C'è chi va in esilio e chi «marcia» su Roma di Valeria Sacchi

C'è chi va in esilio e chi «marcia» su Roma ! NOMI E GLI AFFARI C'è chi va in esilio e chi «marcia» su Roma Negli Anni Settanta furoreggiava la «farm» in Canada. Ovvero: grande fattoria, grandi spazi, grano, mucche, d'inverno metri di neve a seppellire tutto. Molto romantico a pensarci, molto scomodo a viverci. Una moda che ebbe il suo uomo simbolo in Eugenio Cefis. 11 quale, abbandonato il timone di Montedison, li aveva traslocato le sue fortune. Ma che, ben presto, era poi tornato alle terre lombarde. Ammaestrati da quel passato difficile, oggi gli italiani guardano più vicino. La vecchia Europa di Edouard Balladur e di John Major è assai meglio. Chi non ha il cuore nel Nuovo che Avanza, cerca casa a Londra e PariEugenio Cefis gi, non si sa il «canadese» mai. Massimo Pini l'ispiratore Ad un piedà-terre di pronto intervento nella patria di Guglielmo Teli aspirano numerosi membri della Comunità Ebraica, allarmati dal trionfante ritorno del Tricolore. Non è un caso se, già in marzo, la bilancia dei pagamenti denunciava fughe all'estero di capitali privati. Ma non tutti pensano all'esilio. Altri hanno ripreso, felici, il treno per Roma. Come Massimo Pini, fedelissimo di Craxi, già vicepresidente dell'Iri, defenestrato dopo l'uscita di Franco Nobili. Sarebbe lui, secondo voci ben informate, il suggeritore di certe proposte di Maurizio Gasparri (Alleanza Nazionale), soprattutto quelle che attengono alle sfere del danaro e degli affari. Come, ad esempio, l'attacco a Bankitalia e al governatore Antonio Fazio, pregato di sloggiare al più presto. O l'invito a Lamberto Dini, perché abbandoni la direzione della Banca centrale per trasferirsi alla guida del Tesoro. Anche per via di questi intrecci, nessuno scommette più una lira sulla permanenza alla testa dell'Iri di Romano Prodi, l'uomo che a suo tempo aveva licenziato il padrone delle Edizioni Sugar. E ci si chiede quando il buon Gasparri, detto anche «Epuratore arriverà in linea di collisione con un altro ex presidente dell'Iri, il professor Pietro Armani, presidente di «GS», ascoltato consulente e stratega economico di Giancarlo Fini. Lo scontro, se mai ci sarà, potrebbe esse- Armani pensa all'Industria Barucci il milanese re interessante. A meno che quanto sta avvenendo non rifletta un perfetto gioco di squadra. Avanti il demolitore Gasparri a demolire, poi ecco arrivare il ricostruttore Armani, a sistemare con competenza le cose. Armani per il quale si ipotizza la poltrona di ministro dell'Industria, fino a ieri di Paolo Savona, mentre al Tesoro e al Bilancio il toto-nomine dà in arrivo Dini e il leghista Giancarlo Fagliarmi. Sta per prendere il treno per il Nord il ministro del Tesoro Piero Barucci, che torna libero cittadino alla scrivania di direttore centrale del Credito Italiano, liberandosi da crucci e vespai. Tuttavia qualcuno sostiene che ci sia sempre lui, Barucci, dietro il nuovo tentativo del pre¬ sidente Giovanni Grottarelli de Sancti di riproporre la trasformazione del Montepaschi in Spa. Magari approfittando del fatto che il sindaco pidiessino di Siena, contrarissimo all'operazione, è un po' indebolito dai risultati del voto. Anche se il presidente dell'Abi, Tancredi Bianchi, ha invitato alla prudenza, e al rispetto delle «tradizioni». Un certo fermento sta attraversando il mondo delle assicurazioni. Le compagnie Vita stanno per citare in giudizio l'Ina di Lorenzo Pallosi e la Consap, condotta da Mario Fornari, per garantirsi il rimborso delle cessioni legali, qualcosa come 6000 miliardi. Mentre a Firenze, nei dintorni di via Lorenzo il Magnifico, si sus- Braggiotti surra che un enfant prodige secondo amministratore delegato sarebbe in arrivo, ad affiancare Arrigo Bianchi di Lavagna. Per questo posto in Fondiaria, Mediobanca (dove tra pochi giorni approderà nella squadra di Gerardo Braggiotti un nuovo enfant prodige, Luciano Fausti, figlio di Luigi) ha pensato ad Amato Luigi Molinari, uno dei tre direttori generali del gruppo presieduto da Eugenio Coppola di Canzano. Anche l'editoria è attraversata da mille fremiti. Sui destini dell'Einaudi si intrecciano curiosità e incertezze. I conti della casa fondata da Giulio Einaudi non fanno gola a nessuno. La conclusione è che Giorgio Fantoni e Franco Tato, che stanno trattando il divorzio tra Electa e Mondadori, si rimpallano l'un l'altro la patata bollente. E intanto corre voce che Tato stia cominciando a pensare di cambiar posto. Non che non stia bene dov'è, ma ora che Silvio Berlusconi primo ministro sta risolvendo i suoi problemi finanziari, vien meno in certo senso il compito di Tato risanatore. E Tato, si sa, ama viceversa misurarsi nelle grandi sfide. A Milano, pochi giorni or sono, gli editori raccolti nell'Aie si sono spaccati sul nuovo statuto messo a pùnto dal presidente Tiziano Barbieri. Col risultato che Barbieri e l'intero consiglio Aie si sono dimessi. Ma si dà per certo un finale con pace ecumenica, e grande embrassons nous. Valeria Sacchi Fantoni il negoziatore Massimo Pini l'ispiratore Armani pensa all'Industria Fantoni il negoziatore Barbieri il presidente