Festa tra i clacson di Domenico Quirico

Festa tra i clacson La maratona vista da un protagonista VENTISETTE, ventotto, ventinove... Lungo corso Francia i chilometri scappano via veloci, interrotti appena dal guizzo verde della Tesoriera che ruba l'attenzione dal monotono tappeto di asfalto che inghiotte la tua fatica. Ma da Avigliana a qui, in fondo, è stata una lunga, onerosa premessa. Perché il Muro ci aspetta, noi 2000 irriducibili conquistatori della città, alla fine di corso Regina Margherita. Il Muro del trentesimo chilometro: implacabile, matematico, mimetizzato dietro un anonimo cartello. Lui è egualitario, non concede sconti, non guarda in faccia nessuno. Che tu sia l'etiope leggero doppato dall'aria degli altipiani, o il geometra alle prese con l'angustia del cardiofrequenzimetro, è lì a sbarrarti la strada. Ti annuncia che stai entrando in zone della resistenza umana poco conosciute, insidiose; e che d'ora in avanti nessun allenamento ti potrà firmare cambiali sull'arrivare al traguardo. E' qui che entra in azione la città, per abbracciarti, inghiottire la tua voglia di fermarti, per spingerti al traguardo. New York ti blandisce con le mille orchestrine di Central Park, Parigi ti coccola con i boulevard, perfino Mosca ti spinge via nascondendo tra il verde il brutto di Stalin e Breznev. E Torino? La maratona in fondo con lo sport non c'entra niente, nessuna edizione diventa leggenda perché la vince tizio o caio, dimenticati un millesimo di secondo dopo l'arrivo, esattamente come l'ultimo che passa il traguardo. Sono invece quattro, cinque ore di strana passio¬ Festa tra i clacson ne che sboccia (o dovrebbe sbocciare) tra una città e l'ultima (piccola) impresa che ognuno di noi può compiere in un mondo dove la fatica fisica è una stramba eresia. Fino a quel maledetto trentesimo chilometro il sortilegio, in fondo, ha funzionato: con un corridoio, lungo e chiassoso, di gente che si scambia le parti con i corridori a colpi di applausi, incitamenti e battute. Un sipario che nasconde le legioni di automobilisti inferociti e illude che il rombo dei clacson è un incitamento e non una rumorosa condanna. Invece in corso Casale il muro c'è davvero, non solo quello metafisico della fatica, ma fatto di spessa lamiera: migliaia di auto incolonnate e furenti, sbuffanti anidride carbonica e impazienza. Allora pensi a New York che ha dieci volte più abitanti e problemi di traffico di Torino, ma riesce per un giorno interno a consegnarsi esclusivamente ai bipedi correnti o plaudenti. E ti senti un po' colpevole e ridicolo con la tua cannottierina e il tuo numero sulla pancia. Ti aiutano, per fortuna, i chilometri nel Valentino fatti di alberi e di gente, e il rettifilo di via Roma, dove finalmente la maratona è spettacolo doppio, di chi la corre e di chi la guarda. Scusate, forse abbiamo sbagliato a sognare che le strade fossero nostre per tre ore. In fondo Filippide non ha mai disturbato il traffico del Pireo o dell'Acropoli. E' giudiziosamente schiattato alle porte della città. Domenico Quirico

Persone citate: Breznev, Stalin

Luoghi citati: Avigliana, Mosca, New York, Parigi, Torino