Celle prigioni e osservatori un libro li racconta

Celle, prigioni Celle, prigioni e osservatori: un libro li racconta OME immagine della solitudine (ascetica e in molti casi anche scema) la Torre d'Avorio nasce nel 1837, da una cattiveria di Sainte-Beuve contro Alfred de Vigny. Ma la vera Turris ha una storia assai più lunga e strana. «Il tuo collo è come una torre d'avorio»: tutto un arsenale di metafore - la Turris Eburnea, VHortus Conclusus... - passa dal Cantico dei Cantici alle litanie della Vergine, e di lì prosegue. Perché la torre, e perché l'avorio. Stephen Dedalus se lo chiede fin da bambino: «Una sera, mentre giocavano a prendersi, Eileen gli aveva messo le mani sugli occhi: lunghe bianche sottili fredde e morbide. Era l'avorio: una fredda cosa bianca. Ecco il senso di Turris Eburnea». Il senso è il tatto: la Torre d'Avorio incarna ciò che si vuole toccare, e non si può. Per questo nell'Innocente di D'Annunzio, Tullio Hermill si rassicura quando lo spasimante di sua moglie le dedica un libro chiamandola «Turris Eburnea». Tullio conclude: «La Torre d'Avorio doveva essere dunque ancora intatta». Non lo sarebbe rimasta a lungo. Come rifugio per anime belle e perdita di contatto con la realtà, la Torre d'Avorio non è meno precaria: «Pervenuti al fastigio la turris eburnea la pencola», diceva Gadda. E persino Flaubert lamentava: «Ho sempre cercato di vivere in una torre d'avorio, ma una lurida marea ne investe le mura, minacciandone le fondamenta». Nessuna dimora si conservava intatta, immacolata. Rimane il candore di un'illusione autarchica. La riconosciamo nelle case (?) della vita, nelle isole deserte, nei castelli e nelle montagne incantate. Il nonno di Thomas Bernhard raccomandava al nipote gli ospedali come necessari «quartieri del pensare». E la Turris, allora, o è collo (?) femminile o è malattia. Carlo Emilio Gadda. A sinistra, Escher, «Metamorphose» (particolare)

Persone citate: Alfred De Vigny, Avorio, Carlo Emilio Gadda, D'annunzio, Flaubert, Gadda, La Torre, Stephen Dedalus, Thomas Bernhard, Tullio Hermill

Luoghi citati: Ome