TORO SEDUTO MA SCATENATO

TORO SEDUTO MA SCATENATO TORO SEDUTO MA SCATENATO La vera storia del capo che annientò Custer Toro Seduto: grande guerriero e custode della tradizione spirituale nare le antiche usanze. Appare come un cultore della tradizione nel nuovo che avanza, più che un leader ispirato al realismo. Ma forse in questa fedeltà alle radici sta la sua grandezza. Mentre Nuvola Rossa negozia compromessi e perfino il mitico guerriero degli Oglala Cavallo Pazzo si consegna in una riserva nel Nebraska, lui cerca rifugio in Canada, dominio inglese, dove sa che «la Nonna regna con saggezza e benevolenza». Trova un po' di comprensione, ma lo spettro della fame resta: i bisonti sono sempre più scarsi, le risorse vitali svaniscono, l'organizzazione sociale si sfalda. Non erano proprio i bisonti a offrire il cibo, i vestiti, la casa, il ritmo della vita nomade? E' un peso decisivo sul destino dei Sioux, anche se Toro Seduto insiste: «Fino alla morte resterò ciò che sono: un cacciatore. E se non ci saranno più bisonti né altra selvaggina manderò i miei figli a caccia di topi della prateria perché quando un indiano è rinchiuso in un luogo il suo corpo diventa debole». Finirà per arrendersi nel 1881. Si presenta a Ford Buford e consegna il suo Winchester, seguito da un gruppo di 44 uomini e 143 tra donne e bambini. E' vestito miseramente, affamato, ha un'infezione agli occhi. Ma non sarà mai un «integrato» nel nuovo sistema, come dimostra l'accurata ricostruzione di Utley che attinge a copiose fonti ufficiali e no. Le cronache dell'epoca lo descrivono nella sua casa di tronchi a Standing Rock, con un po' di bestiame, il podere dove coltiva cereali e verdura, i figli che vanno alla scuola congregazionalista. due figli, sistemazione che si rivelò felice. Aveva anche una profonda vena religiosa, faceva sogni sacri e compiva riti, si sentiva in comunione con Wakantanka, il Grande Mistero. Le preghiere non erano richieste di benefici personali, ma per la collettività: «Wakantanka, salva la tribù, abbi pietà... Noi vogliamo vivere». Prima della battaglia di Little Big Horn nel 1876 vede in sogno soldati e cavalli capovolti, ma ode anche una voce che ammonisce: «Moriranno, però voi non dovete prenderne le spoglie». Leggenda? Pare di no. In quel famoso scontro che costa la vita al generale Custer e a 285 uomini del Settimo Cavalleria, Toro Seduto non è un geniale Napoleone o un eroe di prima linea, ma l'ispiratore che tiene unita la forte coalizione di Sioux e Cheyenne. Gli indiani commettono crudeltà, depredano le vittime. Lui sembra rattristato: «Per la vostra mancata obbedienza bramerete sempre gli averi dei bianchi». Come se temesse il futuro, la dipendenza da un'altra cultura. Dei bianchi non si fida. Si sono impadroniti anche delle Black HiÙs, territorio non compreso tra quelli ceduti al Grande Padre di Washington con il trattato del 1868, perché i minatori vi hanno trovato l'oro. Eppure per i Sioux le sacre colline a ovest del Missouri rappresentano il cibo, la sopravvivenza. Di fronte all'assedio di militari, coloni, minatori, Toro Seduto sembra sempre più solo. Non cede alle rappresaglie, non accetta le promesse (e le razioni) delle agenzie per gli indiani, non pensa che la vita dei Sioux possa abbando¬ Il capo Sioux è addomesticato? Ogni tanto ha sussulti di ribellione: «La vita degli uomini bianchi è schiavitù. Sono prigionieri nelle città e nelle fattorie... Non ho visto nulla, fra le cose degli uomini bianchi, case o ferrovie o indumenti o cibo, che valga quanto il cliritto di muoverci nei diversi territori di caccia...». Alcuni funzionari americani lo considerano «antiprogressista», un disturbatore della riserva. I giornali ne hanno fatto però una figura leggendaria e c'è chi tratta «l'uccisore del generale Custer» come un fenomeno da baraccone. Ha imparato a scarabocchiare la sua firma (gratis per le signore, un dollaro per gli uomini), va perfino in tournée con il circo di Buffalo Bill e sfila in parata su un cavallo grigio. Una foto pubblicitaria raffigura i due personaggi mentre si stringono la mano: «Nemici nel 1876, amici nel 1885». La «pace americana» è scossa da inquietudini. Esplodono dispute per altre terre della riserva strappate ai Sioux, si diffonde un movimento mistico, la «Danza degli Spiriti», miscuglio di credenze che promette l'eterna beatitudine agli indiani, in un mondo ricco di selvaggina, e il seppellimento dell'intera razza bianca. Toro Seduto sembra lasciarsi coinvolgere. Ci crede? E' solo un modo per ritrovare il prestigio perduto? Le autorità temono disordini e nel 1890 (lui ha 59 anni) mandano alcuni poliziotti indiani ad arrestarlo: si accende un tafferuglio, viene ucciso da un colpo di pistola. Utley ha anche il merito dell'equilibrio tra il punto di vista dei conquistatori bianchi e il moderno romanticismo di «potere rosso». Rende giustizia al protagonista senza farne un'icona e lascia in sospeso alcuni interrogativi. Adesso gli storici continuano a domandarsi se era giusto o no l'arresto, se il capo Sioux non avesse il diritto di credere in ciò che voleva, ma sono le perplessità dei posteri. I dubbi aleggiano perfino sulle ossa di Toro Seduto nel cimitero militare di Fort Yates. Una lapide avverte: «Fu sepolto qui, ma la sua tomba è stata profanata molte volte». Ernesto Gagliano Robert M. Utley Toro Seduto Mondadori pp. 43I.L. 34.000

Luoghi citati: Canada, Missouri, Nebraska, Washington