«Pace» con il capo della comunità ebraica

«Pace» con il capo della comunità ebraica «Pace» con il capo della comunità ebraica MILANO. Una stretta di mano e cinque minuti faccia a faccia. Da una parte lei, il neopresidente della Camera Irene Pivetti, dall'altra Cobi Benatoff, capo della Comunità ebraica milanese. Pace, dopo tante polemiche sulle dichiarazioni antisemite della cattolica rivetti? Nel pomeriggio, nel corteo dei trecentomila, i giovani della Federazione giovanile ebraica non avevano nascosto il loro pensiero sfilando dietro i cartelli con i nomi dei lager nazisti e urlando: «La razza ebraica non esiste, abbasso la Pivetti e le teorie razziste». E adesso quella stretta di mano, possibile? La parola a Benatoff: «Mi ha detto che lei non nutre alcun sentimento antisemita, mi ha spie- mezzogiorno Fabbri era già a Milano, atteso prima alla Loggia dei Mercanti, davanti al monumento ai martiri della libertà, poi al sacrario di Sant'Ambrogio dedicato ai caduti di tutte le guerre. A Milano, ospiti del sindaco Formentini, ci sono anche Carlo Scognamiglio e Irene Pivetti, numero due e tre dello Stato. Il presidente del Senato e quello della Came¬ gato che le polemiche sono nate da speculazioni giornalistiche e che lei voleva sottolineare che tra cattolici ed ebrei esistono solo differenze teologiche». Tutto chiarito, insomma? Risposta diplomatica: «Certo, mi ha fatto piacere sentire queste parole dal nuovo presidente della Camera». Abbastanza soddisfatto il capo della Comunità ebraica milanese. Felice Formentini, il sindaco, che ha fatto di tutto per favorire il chiarimento e arrivare a quella stretta di mano al termine della celebrazione del 25 aprile, dopo i brindisi al ricevimento alla Villa comunale («Un evviva a Milano, un evviva al Paese») insieme all'altro milanese illustre, Scognami^'.io. [a. z.] ra parleranno più tardi, inneggiando al «magnifico inizio di legislatura» e alla «ritrovata libertà». Intorno alla mezza, a Roma, ricompare Scalfaro. Alle Fosse Ardeatine, dove Ciampi e il sindaco di Roma Rutelli erano già stati a metà mattina, e dove nel pomeriggio si sarebbe presentato anche Cossiga. Per il Presidente è un ritorno a distanza di un mese: il 24 marzo era già stato qui, il sacrario che ricorda i 335 romani che cinquanta anni fa furono ammazzati da Kappler per rappresaglia all'azione partigiana di via Rasella. In quell'occasione Scalfaro aveva parlato a lungo, invitando gli italiani «a non disperdere la memoria di chi è morto per il Paese, perché da quel sacrificio discende la libertà di tutti noi, da qualunque parte schierati». Poi, leggendo ad alta voce la lapide che ricorda l'eccidio, il Capo dello Stato aveva sottolineato una frase: «Italiani non imprecate. Mamme, spose non piangete. Figli portate con fierezza il ricordo». Questa volta, invece, il Presidente tace: depo¬

Luoghi citati: Milano, Roma