«Nessuna Norimberga per l'apartheid»

«Nessuna Norimberga per l'apartheid» «Nessuna Norimberga per l'apartheid» Mandela: molti ministri bianchi nel mio governo ventare le minoranze o attizzarne l'ostilità». Mandela accenna al fatto che il ministro degli Esteri Pik Botha potrebbe restare al suo posto, e con ciò indica che gli aderenti al National Party sarebbero benvenuti nel suo gabinetto. Parla di Roelf Meyer, ministro degli Affari costituzionali, di Kobie Coetsee, della Giustizia, e di Leon Wessels, del Lavoro, come di «autentici sudafricani che volgliono affrontare problemi con realismo». E si riferisce ancora a Botha come uno dei membri più illuminati del National Party. Cambiando drasticamente il suo atteggiamento verso le forze di sicurezza, Mandela dice che «il problema della loro mancanza di credibilità e di legittimità sta per essere supera¬ JOHANNESBURG ELSON Mandela spiega la sua filosofia di governo, mentre si appresta a conquistare il Sud Africa, dicendo «mettiamo una pietra sul passato, facciamo rimarginare le ferite». Il capo dell'African National Congress, il cui trionfo nelle elezioni è atteso alla conferma in questo fine settimana, enfatizza il ruolo del consenso multi-partitico. Lo incontro nell'albergo di Johannesburg che usa come quartier generale provvisorio. Appare rilassato e fiducioso mentre sottolinea che il suo accesso alla presidenza coronerà la lotta di una vita contro il razzismo istituzionalizzato. bandiera dell'Abw governo del Paese. Anche se otterremo un amplissimo margine, dobbiamo guardarci dal suscitare la paura che la maggioranza si awii a. schiacciare le minoranze». L'intenzione, spiega Mandela, è di mantenere nella conduzione degli affari di governo quel consenso che si è mostrato così efficace nei negoziati costituzionali. La politica deve essere «la responsabilità collettiva di ogni partito politico coinvolto nel governo di unità nazionale»; nega che ciò possa condurre alla paralisi, sottolineando che in passato le trattative hanno coinvolto «29 partiti che tiravano ognuno in una diversa direzione, eppure si sono ottenuti risultati straordinari». «Bisogna stare in guardia - continua - affinché una singola formazione politica, comunque forte, non prenda decisioni unilaterali riguardo a materie che richiedono la consultazione di tutti i partiti. Abbiamo fatto progressi dal 1990 proprio perché non abbiamo dimenticato che il consenso è essenziale nell'affrontare tutte le maggiori questioni nazionali». I bianchi, con le loro capacità, sono vitali per il futuro del Paese, dice Mandela. «E' per questo che dobbiamo dir loro: il Sud Africa è il vostro Paese. Tutti i sudafricani, legati da una comune lealtà e un comune amore per la loro patria, devono essere parte della trasformazione della società». La consultazione deve essere la regola anche per questioni tipo cambiare il nome di strade e località. Il cambiamento dei simboli deve essere subordinato a «serie, intense e pazienti discussioni con tutte le parti coinvolte, per evitare di spa- RISPARMIO ENERGETI CO to». Presto, dice, saranno viste come rappresentanti «la nazione e la comunità». E rivela di aver incontrato sia il quartier generale della polizia che quello dell'esercito e di aver avuto colloqui strategici a casa del comandante in capo della polizia, generala Johan van der Marwe. Qualificato un tempo come terrorista, Mandela dice che le INFORMAZIONE PUBBLICITARIA forze armate, al pari dei servizi segreti, svolgeranno «un ruolo importante, se non decisivo, nella trasformazione del Paese, per cui chiunque demonizzi queste istituzioni rende un disservizio al Sud Africa». Sulla questione dell'amnistia, dice che tutti coloro che hanno commesso crimini a difesa dell'apartheid prima dell'8 ottobre 1990 (data del primo accordo fra Anc e governo per superare la segregazione razziale, ndr) otterranno l'impunità, sulla stessa base dei combattenti anti-apartheid. L'amnistia per i reati commessi fra l'ottobre 1990 e il dicembre 1993 rientrerà invece nella discrezionalità del nuovo Parlamento. Secondo lui «l'impunità per questi delitti deve essere garantita». Però aggiunge: «Certo dobbiamo considerare che c'è gente cha ha perso i familiari e prova rancore. Dobbiamo considerare caso per caso». Ma ribadisce che «la mia opinione personale è di Un addetto allo spog metterci una pietra sopra. Adotteremo una soluzione in base al principio dell'esame caso per caso». Mandela dice che l'Anc pensa di istituire una commissione per indagare sui diritti civili conculcati durante la lotta contro l'apartheid. «La Commissione dovrebbe servire a raccogliere prove riguardo a chi reclama risarcimenti, non con lo scopo di instaurare un processo di Norimberga, ma solo per garantire le eventuali indennità su base individuale». Alla domanda se ciò voglia dire che i fatti scoperti rimarranno segreti, Mandela risponde: «Non credo che dovremmo esporre le persone. Si chiederanno confessioni al solo scopo di raccogliere prove riguardo alle richieste di indennità che verranno avanzate. E questa sarà la conclusione della faccenda. Non ci sarà alcuna proI clamazione pubblica del reato glio delle schede che è stato commesso». Riguardo a come intende affrontare gli estremisti di destra, il leader dell'Anc dice: «Non dobbiamo dimenticare che anche il National Party di De Klerk era una volta sulle stesse posizioni della destra di oggi». Le armi più efficaci contro l'estrema destra, dice, sono «il dialogo, la persuasione, la critica, non la coercizione», tutte cose che hanno funzionato con i «nazionalisti». Mandela rivela di aver avuto colloqui segreti con la clandestina «Broederbond» (formazione razzista bianca, ndr), i leader conservatori di diverse organizzazioni di agricoltori bianchi, e il guru della destra Carel Boshoff. Ha incontrato pubblicamente per quattro volte il capo del Freedom Front, generale Constand Viljoen, tre volte quello del Partito conservatore, Ferdie Hartzenberg, e due volte l'intera leadership della Chiesa riformata olandese (che fino a pochi anni fa riconosceva la segregazione razziale come cosa voluta da Dio, ndr). «L'ho fatto - spiega - perché voglio che il processo sia inclusivo. E ho fatto bene». David Beresford Copyright «The Guardian» e per l'Italia «La Stampa»

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