GABIBBO DENUNCIA, TUNNEL PIANGE ?

GABIBBO DENUNCIA, TUNNEL PIANGE ? GABIBBO DENUNCIA, TUNNEL PIANGE ? Tv, satira e giovani col cuore a sinistra e il voto a destra: il dibattito aperto da Del Buono Un'intervista a Ricci e una replica di Guglielmi, dopo gli interventi di Gino & Michele e Cordelli EMILANO CCE dibattito, alla faccia di Moretti. I giovani ridono a sinistra, poi votano a destra. L'ha scritto Famiglia Cristiana, l'ha spiegato Oreste Del Buono sulla Stampa, l'han negato Gino & Michele su Tuttolibrì. Antonio Ricci, lei che ogni sera ci Striscia la notizia, dica: questa schizofrenia giovanile, vera o falsa? «Guardi, io al dibattito preferirei il punto interrogativo. E poi conosco un solo giovane, si chiama o.d.b., penso abbia votato a sinistra. O no? Giamburrasca com'è, magari ha votato Berlusconi. Chi 10 sa? Chi li conosce i giovani? Io passo per enfant terrible, ma ormai sono un signore di mezza età con problemi di prostata. Ricordo solo che da giovane, quando leggevo le pippe sui giovani, me la ridevo. I giovani, per definizione, sono mutevoli, non si lasciano rinchiudere in etichette». Come autore comico si sente sconfitto, solo «un buffone di corte»? «La funzione dei comici è provocare. Quella dei politici è proporre. Non confondiamo. Alla sinistra, lo ripeto da anni, manca una cultura alternativa. E allora meno male che son rimasti i comici a tenere acceso il senso critico con le loro provocazioni». Lei non pensa che la cultura di sinistra abbia egemonizzato la prima Repubblica? «Prendiamo ad esempio le feste dell'Unità, braciole, banco pesca e streap, bingo e tappo biricchino, che bel palinsesto di sinistra. 11 karaoke : se lo fanno loro è progressista, se lo fa Fiorello è spazzatura? Guardo RaiTre, non con stupore ma con orrore: nonostante la sinistra abbia a disposizione i migliori autori, registi, comici', ecc. non è mai riuscita a fare un vero varietà nazionalpopolare. E quando ci ha provato, si è presa Pippo Baudo. Per il resto ha preferito produrre roba «sperimentale». Intellettuali che scambiano la propria microparrocchia per il mondo. Poi si lamentano che "la gente non capisce". Io quando insegnavo e i ragazzi non capivano, dicevo: non mi sono spiegato bene. Adesso parlo a 5 milioni di spettatori e dicono: quello lì si è venduto al pubblico». Benni, in un'intervista all'Unità, ha ricordato che non esiste solo il nazionalkaraokismo, c'è un pubblico giovane e intelligente, che non si fa imbonire né ipnotizzare. Condivide? «Sì. Mi basta pensare al volontariato. Ecco il problema: la tv è importante, però è più importante la realtà, la concretezza di ogni giorno. I ragazzi ad esempio stanno a scuola cinque ore al dì, Antonio Ricci Antonio Ricci MI restano tanti dubbi, in letteratura; per esempio: Testori convertito? e quando mai? Moravia moralista? o non forse distruttore della morale più elementare, perfino quella che dice: «Non uccidere»? Perché mi restano questi dubbi, non potevo esprimerli quando gli autori erano in vita, parlando di qualche loro libro, e sentire le risposte? Chiedi e ti sarà dato. Il fatto è che se un critico accusa, è norma (una dannosa norma, a mio parere) che l'autore non replichi. Grande Testori, ha spiegato qui su Tuttolibrì Luca Doninelli (2 aprile), perché faceva uscire i suoi libri, e poi si rintanava nel silenzio. Le cose non stanno proprio così. Doninelli è un narratore dell'ambiguità: mentre narra, sa in ogni momento che la ben più che davanti alla tv. Ma chi insegna, a scuola, come si guarda la tv? E chi parla più di scuole, case, strade, fogne, ospedali? Il Gabibbo. E' mai possibile che abbia denunciato più scandali lui che i giornali e i politici messi insieme. Se Occhetto e Veltroni si fossero occupati di questi problemi per un decimo del tempo speso per la tv...». Dunque è d'accordo con Gino & Michele: non tocca ai comici dare la linea. «Ci mancherebbe. Il problema vero è il vuoto della politica. Io son contento dei risultati elettorali, possono servire a far chiarezza, a finirla con il consociativismo». Vuol dire che la sinistra non è più riconoscibile? «E' progresssista il Jovanotti che canta positivo o sta lanciando il vero inno di Forza Italia? Mentana è un baluardo dell'informazione e Montanelli un compagno? Quelli della Gialappa's son di sinistra solo perché lo dicono loro? Le Formiche di Einaudi sono di sinistra mentre se le avesse fatte De Vecchi sarebbero state cascami della Lega? Le figurine Panini con l'Unità sono la bibliografia del com! pagno Biscardi o l'altro coté di Iva Zanicchi? E Funari cos'è? Ambidestro? E Bucce di banana? Beh, quelli per noi sono dei sanI ti, van tutelati: ci servono per poterci confrontare. Come a voi giornalisti serve che esista Emilio Fede. Vede, che gran confusione di etichette. Se non si torna alla verità delle cose... L'unica cosa rivoluzionaria è la verità». Lei si definisce di sinistra? «A me mi ha salvato il fatto di dispiacere a tutti, di ricondurre tutto al dùbbio. Potrei essere di sinistra. Sì, ma a sinistra di Bertinotti. No, se Occhetto parla come Forlani e mi propone Ciampi e De Benedetti, Agnelli e Spadolini. Io sono contro la guerra, antiproibizionista, antirazzista, antifascista e solo questo possiamo dirti: quel che non siamo, quel che non vogliamo». Nessuna proposta in positivo? «Mi ripeto: la sinistra dovrebbe imitare i testimoni di Geova e bussare di porta in porta, non chiudersi in un club rotariano. 