Abbado: per adesso non vado alla Scala di Oreste Del Buono

Abbado: per adesso non vado alla Scala Abbado: per adesso non vado alla Scala Fa progetti, dice: «Zeffirelli ministro? Una barzelletta» BERLINO. «No!». «No». «No». Uno stillicidio allegro e divertito di no. E ogni no una pugnalata al cuore dei melomani, che lo attendevano fiduciosi in Italia. «No, non farò più 1' "Elettra" di Strauss, in coproduzione tra Scala e Salisburgo. No, non verrò alla Scala con i Berliner. No. Niente, nemmeno per il "Fidelio". Solo a Ferrara? Troppo piccolo. Va così... E' un poco come le elezioni in Italia». Dice: «Non ero preparato a queste domande, non ci pensavo nemmeno». In verità a Berlino Claudio Abbado è venuto con l'amico Pollini a presentare l'integrale dei concerti per pianoforte di Beethoven, che la Deutsche Grammophon lancia in questi giorni. Registrati dal vivo, ed è una bella novità. «Non ci sono state sedute di correzione in studio. Tutto live, anche dalle prove generali. Sì, c'è un'inversione di tendenza positiva nelle case discografiche. Non impongono più gli artisti, si adeguano ai programmi più fantasiosi, hanno registrato tutti i concerti del Wien Modem. Dieci anni fa non sarebbe mai accaduto». Allegri, distesi, i due, un po' vecchi compagni di scuola. Hanno suonato per oltre 25 anni insieme, militanza affettiva e complice. La prima volta insieme a Berlino, con la Radio Symphoniker, era il '64, dice orgoglioso Pollini. Trent'anni. Pollini aveva già inciso i concerti di Beethoven con Bòhm e Jochum ma con Abbado è un'altra cosa. Abbado dissemina la conversazione di ami e curiosità. Non risponde mai direttamente, ma si diverte a costeggiare le domande, a provocare, a eludere, rispondendo. «Problemi con Ferrara? No, assolutamente». Evidentemente quel teatro, anche per ragioni economiche, non si adatta al progetto di «Elettra». «Continuerò il ciclo delle Sinfonie di Haydn. E poi nel '95 sarà la volta del "Don Giovanni"». «Al "Fidelio" non ci rinuncio, ci mancherebbe, e soprattutto alla regia di Griiber. Dispiace anche a me di Milano. A quanto pare all'Italia non interessa. Meglio, a Milano. Perché, in qualche altra parte...». Bisogna stanarlo, lavorando di lima. Via Ferrara, «nooo!». Via Roma, ovviamente, «scherziamo?!». Un sorriso più largo quando si parla di Maggio. Fuochino. Firenze, dunque, e dovrebbe essere per il '96. «Sì, anche l'inaugurazione del Teatro Massimo di Palermo, chissà quando mai, e se poi la mafia ce lo permetterà». Ma... e il «Fidelio?» Questione di fedeltà coniugale, si torna sempre a pizzicare quel tasto. Problemi di persone? Di difficoltà economiche? Questioni di opportunità? «Diciamo tutto un po'. E poi, provate semmai a sentire a Milano. Dirigerò con Muti 1' "Otello" a Salisburgo, lui nell'estate, io a Pasqua. Probabilmente lo stesso spettacolo, se ci metteremo d'accordo sul regista. Ma io ho già Domingo». I progetti piovono come una gragnuola, le date impazziscono come palline da flipper. Difficile tener dietro. Prima Berlino, poi Salisburgo, Pasqua, estati, chissà se l'Italia. Magari un altro Schubert operista, «che sciocchezze dire che non sapeva scrivere per il teatro». Sì, il sogno sarebbe sempre Wagner, «"Tristano", possibilmente: Berlino, una città più aperta, meno pettegola di Vienna. E poi c'è tutto». Allude a progetti con Peter Brook, con Peter Stein farà il «Wozzeck», con Lev Dodin l'«Elettra», «è un regista geniale, ho visto il suo "Giardino dei ciliegi", un trionfo a Parigi». Si diverte a provocare le curiosità e a depistare. Allude sornione al destino berlusconiano dell'Italia, a Zeffirelli («Ministro? Ma è una barzelletta...»), della sua Legion d'Onore per motivi debussisti (perché non dirigo mai le orchestre francesi, scherza), delle nostrane orchestre Rai, in chiusura. «Certo che se abitassi a Milano farei qualcosa, l'ho fatto per diciott'anni. Non si tratta di indifferenza alla cultura, è un atto contro la cultura. Gravissimo». Parla dell'acustica che lo attende al Lingotto a Torino, di Piano, che sta progettando una nuova costruzione per la Mercedes, alle spalle della Philharmonie. «Berlino è una città fondata sull'acqua, davvero, ha più ponti di Venezia. Dopo pochi metri, se scavi, trovi l'acqua. Di solito la pompi via. Piano non ha voluto, creerà un lago artificiale ed in mezzo galleggerà la sua architettura. Ma questo ve lo deve spiegare Piano». ono ino^J pmenI mo I men Oreste del Buono ino Marco Va Dora