Senna il principe timido di Gian Paolo Ormezzano

Dalle vittorie giovanili in kart ai trionfi in FI, 34 anni vissuti tra miliardi e tormentate love-story Dalle vittorie giovanili in kart ai trionfi in FI, 34 anni vissuti tra miliardi e tormentate love-story Senna, il principe timido Sognava di comprare un 'isola deserta Ayrton Senna Da Silva era nato a San Paolo il 21 marzo 1960, da famiglia latifondista ricchissima, del gruppetto di quelle che, in poche, si spartiscono il Brasile. Ultimamente, dopo il ritiro di Michael Jordan cestista, era diventato il secondo uomo più ricco nel mondo dello sport: lo precedeva soltanto, nelle tabelle dell'invidia ammirata che si fanno in America, il pugile Evander Holyfield, però legato a guadagni occasionali, un anno tanto l'altro anno niente (lui, Ayrton, da tempo stava sui trenta fissi, miliardo più miliardo meno). Aveva - a parte un aereo da pochi miliardi, comprato usato, guidato da due piloti a nolo e riempito di letti per sé e gli amici - tutto doppio, nelle sue due residenze di mare, a Montecarlo e a Angra dos Reis presso Rio: un elicottero, un motoscafo d'altura, una barca a vela, una scuderia di vetture utilitarie e da emiro. Voleva comprarsi un'isola in un mare segreto. In Brasile faceva le vacanze in ima cascina, a 150 chilometri da San Paolo, e stava con la famiglia: papà, mamma, un fratello, una sorella. Lì il suo bunker, il suo convento. Probabilmente oltre alle cose belle aveva doppie anche le donne, alla faccia di Piquet, brasiliano nemico, che aveva parlato di sua omosessualità, sfruttando le accuse della prima moglie: «Pensa più ai meccanici che a me». Si era sposato a meno di vent'anni e aveva divorziato dopo quattro mesi. La sua ultima fidanzata era Adriane Galisteu, brasiliana bionda. Fra le tante, prima, c'era stata anche una diva della tv, una ex di Pelè, torbida fuori dal video, dove faceva la fatina nelle trasmissioni per i bimbi. La sua vita breve è stata nell'insieme molto felice. Voleva diventare gran pilota d'auto, a 12 anni, assecondato dal padre, era già campione sui kart. Nel 1981, 1982 e 1983 aveva fatto tirocinio in Inghilterra, vincendo in quelle corse, sino alla F. 3, che tùnbrano i guidatori veri. Nel 1984, arrivato alla F. 1 con la Toleman (esordio nel 1984 a Rio, ritirato), aveva subito sbalordito il mondo e atterrito Prost guidando a Montecarlo sotto la pioggia e finendo secondo solo perché la corsa era stata sospesa per troppa acqua: 2 giri ancora e avrebbe passato il francese. Da allora Prost è stato il suo rivale ufficiale: ma i due riuscivano anche a stimarsi. L'anno dopo Senna aveva cominciato a vincere i Gran Premi: il primo in Portogallo, con una Lotus. Ne ha vinti al¬ tri 40, con 65 pole-position. A trentun anni aveva già conquistato i suoi tre titoli mondiali, tutti con la McLaren. L'anno scorso, sempre con una McLaren, e inferiore alla Williams di Prost, ha vinto cinque corse su sedici del Mondiale. Le volte in cui gli abbiamo parlato siamo sempre stati colpiti dal suo italiano coltivato quasi con umiltà (ma ha passato da noi molti mesi, viveva presso Alessandria, cercava radici e correva nei kart). Il suo nonno materno era italiano del Sud, si chiamava Senna, lui ha preso quel cognome dalla madre. Nelle prime corse Ayrton era Da Silva. Firmò così quando dall'Inghilterra scrisse a Enzo Ferrari proponendosi come pilota. Non ebbe risposta, in mille ogni anno fanno come lui. Molto più tardi avrebbe avuto da Maranello un contratto al quale mancava solo la sua firma: non la mise, spaventato da conflitti interni, grane fra dirigenti, esitazioni sospette. Da allora la lunga vana attesa. Parlavano, per questo 1994, della sua quarta età, quella della Williams, dopo la Toleman (1984), la Lotus (1985-'87), la McLaren (1988-'93). Erano considerazioni, come dire?, psicotecniche sul suo comportamento al volante. A lui non spiaceva che si parlasse molto del pilota Senna, forse gli sembrava che così venisse lasciato in pace l'uomo, intorno al quale lui voleva lavorare parecchio, con calma e attenzione, come su di un motore. Anche perché certe volte lui parlava di Dio e subito glielo mettevano a fianco come un compagno di rally (d'altronde lui aveva presentato il suo misticismo come una colata di divino arrivatagli splendidamente addosso, un giorno a Montecarlo). Diceva che il suo unico libro era la Bibbia e gli rinfacciavano, sotto sotto, di non avere letto niente d'altro. Educato, coraggiosissimo, sincero, timido. Aveva accusato nel 1989 - Balestre, francese presidente della federazione internazionale, di avere favorito Prost nelle decisioni disciplinari legate ad un Gran Premio in Giappone, lo avevano escluso dalle competizioni '90, era riuscito, con una lettera sapiente, a farsi riammettere senza cedere un atomo in dignità e convinzioni. Era rigido, severo, preciso, pignolo, giapponese, cortese. Vestiva semplice ed elegante, non sbagliava il colore di un calzino come il tono di una risposta. Igienista mistico, il footing dei fachiri. Gran piallatore di episodi duri, scabrosi: le polemiche passavano attraverso di lui che le filtrava senza snaturarle, ma rendendole chiare. Non uno che non lo stimasse. Pochi che, conoscendolo, non lo ammirassero. Poche ore prima di morire aveva parlato con un giornalista spagnolo che ha un nome italiano, Corbetta, e si era messo d'accordo per visitare a Barcellona, nei giorni del Gran Premio, un ospedale di bambini malati di Aids terminale. Gian Paolo Ormezzano Geloso della vita privata e legatissimo alla famiglia: «La mia fede in Dio è nata sulle strade di Montecarlo» Da sinistra, Senna che festeggia una vittoria e in gara sui kart. Sopra, assieme alla madre