«Prendiamo esempio dalle madri coraggio»

«Prendiamo esempio dalie madri coraggio» Giovanni Paolo II ha beatificato ieri la donna che scelse di morire pur di dare alla luce un figlio «Prendiamo esempio dalie madri coraggio» Nuovo appello del Papa per la famiglia «insidiata da autentici lupi» CITTA' DEL VATICANO. Nella battaglia per la famiglia, contro l'aborto e il permissivismo morale di stampo occidentale, Giovanni Paolo II ha beatificato ieri ir. San Pietro due «madri coraggio», e un martire zairese. «Madre di famiglia» recita il testo della «Cappella papale» celebrata dal Papa ieri in onore di Elisabetta Canori Mora e di Gianna Beretta Molla. Due storie e due epoche diverse, legate dalla funzione sociale delle due neo-beate: madri di famiglia appunto. