«Pacciani un'esca per il vero killer»

Firenze, il difensore: processo civetta per snidare l'autore dei 16 delitti Firenze, il difensore: processo civetta per snidare l'autore dei 16 delitti «Faccioni, un'esca per il vero killer» // legale: sono sicuro che è vivo, ha dato un segnale «E9 inquieto, ma ha chiuso con gli omicidi nell'85» Killer assolti Vedovo nero sconfitto in radura presso Vicchio, in Mugello, dove nell'84 furono ammazzati Piera Ontini e Claudio Stefanacci. La profanazione venne scoperta alcuni giorni prima dell'inizio del processo. Dice l'avvocato: «Il vero mostro è un pazzo religioso che odia le donne e che a una delle sue vittime, per esempio, strappò dal collo una catenina d'oro con una croce». Speranze? «Sì, che lui si scopra. E' inquieto, molto inquieto». Allora, potrebbe anche colpire di nuovo? ((Avrebbe potuto farlo, ma non lo ha fatto». Perché, avvocato? «Penso che abbia chiuso con il delitto del 1985, tanto è vero che poco dopo si disfece di 35 proiettili serie H trovati poi in un viottolo nei pressi di Poggio a Caiano». Ma non sarebbe tutto: appare attivo, il «vero mostro»: «Scrive lettere, manda messaggi di ogni tipo. Anche la lettera contenente un lembo di seno di Nadine Mauriot, la turista francese ultima vittima uccisa a San Casciano, inviata al sostituto procuratore Silvio Della Monica, e le altre tre a Vigna, Fleury e Canessa con bossoli e parti di guanti da chirurgo sono segnali che vanno in questo senso, che dicono la sua intenzione di chiudere». E allora? «Se Pacciani non è l'assassino, come son certo non è, ora il mostro si starà sicuramente agitando. Del resto lo sanno anche i magistrati, tant'è che la sorveglianza nelle campagne intorno a Firenze è stata rafforzata». Processo singolare, questo, combattuto più fuori che dentro l'aula, almeno fino a oggi. Sale il nervosismo e ieri il presidente Enrico Ognibene ha apostrofato il pubblico ministero Canessa: «Lei deve procurarci i testi perché possiamo andare avanti in fretta». Il pubblico ministero ha ribattuto: «In ogni modo siamo andati avanti, abbiamo ricostruito già due fatti». E vorrebbe aggiungere i delitti del 68 e del 74, ma il presidente non è d'accordo: «Credo che sul primo ci sia ancora molto da fare». E forse è vero, su quello che accadde a Signa ancora nessuno degli inquirenti ha le idee chiare. Venne trovato un sospetto che mostrò presto l'aspetto del colpevole: Stefano Mele. Era il marito di Barbara Locri e lei era stata ammazzata mentre in auto si preparava a fare l'amore con Antonio Lo Bianco. Mele confessò, ma dette anche dei riscon¬ tri, ricorda ora il tenente dei carabinieri Gerardo Matassino, allora maresciallo. Dice: «Noi cercavamo una seconda persona perché Mele era piccolo, seminfermo di mente. Era stato lui stesso a far capire che c'era un altro, non lo aveva detto chiaramente, d'accordo, però lasciava dubbi. E poi ci raccontò di aver sparato otto colpi: furono trovati cinque bossoli, ma l'autopsia gli dette ragione, quei due erano stati raggiunti da otto proiettili». I tre lembi di pelle fatti pervenire alla Procura, e agli avvocati difensori, con buste anonime, non sono utilizzabili, ha detto Francesco Donato, il dirigente della Scientifica. «Nessuno dei lembi presenta dei nuclei»: impossibile fare qualsiasi analisi. Quel maledetto scarabocchio colorato di giallo e attribuito a Pacciani Pietro, specchio presunto della sua fantasia malata, è ancora lì che volteggia basso nell'aula-bunker dove la Corte d'Assise giudica il «mostro» presunto di Firenze. 0 meglio, non c'è ma è come se ci fosse, e semina veleno. La pubblica accusa non ha ancora assorbito il colpo: l'inquietante dipinto del cileno Christian Olivares è stato lo strumento per un harakiri clamoroso. E' una proiezione dell'animo dell'imputato, un «elemento importantissimo», aveva proclamato il pubblico ministero Paolo Canessa. Uno scivolone, che cosa significa? «Vuol dire che il procuratore Vigna sta facendo questo processo per indurre il vero "mostro" a scoprirsi», dice l'avvocato Rosario Bevacqua, difensore del contadino accusato degli otto duplici omicidi. E rincara: «Non si tratta di utilizzare Pacciani. Gli inquirenti sono convinti di certe cose, ma gli elementi su Pacciani non son tali da far