Ressa di giovani sul convoglio speciale Panini, birra e voglia di riscossa «La destra vuole cancellare la Storia»

Ressa di giovani sul convoglio speciale Panini, birra e voglia di riscossa «La destra vuole cancellare la Storia» Ressa di giovani sul convoglio speciale Panini, birra e voglia di riscossa «La destra vuole cancellare la Storia» ma ti pare?» dice svelto Peppo che in un paio di settimane si è bevuto 7 mila chilometri ferroviari per la nuova produzione di Mixer, «Appunti di viaggio: in treno nella Seconda Repubblica». Il doppio diavolo, qui, è la coppia Berlusconi-Fini: il «capitalista che rimetterà a noi i propri debiti» e il «fascista travestito da mulino bianco». Le chiacchiere che si intrecciano da un vagone all'altro mischiano euforia e delusione, risentimento e rivincita. Ci sono risate e musi lunghi. Discussioni e sonnolenza dondolante, anche se UN FUTURO FONDATO SULLA MEMORIA prattutto, un totale e calcolato silenzio sulla inesorabile ed evidentissima concatenazione degli eventi; un mostruoso strabismo, che fa vedere certi fatti memorandi e non quelli che li precedono, e gli danno un senso. Un esempio. Qualche giorno fa Silvio Berlusconi interveniva, su uno dei nostri più diffusi quotidiani, in un dibattito sul 25 Aprile. Il senso dello scritto era tutto in queste parole: «Liberazione, Repubblica e Costituzione sono pezzi di una storia comune, appartengono in vario modo e a vario titolo a tutti gli italiani delle più diverse generazioni e delle più diverse parti». Vieri fatto di domandargli, con rispettosa (e sospettosa) curiosità: «Ma liberazione da che cosa, da chi?». In tutto l'articolo, letto e riletto, non ho trovato la risposta più ovvia: «Ma dal nazismo e dal fascismo, perdio!". una ragazza ti dice: «La sconfitta ci ha svegliato». C'è la prosa burocratica di Pochetto, neodeputato rifondatore di Bologna che fa capannello nel terzo vagone: «L'opposizione comincia da oggi, con questo segnale di piazza. Noi vogliamo rettificare la linea politica elettorale del polo progressista che è stata moderata e continuista. Le formulistiche non ci interessano più: se ci sarà unità a sinistra la costruiremo parlando di programmi, sanità, pensioni... Ma soprattutto a partire dalla parola democrazia, cuore di questo 25 aprile». E c'è la prosa nuovista di Lorenzo, studente, 26 anni: «Vincere o perdere le elezioni non è il problema, chi se ne frega, purché non si tocchino le regole che è come togliere gli accordi alla musica, non resta più niente, solo il silenzio della dittatura». A un gruppo chiedo, come chiamereste questo treno? E in mezzo a tante risposte scontate, quella di un berlinese, Michael, studente di Storia a Bologna: «Il treno dei giusti, oppure dei folli». Fidenza, Piacenza, Codogno. Senza questa comune, esplicita, onesta ammissione, resterebbe in piedi un equivoco enorme. E si dica, finalmente, che è proprio su quest'unica base - il conflitto di fondo tra libertà e tirannide che si svolse il tremendo conflitto, foriero di tanto odio, e stragi, e rovine. Senza questo definitivo riconoscimento reciproco, non ci potrà mai essere una sincera riconciliazione. Lo dico anche all'on. Fini, dall'impeccabile scaltrezza e da sottili artifizi verbali: come la distinzione, da lui escogitata, e storicamente insostenibile, tra «errore» e «orrore». Abbatta quel muro impenetrabile di mistificazione storica, ammettendo le infamie di quel regime e del suo duce: e il discorso tra uomini liberi e democratici, e soprattutto sinceri, potrà avviarsi. «Ripassili l'alpe, e tornerem fratelli». Se no, no. Ecco perché non possiamo prendere sui serio le sbrigative profferte di un intero «anno di pacificazione». E infine, per tornare a Berlusconi, mi sa dire quali potrebbero mai essere le «comuni radici democratiche e repubblicane» senza la premessa di un comune giudizio storico sulla Resistenza? Non è affatto, da parte nostra, un problema di «rivincita», di rivalsa per una sconfitta elettorale; ma solo un'esigenza di chiarezza e lealtà. E non è neppure una presunzione di storici, per giunta cattedratici, e senilmente astiosi. Si tratta, più semplicemente, del dovere della memoria. Ho sentito che a Torino sfilavano in corteo giovani con uno striscione su cui era scritto: «Chi non ha memoria non ha futuro». Al problema di cui ho parlato sin qui, se ne connette un altro di grande importanza: l'imperterrita difesa della nostra Carta fondamentale. «Almeno una pagina limpida l'abbiamo scritta: la Costituzione», ha detto in questi giorni un grande storico, e partigiano: Franco Venturi. La Costituzione del 1948 è un testo che, dopo quasi mezzo secolo, può, anzi deve essere qua e là ritoccato e migliorato e in alcuni punti, alla luce della esperienza vissuta, ringiovanito: ma senza alterarne i principi ideali, nati dalla Resi¬

Persone citate: Berlusconi, Franco Venturi, Silvio Berlusconi, Vieri

Luoghi citati: Bologna, Codogno, Fidenza, Piacenza, Torino