Insulti Occhetto-Mussolini

Insulti Occhetto-Mussolini Insulti Occhetto-Mussolini MELANO. Scontro senza esclusione di colpi a Milano Italia fra Alessandra Mussolini ed il segretario del pds Achille Occhetto. Durante la trasmissione Occhetto aveva definito Benito Mussolini «un mascalzone». Qualche minuto più ta~di è giunta in diretta la telefonata di Alessandra Mussolini che ha chiesto ad Occhetto se fosse vero che alcuni dirigenti del pds hanno preso soldi per lui, e se fosse vero che pds e psi hanno governato insieme in alcune città. La Mussolini ha definito Occhetto «il primo dei mascalzoni, ed un gran ladrone». Pronta la replica del segretario del pds: «La nostra è una generazione che è entrata in politica perché aveva i propri padri e le proprie madri che hanno fatto una battaglia durissima per sopravvivere alla vergogna del fascismo e quindi io, nella Repubblica democratica, su Mussolini posso dire quello che voglio». [Agi] del Consiglio Berlusconi». Una frase del repertorio del vecchio «politichese» che pare dire che la Lega insiste fermamente per avere il ministero dell'Interno. E, magari, qualche altro ministero che le permetta di controllare le attività berlusconiane nel campo dell'informazione (Industria, Poste). Sulla dirittura di arrivo, Berlusconi trova ancora questi due ostacoli che potrebbero anche ritardare l'incarico. Scalfaro concluderà le consultazione questo pomeriggio, alle 18, ascoltando l'ex presidente della Repubblica, Cossiga. Subito dopo potrebbe annunciare l'incarico a Berlusconi, visto ON si chiama più de. Non è più il partito di maggioranza relativa, ma una forza politica di dimensioni piuttosto ridotte. Eppure, ancora oggi, proprio come ai «bei tempi», a piazza del Gesù la fase precongressuale si trascina per mesi e mesi. Le grandi manovre sono già iniziate. E ognuno gioca le proprie carte. Roberto Formigoni ieri ha gettato sul tavolo le sue e si è candidato alla segreteria del partito popolare in contrapposizione alla «sinistra» di Bindi, Mancino, Mattarella e Andreatta. «Ho dato la mia disponibilità - precisa - perché penso che questa mia iniziativa possa aprire finalmente un dibattito all'interno del partito. C'è bisogno di chiarezza sulla linea politica. E invece, dopo il disastroso risultato elettorale, l'attuale reggenza continua a far finta di niente pur di non cambiare strategia». Ma che cosa intende Formigoni per «fare chiarezza»? «E' semplice - spiega -: con questo sistema elettorale il terzo polo non esiste più. Bisogna scegliere: stare di qua o di là, a centro-destra o a centro-sinistra». E invece, secondo l'esponente del ppi, Jervolino, Bindi, Mattarella «insistono con la favola del restare al centro, in una situazione stagnante: e questo è un modo surrettizio per trascinare il ppi verso il pds, cioè verso il suicidio». Dunque Formigoni continua la sua battaglia contro la «sinistra» interna. E le avvisaglie dell'inasprirsi di questa contesa erano nell'aria già venerdì scorso. All'indomani dell'elezione dei vicepresidenti della Camera, l'esponente del partito popolare confidava: «Gabriele De Rosa mi aveva proposto per una vicepresidenza. Però non c'è stato niente da fare. Contro di noi, da parte della sinistra, è in atto una vera e propria operazione di pulizia etnica. La verità è che Martinazzoli se ne è andato, ma il segretario rimane sempre lui». La candidatura di Formigoni alla segreteria sembra però far parte di una più ampia strategia, che ha come obiettivo reale quello di portare Buttigliene alla guida di piazza del Gesù. Il filosofo, infatti, parte svantaggiato. Per due motivi. Perché non appare troppo ostile nei confronti di Berlusconi e perché dentro il partito la «sinistra» ha la maggioranza. Quindi ha una sola possibilità di che tutti gli alleati lo hanno indicato. Ma il problema delle «garanzie» da dare sul distacco dalle sue aziende potrebbe allungare un poco i tempi. «Prevedo che entro domani o giovedì mattina al massimo, Silvio Berlusconi avrà l'incarico per formare il governo» spiega il leghista Maroni. Un modo per dire che non tutti i problemi son risolti e che per oggi ci sarà da aspettarsi un sussulto di conflittualità all'interno della maggioranza. Già ieri c'erano i segnali premonitori. L'ipotesi del «garante» è stata demolita dalla Lega («è inconcepibile» secondo Miglio) ma anche da quasi tutti gli altri partiti. Per Segni è «ridicola», per il ministro Costa è «curiosa e irrealizzabile». «Garante di che?» si chiede il pri. «La sola strada è la dismissione da parte di Berlusconi delle partecipazioni alla Fininvest» sostiene il pidiessino Bassanini. Quasi a far da mediatori, due personaggi della minoranza ma simpatizzanti per Berlusconi (Michelini e Formigoni), propongono un mix di «blind trust», ovvero monopolio cieco senza guida berlusconiana, e di garanti. Si vedrà tra breve come Berlusconi risponderà a tante pressioni convergenti che mettono in ballo la sua cre¬

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