Sono un mito guarda il trench

Sono un mito, guarda il french Sono un mito, guarda il french Sbendati, Colombo fino a Derrick E' destino per gli investigatori essere ricordati più per i piccoli vezzi che per le grandi inchieste. Piccoli vezzi che però fanno gli eroi, l'immacolato Burberry di Ubaldo Lay per il tenente Ezechiele Sheridan, o l'impermeabile, non proprio immacolato, del Tenente Colombo, che sta addosso e sempre di traverso a Peter Falk. Pochi saprebbero ricostruire la trama del «caso Piepus»: ma tutti sono pronti a giurare che durante le indagini Gino Cervi-Maigret trangugiava ettolitri di birra e faceva crollare piramidi di panini, perché nel vassoio il commissario sceglieva sempre quello che era sotto a tutti gli altri. Così come il Nero Wolfe di Tino Buazzelli: birra, orchidee, scarpe rumorosissime sotto il suo enorme peso, e la poltrona su cui si sedeva soltanto nella fase finale quando, mica tanto bo¬ nariamente, spiegava il caso al povero assistente Archie Goodwin, ovvero Paolo Ferrari. Il tic, la piccola mania, il capo d'abbigliamento è la tecnica usata dal fumetto per rendere immediatamente riconoscibili i personaggi (forse Paperino possiede altri vestiti oltre la sua giubba da marinaretto?). Tecnica a colpo sicuro, ideale anche per gli eroi del serial tv che però la usano al contrario: Derrick, Kòster, o la signora in giallo, interpretata da Angela Lansbury, osano rinunciare a questa scappatoia, e ostentano un guardaroba da comuni mortali. Ma perché gli investigatori che hanno più successo in tv sono tutti stranieri? Claudio G. Fava, uno dei maggiori esperti di storia di cinema che abbia la Rai, azzarda un'ipotesi: «Il fatto è che noi non abbiamo avuto una vera letteratura gialla. Sherlock Hol¬ mes è inglese. Marlowe è americano. Maigret è francese. Noi abbiamo avuto giallisti, ma è come se ognuno di loro fosse un caso singolo, un geniaccio solitario incapace di creare un genere. E la televisione non è riuscita a sovvertire questo costume. Io credo che la tv italiana avrebbe dovuto prendere esempio da quella tedesca che è riuscita a inventare Derrick, Koster e perfino Faber, un anomalo ispettore giovane e alla moda. Noi in principio abbiamo avuto Ubaldo Lay, ma eravamo talmente poco convinti che l'Italia potesse essere terra di grandi delitti, che gli abbiamo dato il nome straniero di Sheridan. Poi ci hanno provato in tanti, compreso l'anno scorso Nino Manfredi, ma la mia impressione è che non ci siamo impegnati a costruire quella "Mercedes del Giallo" che è stata per i tedeschi Derrick». [s. n.] Claudio Abbado era a Berlino con il suo amico Pollini

Luoghi citati: Berlino, Italia