0 nel riccio di Raitre». Lei non ha paura di Berlusconi? «Guardi, per me Berlusconi è Dio e io sto attonito. Adesso si è incarnato come presidente del Consiglio. Lo conosco, so che ha già fatto miracoli, ha fatto risorgere Mike Bongiorno. Adesso lo pregheremo di rimettere a noi i nostri debiti come a lui li han rimessi i suoi creditori. Sì, uno che potrebbe vivere felice per sempre alle Seychelles e si fa il mazzo a Montecitorio con Bossi e Fini, è Dio. O è matto». Luciano Gerita TRISTE destino il nostro: fino a ieri avevamo la colpa, grave, di avere distrutto la narrativa italiana - che veniva identificata con il romanzo ben fatto; oggi a quella colpa si aggiunge quest'altra di avere collaborato - anzi di essere i primi responsabili - della sconfitta della sinistra nelle elezioni del 27 marzo. Alla base di queste colpe ci sarebbe il nostro cinismo, l'azione (irresponsabilmente) terroristica da noi compiuta contro la cultura alta, dei nostri padri, quel mondo di valori intorno a cui nacque l'unità d'Italia. In pratica Dio, Patria, Re. In verità (e fuori di celia) Cordelli ci porta accuse ben più circostanziate: ci dice che se ieri (negli Anni Sessanta), quando la cultura di sinistra viveva parassitariamente sui valori della Resistenza, manifestando un tono enfatico e declamatorio, la nostra azione terroristica era benemerita, oggi non lo è più. Questa impostazione, l'impostazione di questa accusa, presenta due errori, nasce da una doppia incomprensione o meglio da una lettura superficiale e banale della contestazione culturale cui noi abbiamo dato vita (e praticato) trent'anni fa come della natura dell'oggi e delle domande che pone. Il nostro anti-ideologismo d'antan non era semplicemente la protesta verso la cultura altisonante e lamentosa (che allora sembrava trionfare) ma era il rifiuto di un mondo costruito dall'esterno, chiuso in una cappa di orientamento e di fini che sacrificava e opprimeva ogni possibilità di crescita e di sviluppo. Per noi il mondo era in carcere, incatenato da valori di comodo (da una parte l'enfasi resistenziale e l'obbligo dell'impegno, dall'altra il rifugio nel privato e l'intimismo becero); occorreva liberarlo e restituirgli il piacere di vivere. Sicché piuttosto che un attacco al mondo Un disegno di Tojior da sin Mira il Gabibbo; Corrado Cazzanti, alias Rokko Smilherson.s dei valori, la nostra era un'azione di smascheramento volta a ristabilire l'agibilità del pensiero, lo spirito di ricerca, la tensione intellettuale. Voleva essere un'azione di ricupero di ciò che avevamo perduto, un ritorno alla concretezza delle cose dalle quali ci avevano allontanato la cultura retorica e della consolazione. Un ritorno a risentire il sapore della realtà e a rimasticarne gli umori. Il nostro anti-ideologismo prima che un movimento contro era una proposta di nuovi valori, il valore della fantasia (essenziale non per sognare, come si credeva, ma per fare); il valore del pensiero (non come rifugio in cui trovare riparo, ma come rischio e campo di ricerca); il valore della verità (non come risposta ma come domanda); il valore della volontà (non come imposizione ma come determinazione); il valore della parola (non come memoria ma come azione). Questi erano i valori che noi affermavamo trent'anni fa, sostenuti dalla migliore e più avanzata cultura europea che finalmente acquistava cittadinanza (o meglio solo circolazione commerciale) anche in Italia. E sono valori che se hanno trovato forma e espressione in una particolare congiuntura storica, rispetto a quella non volevano essere una risposta provvisoria, ma un superamento definitivo. Accadde tuttavia che noi non facemmo i conti con la natura della cultura italiana, rimasta già da qualche secolo estranea alle novità del moderno, sottovalutammo (magari consapevolmente) la sua resistenza a ripensarsi, a mettere in crisi le sue certezze, a uscire dai rifugi in cui si nascondeva. Era una cultura sulla difensiva, che utilizzava i valori della tradizione come alibi della sua impotenza. Sicché non esitò mi minuto, non appena ne ebbe l'occasione, a tornare in sé, a sottrarsi alla critica che la generazione degli Anni Sessanta aveva

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