L'8 maggio Elisabetta e Mitterrand cancelleranno lo «splendido isolamento» inglese. Ma in Francia c'è chi piange di Fabio GalvanoEnrico Benedetto

L'8 maggio Elisabetta e Mitterrand cancelleranno lo «splendido isolamento» inglese. Ma in Francia c'è chi piange L'8 maggio Elisabetta e Mitterrand cancelleranno lo «splendido isolamento» inglese. Ma in Francia c'è chi piange La Let'sgo ne stronca il fascino gastronomico («an unremarkable experience», ovvero «esperienza irrilevante»), mentre per la Rough «lo charme di Calais è appeso a un filo». Insomma, la seduzione il visitatore sbarcato nella douce France preferisce trovarla nei «super-discount» e «cash & carry» di cui rigurgita ogni stradina. Vino, birra, persino whisky a prezzi imbattibili, da contrabbando. Così le uggiose serate locali risuonano di angliche baldorie. Ambasciatrice mancata di Francia, Calais si consola trasformandosi in una Las Vegas alcolica. Eppure vale la pena addentrarsi fra le sue vie anodine che gli «amici» angloamericani bombardarono senza requie quattro anni lascian¬ do ai tedeschi in fuga - nei dintorni Hitler installò una base per le «V2» alla quale lavorarono in 35 mila l'incarico di ultimare le devastazioni con minaggi e incendi da Gòtterdammerung. Apprenderemo l'orgoglio e l'umiltà estremi di Calais, l'inconfessabile anglofobia e una tendenza a essere insieme civiltà di frontiera che abbraccia l'Europa e sdegnosa cittadella impermeabilizzata, dove la storia passa ma non impone il suo corso. Controcorrente lo è senza alcun dubbio. Al referendum su Maastricht, il 20 settembre '92, bocciò in massa (oltre il 60%) l'Unione Europea. La regge inoltre, da innumerevoli anni, un sindaco pcf. Ed essere comunisti, in Francia, signifi¬ ca battersi per Cuba ma contro i vicini d'oltrefrontiera che minaccerebbero sovranità ed economia nazionali. Geografia a parte, Calais è dunque Francia profonda come la Vandea. Guarderà anche le candide scogliere di Dover, sbronza a pagamento gli inglesi ma nel complesso lo straniero le ispira diffidenza. Esagerando un po', potremmo quasi attribuirle la boutade di Lord Palmerston, il quale verso metà '800 hquidò gli ardimentosi piani presentatigli dall'ing. Thomé de Gamond argomentando lapidario: «Perché contribuire a una galleria che vuol ridurre la già troppo breve distanza fra i due Paesi?». I suoi avversari accusano il sindaco Barthe di aver sacrificato Ca¬ lais a una ideologia che vede nella modernità il Grande Nemico, la decadenza, il trionfo borghese della merce sul lavoro. Mettiamola in termini più semplici. Il Chunnel era una gigantesca torta. Perché non rivendicarne le royalties facendo la voce grossa? Invece no. Monsieur le Maire preferisce proteggere i suoi concittadini dalle tentazioni di Il più lungo tunnel sott'acqua Nei due tunnel viaggieranno nel primo anno 30 milioni di i 15 ilii di tllt di i Nl p gqNei due tunnel viaggieranno nel primo anno 30 milioni ; di passeggeri e 15 milioni di tonnellate di merci. Nel tunnel di servizio i treni della manutenzione e dei soccorsi possono viaggiare in entrambe le direzioni edonale a I Passaggio pedonale |di emergenza traghetti esistono e funzionano benissimo - più che per un'atavica paura del Continente. Eppure è proprio quella, da quando il primo progetto di tunnel fu tracciato nel 1802 dopo il trattato di Amiens, la spranga che ha tenuto chiuso il passaggio. Era comprensibile: l'isola aveva sviluppato difese marittime più che terrestri, con una potente Navy a difendere il suo fossato naturale. Al principe Alberto, il marito della regina Vittoria che era in favore di un tunnel nel 1859, il primo ministro Lord Palmerston replicò aspramente: «La pensereste in altro modo se foste nato su quest'isola». Quando un altro progetto fu avviato da Sir Edward Watkin nel 1881, comprendeva addirittura piani per allagare il tunnel in caso Mammona che arricchirli. E gabella