Grandi scrittori poveri clown

il caso. Autori inglesi e americani contro gli editori: ci obbligano a tutto il caso. Autori inglesi e americani contro gli editori: ci obbligano a tutto Grandi scrittori, poveri clown E la romanziera si mette in body sul trapezio P~1AUL Auster è un giovane scrittore americano intelligente, coltissimo, bravo e molto apprezzato dalla I critica. Ma non basta. Esther Selsdon è una giovane scrittrice inglese molto ambiziosa, impegnata su un tema di moda come il «nuovo potere femminile», autrice di un'opera narrativa post-moderna che punta a un'alta qualità letteraria. Ma neanche questo basta. Non parliamo di Tim Willocks, che prima ancora di vedere il suo romanzo d'esordio in libreria ne ha già venduto la riduzione cinematografica a un regista di gran nome come Alan Pakula. Neanche questo basta. Per vendere libri ci vuole altro, oggi. Bisogna farsi notare, irrompere nel mercato dei non lettori, stupire i critici con qualche improbabile acrobazia. E' questa evidentemente l'opinione dell'industria editoriale in Inghilterra, dove in questi giorni il marketing dei libri sembra impazzito. Prendiamo il caso di Esther Selsdon. Nel suo romanzo Unsustainable positions, appena uscito dalla Abacus Books, c'è il personaggio di una trapezista. Un quotidiano chiede alla Selsdon di posare spiritosamente agli anelli - neanche a dirlo, in una posizione ardita che richiami il titolo - e cosa fa, ispirato dalla foto, il suo editore? Invita il meglio della critica letteraria londinese ad assistere a uno spettacolo della scrittrice al «trapezio», in calzamaglia e body. Lei, naturalmente, è furiosa e rilascia dichiarazioni di sdegno: «Non ho nessuna intenzione di esibirmi, è una totale sciocchez¬ za. Non sono un cane ammaestrato. Ho scritto un'opera di alta letteratura e invece tutto quello che hanno da dirmi è: "Mettiti in mostra"». Ed ecco il cuore del problema. Il libro è evidentemente un oggetto mesto, privo di sufficienti attrattive per il pubblico assillato dall'offerta pubblicitaria di film, di dischi, di concerti e videogiochi. In mezzo a tanta merce smagliante e variopinta, rischia di fare la parte di Cenerentola che va al ballo con il suo misero vestito grigio. Come correre ai ripari allora? Cercando di dare al prodotto narrativo qualcosa di più, di diverso, un fascino che vada oltre il contenuto del libro. Prendiamo Paul Auster. Si è detto che è giovane, bravo e stimato, ma non si è detto che è anche un uomo molto bello, con un'aria esotica, levantina, occhi magnifici e folti capelli neri. Prima lo sapevano solo gli addetti ai lavori, adesso a Londra lo sanno tutti. La Faber, infatti, per l'uscita del suo ultimo libro, Mr. Vertigo (una parabola sulla necessità di imparare ad amare), sta facendo tappezzare la città di grandi poster del suo viso e il risultato è evidentissimo. Accanto alle rock-star che nei cartelloni vicini reclamizzano concerti e dischi, Auster ha tutti i requisiti per sembrare anche lui una star. E dire che il suo romanzo partiva già bene, con un inizio fulminante come: «Avevo 12 anni la prima volta che ho camminato sulle acque». Ma una bella faccia sensuale può fare di più, molto di più, ed è quello che evidentemente pensano anche alla Jonathan Cape, dove stanno prepa¬ rando una campagna da decine di migliaia di sterline per lanciare in giugno lo sconosciuto Tim Willocks e il suo Green River Rising: un romanzo di cui non si sa nulla, se non che è tanto piaciuto a Pakula che ne farà un film. E già fin d'ora spicca sulla brochure promozionale una foto «artistica» dell'autore che non può passare inosservata. Lunghi capelli biondi inanellati, occhi azzurri, bocca piena e rosa, aspetto androgino per non dire bisessuale e vizioso. «Sembra l'arcangelo Gabriele, scrive come il Demonio...», recita la copertina. Da noi non si può dire che si sia mai arrivati a tanto. Passati i tempi delle grandi feste degli Anni Ottanta, sembra che il libro in Italia si muova ancora sui canali tradizionali dei preni, delle recensioni e dei talk-show, o al massimo di grandi promozioni collettive come la Festa o il Salone del Libro. Anche se, a dire il vero, il sistema di portare all'estero comitive di giornalisti per farli parlare di un libro italianissimo - in Africa quando uscì da Rizzoli La tua Africa di Luca Goldoni o tra i mistici del Tibet per lanciare quest'inverno II cuore magico di Bevilacqua, Mondadori - è una pratica che a certi editori inglesi e americani sembra incredibile. E' evidente che per tutti la posta in gioco è conquistare con mezzi adeguati il grande pubblico dei non letterati, o semplicemente quello degli illetterati, scarso di curiosità intellettuale ma sveglio nei sensi. Come si vede dalla dichiarazione dell'ufficio marketing della Faber: «Auster ha un aspetto giovane, moderno e sexy nei cartelloni. Noi stiamo vendendo il suo nome, più che un suo libro in particolare». Dov'è chiaro che «sexy» è la parola chiave. «Oggi persino i film sembrano superare la capacità di concentrazione di un certo pubblico, figuriamoci quindi i libri», sostiene Nicholas Glee, della rivista The Bookseller, per il quale ogni mezzo per farsi notare è giustificato. Ed anche Esther Selsdon, intervistata dall'Observer, scende dal piedistallo e ammette che, anche se «ormai si cerca di ridurre tutto a una formula commerciabile», è meglio essere notati che passare sotto silenzio. Se Jane Austen vivesse oggi, riflette, farebbe meglio ad adeguarsi anche lei, e in fretta. Livia Manera

Luoghi citati: Africa, Bevilacqua, Inghilterra, Italia, Londra, Tibet