reggere l'accusa e Vigna, che è un magistrato di grandissima intelligenza, si sarà fatto certo altre ipotesi fra cui quella di snidare il vero mostro». Come il procuratore Vigna? Ma non è il dottor Canessa a rappresentare l'accusa? Bevacqua sorride furbo, come a far capire che il processo è creatura legittima del procuratore di Firenze, il «Granduca» come lo chiama qualcuno. Cos'ha da dire, dottor Vigna? «Ma che cosa c'è da dichiarare? Replicherà il pubblico ministero in aula». Però l'avvocato Bevacqua si riferiva a lei... «Ma non ritengo di dover commentare una frase del genere, insomma sono cose, queste, che non meritano alcun commento. Ma davvero si deve star dietro a queste cose?». Chissà! L'avvocato Bevacqua una certa sua idea però ce l'ha, e da tempo: l'infortunio dell'accusa pubblica sul dipinto ha dato alla difesa un vantaggio non sperato, forse, e non è davvero il caso di gettarlo alle ortiche. Così l'avvocato insiste: «Sono sicuro che il vero assassino è vivo». Come, sicuro? «Un mese fa ha fatto arrivare un segnale inequivocabile». Quale segnale, Bevacqua tergiversa, poi parla delle croci innalzate nella E Vincenzo Tessandori REPLAY FATALE LFIRENZE E immagini passano lente sul maxischermo a colori, troppo lente, un indugio sgradevole. Il professor Mauro Maurri, capelli cenere e occhi azzurri, disserta sul macello mostrato in quelle foto: due giovani uccisi a colpi di pistola e di coltello, un uragano di coltellate, sangue dappertutto. Il medico legale ha compiuto le autopsie sui corpi di 14 delle 16 vittime del «mostro di Firenze» e quella mostrata dalle foto è la prima volta che ha esaminato i corpi. Non lo sa che l'assassino è il «mostro», per il momento tutti ignorano che esiste un maniaco che uccide le coppiette, nessuno ha ancora collegato i colpi della Beretta calibro 22 a canna lunga. E' la notte fra il 14 e il 15 settembre 1974, notte fra sabato e domenica, notte di novilunio. Un carabiniere di scorta all'imputato ondeggia appena, nessuno nell'aula bunker lo no- CALTANISETTA. I giudici non hanno dato alcun credito alla vedova nera di Sommatino, Maria Stella Gentile, di 34 anni, che ha accusato due pregiudicati di averle assassinato il marito Calogero Mancuso, 34 anni, anche lui con una lunga sfilza di precedenti penali. Il delitto avvenne il 24 gennaio 1990. Gli imputati sono stati assolti ieri dalla Corte d'Assise di Caltanissetta presieduta da Renato Di Natale dopo un'ora di permanenza in camera di consiglio su conforme richiesta della p.m. Antonina Sabatino. Sono Vincenzo Pillitteri e Gioachino Giorgio di 36 e 54 anni. La donna è stata smentita su tutta la linea, ma principalmente a proposito di quanto aveva riferito mesi dopo il delitto sostenendo di aver concesso una notte d'amore a un ragazzo, S. B., per strappargli i nomi degli assassini dei quali egli sarebbe stato complice e che addirittura gli avrebbero fatto bere il sangue della vittima come in un sacrificio barbaro per vincolarlo al «segreto eterno». Processato dal tribunale per i minorenni perché all'epoca dei fatti era poco più che diciassettenne, S. B. fu assolto in primo e in secondo grado perché aveva negato tutto, o quasi tutto. Infatti il ragazzo aveva sostenuto, e l'ha ribadito ora nel processo in Corte d'Assise a Giorgio e Pillitteri deponendo come testimone, di aver assecondato la donna pur di infilarsi nel suo letto e di aver poi chiamato in causa i due «altrimenti lei avrebbe troncato la relazione con me». E la donna, più volte comparsa per questa sua storia «terribile» su giornali osé? Da accusatrice, da vedova-poliziotto si è vista costretta a difendersi dall'insinuazione, del resto circolata fin dall'inizio in paese, che la sua era stata più che altro una messinscena per mascherare la sua «pazzia» per quel bel ragazzo con la metà circa dei suoi anni che le avrebbe fatto perdere la testa. Maria Stella Gentile aveva dichiarato che Giorgio e Pillitteri con la complicità del ragazzo, da lei poi attratto per farlo confessare, avevano ucciso suo marito credendolo autore di alcuni furti ai loro danni. [a. r.) Nella foto grande alcune persone circondano il carabiniere, a terra, svenuto. Nella foto piccola Pietro Pacciani I tre lembi di pelle inviati ai giudici inutili per le indagini