Incatenò la figlia assolto

Bari, il padre voleva impedire alla ragazza drogata di scappare Bari, il padre voleva impedire alla ragazza drogata di scappare Incatenò la figlia, assolto La sentenza: «Non è punibile perché ha agito in uno stato di necessità» La giovane veniva legata alla caviglia, ora è riuscita a disintossicarsi BARI. Non è reato incatenare un congiunto per impedirgli che si droghi. Una vicenda cominciata nel dicembre del '92 si è conclusa con l'assoluzione di un camionista portato sul banco degli imputati dalla figlia e ora scagionato dal tribunale dall'accusa di sequestro di persona continuato. Motivo: agì in stato di necessità. Il pubblico ministero aveva chiesto la condanna a 8 mesi per Pietro Daugenti, 56 anni. Ma i giudici della prima sezione penale, dichiarandolo non punibile, hanno chiuso senza traumi una drammatica storia. Quella di un uomo che ha fatto di tutto per salvare la sua creatura e non vederla morire di overdose come un altro suo figlio. Nel '92, distrutto dal dolore per la scomparsa di Giampiero, ucciso dall'eroina un anno prima, Daugenti cercò di difendere la sua ragazza, Rosa, che adesso ha 23 anni. Era schiava dell'eroina e, temendo di perderla, la chiuse in casa legandole la caviglia. Lunga 10 metri, la catena le permetteva di muoversi liberamente, ma anche di arrivare al telefono. Fu di lì che Rosa, in crisi di astinenza, chiese soccorso ai carabinieri. Era il 1° dicembre. Così il Da sinistra: don Oreste Benzi e Francesco Cardella, due operatori impegnati da anni nel recupero dei ragazzi drogati padre finì sotto processo, con grande sorpresa della gente di Noicattaro, paese addossato a Bari in cui Daugenti vive e dove tutti lo conoscono come una «bravissima persona», perseguitato dai drammi famigliari. Dopo la scomparsa della moglie sei anni fa, Daugenti, risposatosi, si dedicò ai suoi 4 figli nel poco tempo che gli lasciava il suo lavoro di «padroncino», proprietario di un camion con il quale girava l'Italia. La sua vita diventò una tragedia quando Giampiero, 26 anni, rimase prigioniero della droga al punto da tentare di svaligiare l'abitazione della sorella maggiore e finire in carcere. Mandato dal padre a Roma, presso una zia, il ragazzo trovò un impiego in un'azienda di autotrasporti, ma fu il colpo di grazia. Anziché allontanarsene, trovò migliori canali per approvigionarsi di eroina e riprese a drogarsi. Lo ritrovarono morto a Catania. Era il 1991, e proprio in quel periodo Rosa divenne a sua volta tossicodipendente. «Scappava di casa racconta la sorella maggiore - e non c'era verso di fermarla. Mio padre era disperato, non le avrebbe mai fatto del male. La incatenò perché non sapeva che altro fare per salvarla. Vivevamo nel terrore». Rosa raccontò ai carabinieri i particolari della sua «prigionia». «Lo comprendo - disse - mi vuole bene, ma io senza droga non resisto». Oggi Pietro Daugenti non ha più il camion, lavora saltuariamente come autista. Segue la figlia che non si droga più. Rosa si sta disintossicando al gruppo operativo tossicodipendenze di Trigiano, un paese vicino, e attende di entrare in una comunità. Sandro Tarantino

Persone citate: Francesco Cardella, Oreste Benzi, Sandro Tarantino

Luoghi citati: Bari, Catania, Italia, Noicattaro, Roma