come «Loch Ness» l'erigenda «Città dell'Europa». Come dargli torto? Malgrado l'aulica denominazione richiami Schumann, de Gaulle o Adenauer, il complesso omonimo è una mostruosa shopville che paracaduterà sui reduci dal tunnel Armani e beaujolais, mortadelle, vodka, poster del Louvre, cioccola- d'invasione; e nel 1888 furono aggiunte bombe distruttive azionate da un «bottone d'avorio». Ancora nel 1907 il duca di Cambridge, comandante in capo delle forze armate, si scatenava «con ogni enfasi» contro il tunnel. I francesi arrivarono persino a proporre una parte affiorante, per dare a Londra la possibilità di distruggerlo con una cannoniera. Ma, nonostante l'Entente Cordiale, la Francia - più che la Germania, comune nemica faceva paura a Londra. Quelle paure non ci sono più. Ma l'istinto di conservazione dell'Inghilterra insulare sarà forse, fra i nastri da tagliare alla cerimonia di venerdì, il più duro e resistente alle forbici di Elisabetta e Mitterrand. Fabio Galvano L'Eurotunnel della Manica verrà inaugurato l'8 maggio dalla regina Elisabetta e dal premier francese Francois Mitterrand ta svizzera, gioielli, hamburger, cinema multivision, automobili, griffes e must in ordine sparso. Però Calais non vedrà un franco. Sono gli infortuni della virtù. Calais - i cui senzalavoro, chiusi i megacantieri, aumenteranno ancora rivivrà così in metafora il supplizio inflittole dagli Inglesi di Edoardo III nel 1346. «Accettateci come invasori e vi sfameremo». Ma il porticciolo resse impavido l'assedio e le penurie alimentari. Morale: 11 mesi più tardi gli eroici difensori si arresero lo stesso. E i vendicativi britannici, oltre a non sfamarli, li espulsero dalle loro case. L'odio inestinguibile votato alla perfida Albione nacque allora, sponsor Giovanna d'Arco. E per due secoli la Manica fu «mare nostrum» britannico. Calais si ritrovò inglese, anzi - dopo lo scisma - persino anglicana. E' da allora che soffre di irredentismo cronico, non senza velleità conquistatrici. I primi fra i 39 schizzi traversa-Manica celavano spesso una vocazione militare. Obiettivo, lo sbarco sulle orme dell'immortale Guglielmo il Conquistatore ma con scienza e tecnologie ingegneristiche quali fonnidabili alleati. Ma Dover non fu mai francese. In compenso, scesero a Calais per gustare il frutto amaro e rancoroso dell'esilio gli Oscar Wilde, i Lord Brummel (che a sera guatava le amate, irraggiungibili sponde) e una cupa lady Ashley cui Orazio Nelson non prodigava più i suoi favori. Ma ora i vip non si fanno più vedere. In fondo già Wally Simpson e il suo Edoardo VIII snobbarono Calais per la Còte d'Azur dove almeno «Tenera è la notte» come scriveva Fitzgerald mentre qui Cupido si beccherebbe un raffreddore prima della minima avance. A girare per le stradine, l'angiporto, i vialoni che collegano il cuore marinaro con quello manifatturiero dalle chiare origini inglesi (trine e pizzi: per 52 franchi - 15 mila lire - ti vendono anche il ricamo del tunnel), s'insinua tuttavia una qualche suggestione mediterranea, anzi moresca. Il paesaggio urbano è nell'insieme orrido, ma le sue brutture non ricordano l'edilizia postbellica grigiastra e monumentale di Le Havre o i casermoni che schiera Dunkerque. La soluzione bisogna cercarla nei libri, perché i bravi calaisiani se ne vergognano. Bene: dovendola ricostruire con poco tempo a disposizione e ancor meno quattrini, gli architetti comunali adottarono il piano regolatore di... Casablanca. Calais l'Altera che dal Medio Evo affronta indomita il leone inglese capitolò infine dinnanzi al Marocco. Bel contrappasso. Ma Humphrey Bogart non ne approfittò per portare Casablanca sul Mare del Nord. In compenso, il capitano de Gaulle fece celebrare il matrimonio con mademoiselle Yvonne - «indigena» purosangue nell'unica chiesa stile Tudor che mai abbia varcato la Manica. L'esilio londinese iniziò da Calais. Enrico Benedetto