«Non temo la gente cerco di capire»

«Non temo la gente, cerco di capire» «Non temo la gente, cerco di capire» MILANO. Bossi, dal corteo l'hanno cacciata... «No. A me stare in mezzo alla gente che applaude o fischia fa lo stesso. Non ho paura. Cerco di capire...» E cos'ha capito? «. :„ «Che il messaggio delle sinistre mi sembra preciso: siamo pronti a portare lo scontro nelle piazze». Si aspettava questa contestazione? «In una manifestazione di queste dimensioni, caricata come l'hanno caricata le sinistre di altri significati, quello che è successo mi sembra quasi normale». E il «messaggio» delle sinistre? «Io lo leggo così: se il sistema politico diventa alternativo, e lo diventa anche in Parlamento, taglia fuori completamente le opposizioni. Non esiste più il con- sociativismo, non hanno altra possibilità di intervento. Non restano che le piazze». Se questo è il segnale qual è la sua risposta? «Il segnale è a noi perché è la Lega che può fare o disfare il governo. Possiamo entrare, ma se non entriamo salta tutto. Ci sentiamo la responsabilità di governo, perché se non nascesse allora sì che i pericoli per la democrazia e il Paese si farebbero gravi». Contestano l'accordo con Alleanza nazionale... «Noi non tolleriamo alcuna ombra di indulgenza o compromesso con il fascismo. Abbiamo preso atto dell'annuncio revisionista di An, ma non abbassiamo la guardia. Siamo pronti alla controffensiva, se sarà necessario». [g. cer.] Standa è presidiata, non si sa mai. «Quarantotto carabinieri con il mitra», telefonano a Radio Popolare. Segnalano che la Lega è ancora bloccata all'altezza di viale Tunisia. C'è Speroni, c'è il deputato mantovano Uber Anghinoni che si è preso una strana palla piena di vernice, c'è la deputata Simonetta Faverio che al telefonino dichiara «resistiamo eroicamente». Il Grande Corteo sfila davanti ai leghisti e ai carabinieri. Anche lì ce n'è per tutti: «Fascisti!», «Buffoni!», «Scemi, scemi!». Speroni, con fascia azzurra da europarlamentare, prote¬ sta: «Quando ci muoviamo?». Mai, o comunque a corteo quasi finito, sarà la risposta. E allora, dopo un altro po' di bottiglie di plastica che volano, i leghisti cominciano a pellegrinare lungo i bastioni di Porta Venezia, per ogni leghista quattro agenti. E intanto anche il sindaco Formentini ha il suo accompagnamento di insulti. Gli sfilano accanto, gridano «bastardo!», lui magari manco li sente, e se ne vanno. Un Grande Corteo, per Formentini, quasi tutto così. Almeno fino a Palazzo Marino, dove Bossi sbuca e si aggrega, ma in Piazza Scala, dopo gli ultimi assalti ravvicinati, la diplomatica decisione: «Umberto, andiamo a casa mia a cambiarci». Quando Aldo Aniasi, il comandante Iso poi diventato sindaco di Milano e deputato psi, comincia a parlare dal palco di Piazza Duomo, Formentini non c'è. Da casa detta: «Sapevo che sarebbero arrivati parecchi treni da tutt'Italia pieni di facinorosi. La democrazia non è solo chi grida più forte, la democrazia è un fatto di responsabilità». Parla Aniasi, e poi Paolo Emilio Taviani, e poi chiude Arrigo Boldrini. La piazza, zeppa e zuppa, non tiene tutto il Grande Corteo. C'è chi si ripara sotto i portici. Chi, come Giuseppe Ayala, che sceglie il tavolino del Salotto per un caffè. Chi, come Antonino Caponnetto, che si arrrende e se ne va. Ma è proprio Caponnetto, senza rendersene conto, a rischiare di più. Succede che si ritrovi in Piazza della Scala pro¬

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