A Milano l'ltalia che ricorda di Giovanni Cerruti

A Milano Pltalia che ricorda A Milano Pltalia che ricorda Contestati la Lega e il sindaco Formentini E «Violante!», «Fassino!», «Pellicani!», «Bassolino!». Sommessi «Ciao Del Turco, ci sei anche tu?». Nessuno s'accorge o riconosce Pierluigi Romita, che gli sta accanto. Applausi per Giorgio Napolitano e Alessandro Curzi. Per Occhetto niente, anzi: dov'è? Marciando controcorrente arriva con un quarto d'ora di ritardo, e passa davanti a una perfidia di Mario Capanna: «Achille mio, sei in ritardo anche qui...». Ma finalmente c'è anche Occhetto, e il corteo si blocca: intervista a Curzi. I canti, i cori, i vecchi agitprop che vendono «Lotta Comunista» e gridano «il proletariato non ha nazione, internazionalismo rivoluzione!». Sempre gli stessi, con vent'anni in più, e non s'accorgono di esser finiti dalle parti del Partito Popolare, dove cantano a bassa voce un «Glory glory alleluja, glory glory alleluja...». C'è Rosa Russo Jervolino, c'è Rosy Bindi, c'è Tina Anselmi. Mino Martinazzoli, orgoglioso come un corazziere, se ne sta parecchio più indietro, vicino al gonfalone della sua Brescia con Pierluigi Castagnetti e Carlo Grazioli. Non ha fotografi attorno e deve stringere troppe mani che gli danno ragione: «Ma deve tornare!». Laggiù in fondo, quasi a Piazzale Loreto, segnalano che la Opartigiano/ portali via...» cantano gli studenti sotto la pioggia. Sfilano sotto le maschere di cartapesta di Bossi, Fini e Berlusconi raffigurato con volto gluteiforme e cappuccio nero: un'allegoria. Danzano, suonano i tamburi. E cantano, cantano. Adattano «O Bella Ciao». Stonano «O sole mioooo!», tra uno scroscio e l'altro, col naso in su: ottimismo della volontà. Ma il cielo sopra Milano non è posto per angeli. Ogni tanto, un elicottero. Fischiatissimo. «E dai, Berlusca, piantala di buttare giù acqua!». Sono i giovani di sinistra. Esistono. Anzi, ci sono quasi soltanto loro. Accanto a qualche anziano partigiano e radi, ondivaghi gruppetti di quarantenni in pieno trip da Grande Freddo. Sono qui, nonostante gli opinionisti laureati abbiano deciso da tempo che «i giovani non sono di sinistra». I Jovanotti invece sì, tu pensa. Sono qui nonostante «li abbiamo allevati a toyotismo e Nutella» come scrive Giorgio Bocca. E poi: karaoke, videogames, un milione di spot all'anno. E l'esempio dei padri che suonavano alla chitarra «Contessa» e adesso fanno i registi al Costanzosciò, oppure dirigono Studio Aperto. Nonostante la scuola «che non insegna la storia e neanche il resto». Oggi non c'è lezione. Però interrogano i giornalisti. «Chi era Badoglio?» «Che ne sapete del 25 aprile?» «Che cos'è per te la libertà?». La maggior parte degli esaminandi arrangia in marcia risposte da sei meno meno. Uno sveglio spiazza il supplente del Tg3: «E per te, che cos'è la libertà?». Il cronista che è anche uomo, direbbe Mina, abbozza, tace e forse pensa. Ma è un attimo: «E Ferruccio Parri lo conosci?». I giovani demonizzati. Peggio, pivettizzati. Ma quando mai? La piccola divetta lombarda è uno dei bersagli preferiti degli slogan. Un, due, tre, in coro: «Non BOSSI prio mentre arriva il piccolo corteo della Lega. E qui c'è l'ingorgo, tra chi lascia la piazza e chi arriva, tra carabinieri che se ne vanno e poliziotti che arrivano, tra la sirena della scorta che porta Giovanni Spadolini alla Villa Reale per il ricevimento d'onore e un gruppo di bandiere di Rifondazione Comunista che ondeggiano verso quelle della Lega. Insomma, il O-iOS. Con la piazza che ondeggia proprio mentre Caponnetto, l'impermeabile sulla testa per proteggersi dalla pioggia, è quasi schiacciato in un angolo. Ma adesso, in Piazza Duomo, i comizi stanno per finire, la pioggia anche, leghisti e rifondatori cedono alla pioggia e a Villa Reale sta per iniziare il ricevimento. La banda civica, con il Tamburo principale della banda d'Affori, aspetta i neopresidenti di Camera e Senato, Irene Pivetti e Carlo Scognamiglio, e gli ex Napolitano e Spadolini. Il cerimoniale vuole che suonino al loro arrivo e così sarà. Spadolini è già su, s'inchina al Presidente Pivetti, ma viene travolto da Augusta Formentini: «Carissima, complimenti vivissimi...». Povero Spadolini, che dovrà mettersi in coda per sapere da Pivetti se «la mia lettera è stata recapitata?». E qui, in Villa Comunale tra tartine e champagne, si va a celebrare la fine del Grande Corteo con parole buone. Pivetti commenta: «La carta costituzionale è il nostro patto sociale e il 25 aprile è la festa della ritrovata libertà e democrazia Giovanni Cerruti

Luoghi citati: Brescia, Milano