che, proprio in quanto giornalista ed eurodeputato, mi ero recato negli ultimi giorni del 1980 ad Atene per incontravi il Presidente Konstantinos Karamanlis. Quel mio viaggio e quel mio incontro avevano uno scopo quanto mai positivo: celebrare con grande rilievo su un noto quotidiano italiano l'imminentissima entrata della Grecia nella Comunità europea. Difatti, il 2 gennaio 1981, ventiquattr'ore dopo che la Grecia era diventata ufficialmente il decimo membro della Comunità, appariva su un'intera pagina del Giornale di Milano, di cui ero allora il condirettore, una mia intervista esclu¬ siva con il presidente Karamanlis che venne ampiamente ripresa dai principali organi di stampa europei. Poi, dalla vetta dell'entusiasmo iniziale, fummo purtroppo in molti a precipitare nella delusione e nell'amarezza. La Grecia, in particolare la Grecia isolazionista del Pasok e di Papandreu, che già s'erano opposti con ostinazione alla linea Karamanlis dell'adesione comunitaria, non mancò occasione di marcare le sue divergenze dall'Europa su una miriade di questioni delicate e importanti. Le scelte sempre più solitarie, e sempre meno comunitarie, di Atene dovevano infine inasprirsi sino al limite della separatezza nei giorni dell'aggressione serba contro la Croazia e contro la Bosnia. Scattava allora, come un meccanismo ancestrale, l'istinto della storica alleanza serbo-greca, radicata nel nazionalismo di matrice or- todossa e già varata nelle prime guerre balcaniche contro i musulmani, gli slavi macedoni e gli albanesi. I rappresentanti greci, anche nel Parlamento europeo, hanno sempre sostenuto e continuano a sostenere con veemenza le insostenibili tesi dei nazionalisti serbi e le loro aggressioni militari nei territori dell'ex Jugoslavia. E' universalmente noto che il governo greco ha fatto di tutto per non rispettare l'embargo imposto dalla comunità internazionale alla Serbia. Non si contano più le visite reciproche di esponenti greci e serbi fra Atene, Belgrado e Pale. Non a caso i serbi di Bosnia usano dire: «I nostri migliori alleati sono Dio in cielo e i greci in terra». I due più recenti corollari di tale disinvolta politica di destabilizzazione balcanica, perseguita in complice concordia dal governo greco e da gruppi clericali estremisti della Chiesa ortodossa greca, sono stati la guerra economica dichiarata il 16 febbraio da Atene alla Repubblica di Macedonia, con la chiusura del porto di Salonicco al transito delle merci macedoni, e quindi il grave incidente di frontiera provocato il 10 aprile da un commando terroristico greco nell'Albania meridionale. «La carta può sopportare tutto», usava dire Boris Souvarinc. Anche la carta da lettera del signor Zissimos mi sembra sufficientemente dura e resistente per sopportare tutte le singolari accuse di astiosità e faziosità che egli, in parvenza digiuno di più esatte informazioni diplomatiche e di letture più complete, mi rivolge con tanta cieca acredine. Vorrei perciò rinfrescare la sua debole o astuta memoria e ricordargli quanto hanno scritto, a proposito delle intemperanze politiche greche, altri giornali italiani e stranieri. Dino Frescobaldi su la Repubblica del 15 aprile: «La decisione greca di applicare un blocco commerciale alla Macedonia è stata l'ultimo episodio di un contrasto giunto ormai ad una forma di guerra economica. C'è chi si è domandato se, nel clima che prevale oggi nel mondo balcanico, da una guerra economica si potrà passare a una guerra vera e propria». George Soros sul New York Times del 18 aprile: «L'alleanza occidentale, guidata dagli Stati Uniti, deve aiutare la Macedonia in un momento in cui la Grecia, senza alcuna necessità, sta accendendo un altro focolaio di crisi nei Balcani». Il presidente macedone Kiro GÌigorov, in un'intervista a Le Monde del 6 aprile, parla apertamente di «certi movimenti di truppe greche alla frontiera». Le Monde del 14 aprile, in un servizio dell'inviato speciale Yves Heller da Konitas (Grecia settentrionale): «Epiro del Nord è il nome con cui gli irredentisti greci designano il Sud dell'Albania: que¬ sto Epiro esterno, secondo le loro carte geografiche, ingloba quasi la metà dell'Albania». Lo stesso Heller descrive l'intensa attività di propaganda irredentistica indirizzata quotidianamente alla minoranza greca nella vicina Albania da una potente stazione radio di Konitsa, gestita da preti ortodossi, e cita questa frase del pope locale Joel Konstantaros: «Non v'è dubbio che il nostro esercito potrebbe essere inviato nell'Epiro del Nord a proteggervi i greci che vivono lì». L'Economist del 30 aprile: «Nonostante le affermazioni greche sul mutuo rispetto dei confini limitrofi, gli albanesi ritengono che Atene continui a tessere un suo disegno territoriale verso l'Epiro del Nord, che fu già due volte occupato da truppe greche all'inizio delle due guerre mondiali. D'altronde gli ultranazionalisti greci, spalleggiati da un vescovo ortodosso dell'Epiro greco, parlano della necessità di proteggere la minoranza, se necessario anche con la forza». Mi pare che basti per dimostrare ampiamente al disinformato signor Zissimos che le «invenzioni», che egli mi attribuisce, sono condivise punto per punto da alcuni dei maggiori organi di stampa nazionali e internazionali. Tuttavia, dulcis in fundo, egli si è ben guardato dall'entrare nel merito della più seria e più grave di queste mie «invenzioni»: la Grecia, che attualmente esercita la presidenza semestrale dell'Unione europea, deferita dalla Commissione di Bruxelles, organo di governo della medesima Unione, alla Corte di giustizia europea del Lussemburgo! Su questo punto essenziale, dirimente, la lettera del signor Zissimos resta inesplicabilmente sorda e muta. Perché? Evidentemente perché il signor Zissimos, per altri versi così loquace, avrebbe dovuto ammettere in pubblico che il suo governo, pur presiedendo l'Unione europea, è stato messo in stato d'accusa presso la massima magistratura europea proprio a causa dell'inaudito comportamento anti-europeo assunto da Atene nei confronti della Macedonia. Comportamento che infrange e calpesta tutte le regole della politica commerciale e morale comune, per non dire altro ancora sulle minacce all'Albania e sulle blandizie alla Serbia. Enzo Bettiza illillilill «I vostri sogni di espansione vi isolano dall'Europa» Pasqua a Sarajevo: serba accende candele in memoria dei parenti
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