Sarti ispettore alla Di Pietro di Simonetta Robiony
Ritorna su Raiuno l'irruento poliziotto bolognese. Il suo interprete dice: «Il mio preferito è Gino Cervi» Ritorna su Raiuno l'irruento poliziotto bolognese. Il suo interprete dice: «Il mio preferito è Gino Cervi» Sarti/ ispettore alla Pi Pietro Gianni Cavina gli ha dato corpo e carattere ROMA. Gianni Cavina è di Bologna, l'ispettore Sarti anche. Troppo poco per determinare un successo? Cavina pensa di no, anche perché Bologna è davvero uno dei protagonisti della storia con i suoi umori viscerali e sanguigni, quei quartieri civili col parco giochi per i bambini e il centro ricreativo degli anziani, ma anche i vu cumprà ai semafori, i meridionali che cercano lavoro, la malavita organizzata che ormai è arrivata anche là. E dunque, torna ancora una volta «L'ispettore Sarti», seriale tutto italiano, lanciato un paio di stagioni fa da Raidue con 13 episodi in seconda serata, approdato da martedì 3 maggio al fasto della prima serata con sei nuovi episodi, più ricchi e più lunghi diretti da Giulio Questi. A produrli, per un costo complessivo di nove miliardi e mezzo, oltre alla Rai la tedesca Ndr international che coprendo il 40% delle spese s'è presa la possibilità di venderlo nel mondo intero. Figlio dei gialli di Loriano Macchiavelli, l'ispettore Sarti deve però la sua trasposizione in immagini tv soprattutto a Gianni Cavina che gli ha dato corpo, faccia, carattere, malumori, buon cuore, sdegni, succhiandoli dalla pagina scritta ma cucendoseli addosso come mai gli era riuscito prima. Cavina, da che le è venuta questa passione per Sarti? «Sotto i piedi non mi sentivo più il terreno del cinema. Dopo "Regalo di Natale" di Pupi Avati non m'era arrivata nessuna proposta. Allora ho parlato con il produttore Leo Pescarolo di certi libri di Macchiavelli che avevo letto. Mi parevano buoni per farne una serie in tv». Cosa l'accomuna a Sarti? «Intanto sono grande, grosso e con parecchi chili in più. Non sono un tipo irresistibile anche se le donne ogni tanto si sentono attratte da me. E come lui bevo molti caffè. Poi sono irruento, polemico, onesto e vado in fondo alle cose. Non so neanche più a questo punto se io sono diventato Sarti o è Sarti che è diventato me». Qual è il sentimento più forte del suo ispettore? «La capacità di indignarsi per le ingiustizie della vita. E la solidarietà con chi sta peggio di lui». E' vero che Sarti è di sinistra? «E' Bologna che è di sinistra. Sarti Il maestro ha presentato a Berlino i concerti di Beethoven registrati con Pollini vota come gli pare». La nota più originale del suo personaggio? «Essere un ispettore che spesso non riesce a vincere. Credo sia il primo poliziotto che capisce le ragioni dei criminali, che non sempre dipana la matassa imbrogliata dei suoi casi, e quando pure ci riesce prova pietà per quelli che è costretto a mettere dentro. Un bel casino». Perché i nostri ispettori sono sempre degù' antieroi? «Perché l'Italia è fatta a questo modo. L'eroe dei nostri giorni è Antonio Di Pietro, uno che come Sarti parla un italiano approssimato, gesticola come un contadino, non sa accoppiare calzini e cravatta, ma va al nocciolo delle cose». La disturba essere arrivato alla popolarità con la tv? «Nient'affatto. Se si girano dei prodotti degni si può fare». Lei una terza serie di Sarti la girerebbe? «Naturale. E poi con Pescarolo ho anche il progetto di far debuttare nella regia Proietti. Vorremmo fare una piccola serie televisiva che mi vedrebbe tra i protagonisti». Col cinema ha chiuso? «E' il cinema italiano che è chiuso. Si gira pochissimo. Un'idea potrebbe essere quella che ha avuto Simona Izzo: farsi finanziare il film dalla famiglia. "Maniaci sentimentali" in sala sta andando benissimo, eppure nessun produttore voleva rischiarci una lira». Lei lo farebbe? «Non ne ho il coraggio». E il teatro? «Ne ho fatto tanto in passato. Era la mia passione. Adesso a Bologna mi hanno offerto di inaugurare la prossima stagione dell'Arena del Sole, un teatro che è stato interamente ristrutturato, con "Il cardinale Lambertini". L'offerta mi lusinga perché a renderlo celebre fu Gino Cervi». Perché le piace Cervi? «Cervi è il mio mito. Tutte le volte che l'ho visto, in cinema o in teatro, non ho mai avuto l'impressione che recitasse. Quando passo sotto casa sua, a Bologna, lo dico sempre alla mia donna- "Qui abitava Gino Cervi", e mi viene una certa commozione». Simonetta Robiony
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