Shipway bel programma tutto di musiche inglesi di G. P.

Shipway, bel programma tutto di musiche inglesi Il concerto Rai all'Auditorium, con Vandersteene Shipway, bel programma tutto di musiche inglesi TORINO. E' difficile allestire un bel programma tutto di musiche inglesi: Albione, maestra al mondo civile in tante cose di prima importanza, non ha prodotto valori musicali altrettanto originali; ma Frank Shipway c'è riuscito molto bene nel Concerto Rai all'Auditorium, aprendo con una breve pagina di Arvo Paert, che inglese non è ma ha scritto un «Cantus» in memoria di Benjamin Britten pieno di «inglesità», e proseguendo a ritroso dalle «Illuminations» dello stesso Britten alle «Enigma Variations» di Edward Elgar. Il fascino delle «Illuminations» su versi di Rimbaud resta vibrante come mezzo secolo fa; il suono di soli archi s'irrita e s'inquieta come un tessuto cangiante secondo la luce e l'angolo di vista; la speciosa sensualità di ((Antique» supera la ferinità faunesca in un abbandono estastico, erede dei momenti più alti di un Berlioz, e tutta la partitura emana forza e sincerità anche quando si drap¬ peggia di estenuate finezze: un numero di archi più ridotto avrebbe forse consentito maggiore nervosità cameristica e maggiore evidenza alla voce di Zager Vandersteene, molto apprezzabile nelle parti calme ma sommersa in quelle concitate. Dopo la bruciante sincerità del giovane Britten, le Variazioni op. 36 di Elgar suonavano con qualche ruga di troppo, indipendentemente dalla perfetta e congeniale direzione di Shipway: la fortuna di questa partitura è la sua varietà di toni, dalla nobiltà storica all'intimismo casereccio, dal cipiglio all'amabilità memore di Brahms; il pericolo di Elgar è quello di sorprendersi a cavalcare la panchetta di un giardino come fosse l'ippogrifo di Astolfo, pericolo che nelle Variazioni op. 36 si realizza solo nell'imbarazzante trionfalismo della conclusione. Nella stessa mistura di leggenda e realtà, il Kipling di «Puck delle colline» era riuscito meglio, [g. p.]

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