« Umiliate da una sentenza » di Barbara Alberti
s « Umiliate da una sentenza » Barbara Alberti: per noi è un insulto LE DONNE s AREBBE troppo facile definirla una sentenza maschilista. In realtà ò il prodotto di un ragionamento superficiale c stupido che dimostra come ancora non sia chiaro, a certe menti, il concetto di violenza. E' il riassunto dei commenti femminili sull'argomento. Nessun riferimento al caso della donna siciliana, di cui si hanno informazioni insufficienti per poter formulare un'opinione. Ma la domanda ò questa: ò possibile fare violenza a una donna costringendola a un rapporto orale? Alcuni giudici della corte di Cassazione sembrano convinti che non lo sia. «E mi sembra una grossa sciocchezza - commenta la ginecologa e scssuologa Alessandra Graziottin -. Una minaccia fisica ed emotiva ò in grado di far compiere qualsiasi gesto, di coartare completamente la volontà della vittima». I giudici indirettamente suggeriscono, ammiccanti, la soluzione, proprio come fanno i manuali di difesa personale, e questa come quelli crollano misera¬ mente di fronte a un coltello, una pistola o, semplicemente, a pugni e calci. Continua la dottoressa Graziottin: «Un bel morso al momento giusto, non è vero? Ma per reagire in quel modo occorre avere un'autonomia di decisione che, in una situazione di terrore, non si ha». Ha bisogno di «contare fino a cento» e di fare qualche bel respiro lungo e rilassante Franca Rossi, caporedattrice di Cosmopolitan, prima di commentare l'exploit della Cassazione. Poi attacca con due parole che dicono tutto: «Indignata e inorridita». E prosegue: «Non vedo quale differenza ci sia tra far violenza a una donna in un modo... o nell'altro. Mi viene in mente un film di Brian De Palma dove si costringe un carcerato a fare qualsiasi cosa con la "promessa" di fargli saltare i denti per poterlo rendere più idoneo a svolgere certi "lavoretti" ai mafiosi. Ma com'è possibile che si sia ancora a questo punto? Se non è "tecnicamente probabile" quel tipo di violenza perché si può reagire mordendo, allora non lo è neanche l'altra, perché ci si può difendere con un bel calcio dove dico io...». La scrittrice Barbara Alberti era insorta contro la liberazione di Lorena Bobbit, perché non è con la violenza che si risolvono certe cose. «Ma questa sentenza - osserva - mi pare davvero grave. Non pensano, i giudici, che cosa vuol dire difendersi da quell'atto? Certo, io gli dò un bel morso, e lui mi stacca la testa a cazzotti!». Tono pacato e misurato come sempre, ma altrettanto indignato, quello di Enza Sampò: «Se sei sotto la minaccia fisica o psicologica c'è poco da fare... Rattrista una sentenza del genere, ma fino a quando non si parlerà di reato contro la persona, bensì di reato contro la morale, tutto sarà possibile». Nei commenti delle donne si evidenzia come a rattristare sia soprattutto l'ottusità di chi individua la violenza soltanto nel suo apice e trascura ogni tappa precedente: l'aggressione verbale, la coercizione psicologica, la brutalità delle minacce. La violenza è prima di tutto mettere una persona in uno stato di umiliazione e di cieco terrore. E ogni «vivisezione» su dove e come l'ultimo atto venga consumato è soltanto una violenza in più. [r. cri.] demarosumohiao di dei go al cui M 1 mimm La scrittrice Barbara Alberti
Persone citate: Alessandra Graziottin, Barbara Alberti, Brian De Palma, Enza Sampò, Franca Rossi, Graziottin
Luoghi citati: Lorena Bobbit
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