Consolo

Consolo Consolo «Al caldo, la mattina nella trincea milanese» P~ ER Vincenzo Consolo la torre d'avorio consiste soprattutto in un luogo caldo: all'alba, o quasi. «Lavoro in pigiama e veste da camera, a temperature tropicali che spesso affliggono la mia famiglia; da giovane scrivevo di notte, da molti anni è la dimensione mattutina che mi appare particolarmente bella, sento una verginità della mente, della fantasia che si appanna ai primi rumori, alle prime notizie del mondo...». Nessuno studio, il grande tavolo da pranzo perennemente occupato, «con dannazione di mia moglie». Consolo ha i suoi feticci: molte incisioni, stampe e, il pezzo più caro, una copia della maschera mortuaria di Leopardi: «Senza B A R N U M LO SPETTACOLO DELLA SETTIMANA averla prima guardata non potrei mai mettermi al lavoro». Soprattutto tre biblioteche, la più amata delle quali è in Sicilia, la sirena che qualche mese fa lo aveva convinto a tornare a «Itaca». Ma ora ha cambiato programma. «Ho constatato che in Sicilia non riesco a lavorare, perché Itaca è sparita, è un'utopia... Sto scrivendo un libro, L'ulivo e l'olivastro, proprio sulla paura del ritorno in un luogo che non esiste più». Così ha deciso di restare in armi, sulla linea del fuoco: «Non concepisco un artista che viva fuori dal proprio tempo, meno che mai un narratore, portato fatalmente al contesto storico-sociale del suo tempo». Per Consolo, la torre d'avorio forse è Milano. [m. app.l

Persone citate: Consolo, Vincenzo Consolo

Luoghi citati: Milano, Sicilia