Tacciono i poliziotti corrotti di Claudio Cerasuolo
In tribunale perché proteggevano una banda di spacciatori In tribunale perché proteggevano una banda di spacciatori Tacciono i poliziotti corrotti Un ispettore e un sovrintendente accusati da un pentito Al presidente: «Mi avvalgo della facoltà di non rispondere» «Mi avvalgo della facoltà di non rispondere», così hanno cercato di uscire di scena due poliziotti, l'ispettore Francesco Costantino e il sovrintendente Antonio Fusco, arrestati nell'ottobre dell'anno scorso con l'accusa di aver protetto l'attività degli spacciatori, e il pentito Antonio Mangione. Questi tre sono stati chiamati a testimoniare ieri ad un processo iniziato in terza sezione del tribunale contro quattro trafficanti di eroina: Michelangelo Alesso, 35 anni, e della moglie Gioachina, 37 anni, di Giovanni Carnazza «Giannuzzo», 22 anni, l'erede di uno dei clan più potenti in città, e di Giuseppe Di Domenico, «zio Pippo», imputati di un vasto traffico di droga in Piemonte. I difensori degli imputati hanno sollevato un'eccezione sulla acquisizione al fascicolo del pm dei rilievi fotografici e dei verbali con le deposizioni dei due poliziotti e del pentito, ma il tribunale l'ha respinta e ha acquisito quegli atti. La lettura di questi verbali offre uno spaccato impressionante del livello di corruzione raggiunto dai due poliziotti, grazie anche al pentito Antonio Mangione, che per i suoi brillanti «servizi» ha ricevuto ricompense dal ministero di Grazia e Giustizia. I brillanti servizi di cui si parla risalgono al settembre del '92. Mangione, arrestato tre mesi prima, decide di collaborare e diventa il confidente di Costatino e Fusco. I due poliziotti a poco a poco si lasciano irretire e finiscono per diventare complici del trafficante. Questa la deposizione resa allora dall'ispettore Costantino: «In un'occasione ho assistito io stesso ad un incontro tra il Mangione, zio Pippo e Giannuzzo. Il Mangione salutò quest'ultimo e mentre gli stringeva la mano ho avuto la sensazione che il Giannuzzo stessopassasse un piccolo involucro al Mangione, che peraltro ci aveva già avvisati che così venivano effettuate le consegne. Non ci fu modo di intervenire perché non avevamo predisposto un adeguato servizio di macchine». «Un'altra volta che io non ero presente, Fusco mi telefonò per dirmi che c'era stata una consegna, Carnazza aveva consegnato a Mangione un involucro con uno o due etti di stupefacente. Era in auto con Mangione e mi chiedeva che cosa doveva fare. Io gli dissi di sbrigarsela». Anche Fusco aveva ammesso: «Mi incontrai con Costantino e Mangione. Costantino mi disse che Mangione aveva ritirato dei campioni, li aveva in mano, non credo fossero due etti, era un involucro piccolo. Costantino mi chiese se potevo accompagnare Mangione a casa a Santena per evitare che lo fermassero lungo la strada. Alla fine accettai, durante il viaggio tenni io il pacchetto e glielo riconsegnai quando arrivammo a destinazione». Anche il pentito Mangione aveva rivelato: «Una volta feci presente a Costantino che Michele Ferrara, Giannino Carnazza e lo zio Pippo chiedevano della lidococaina, e lui mi diede otto etti che divisi tra i tre. In varie occasioni Costantino mi accompagnò a ritirare la roba seguendomi con la macchina della polizia e altri poliziotti in macchine civili. Ma gli unici che erano presenti al traffico erano Costantino e Fusco». «Per me era molto vantaggioso andare a fare gli acquisti da Carnazza, o da zio Pippo accompagnato dalla polizia, che mi lasciava fare in vista di futuri eventuali interventi. Io poi vendevo la roba per conto mio». Claudio Cerasuolo Chiamati come testi in un processo a trafficanti di droga ma A sinistra Di Domenico, «zio Pippo». In alto Alesso, 35 anni
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