Il nemico è la velocità

Il nemico è la velocità Il nemico è la velocità Monoposto sempre più potenti ma difficili da tenere in pista LE corse sono pericolose». L'avviso sta scritto agli ingressi delle piste inglesi. Come dire: state attenti. Però, oggi i Grandi Premi sono tornati a essere, dopo un lungo intervallo di serenità, troppo rischiosi. Il motivo? Una serie di interventi delle autorità sportive, che hanno cambiato il regolamento della F. 1 allo scopo, fra l'altro, di rendere le corse più spettacolari e di rendere più importante il ruolo del pilota. Il risultato, purtroppo, appare disastroso. Le monoposto di F. 1 sono diventate difficilissime da guidare, le velocità sono aumentate e la stabilità complessiva diminuita. Basta osservare con attenzione la tivù: macchine che saltellano, che ballano sui cordoli, che si impennano. Le sospensioni sono praticamente inesistenti e se vien meno l'effetto dei «carichi» aerodinamici (alettone, alette anteriori e altri artifici) la vettura perde aderenza con il suolo e non è più controllabile. O vola o, in curva, va dritta. Gli incidenti di Imola - da quelli di Ratzenberger e Senna alla collisione al via e all'investimento dei meccanici al box si prestano ad alcune considerazioni in materia. La sicurezza attiva, cioè il comportamento dinamico delle vetture, appare piuttosto precaria (ovviamente ci sono alcune monoposto più valide di altre). L'abolizione dell'elettronica riduceva il ruolo del pilota ma offriva un notevole aiuto. La sicurezza passiva, invece, è notevole, almeno da un punto di vista strettamente tecnico. Non è scoppiato alcun incendio e gli abitacoli hanno resistito. Ma il problema è un altro: nessun essere umano avrebbe potuto resistere alla decelerazione, improvvisa e violentissima, che si è determinata al momento dell'impatto contro il muretto di contenimento. Secondo alcuni calcoli, considerando che la Williams di Senna è uscita di pista a oltre 300 km/h, finendo subito contro l'ostacolo fisso rappresentato dal muro di cemento, il pilota brasiliano è stato sottoposto a una decelerazione tra i 140 e i 200 g. Ipotizzando una valore di 150 g, questo significa che sulla testa di Senna e, in particolare sul collo, si è esercitata una forza di quasi 1500 chili. Il discorso, allora, si sposta sul circuito e sulle eventuali protezioni capaci di diminuire le conseguenze di un impatto così violento. La soluzione migliore sarebbe avere ampi spazi di fuga, per avere decelerazioni progressive. Altrimenti, diventa necessario adottare accorgimenti e strutture speciali. Ad esempio, sabbia invece dell'erba o di un semplice piano asfaltato (come alla curva dove è uscito Senna), oppure paletti a «rottura fragile», che rallentano la corsa della vettura. Altra possibilità: adottare un rivestimento del muro di cemento, troppo rigido. Esistono strutture a nido d'ape capaci di assorbire l'energia d'urto. In questo modo, la forza dell'impatto sarebbe minore: come se la vettura fosse molto più lunga e, quindi, con una struttura capace di difendere con maggior efficacia il pilota. Insomma, le strade percorribili per migliorare la sicurezza sono numerose. Basterebbe avere la volontà per percorrerle. E' un compito che tocca a tutti e che i piloti potranno stimolare con azioni più decise che in passato. michéiè Fenu

Persone citate: Fenu, Ratzenberger, Senna

Luoghi citati: Imola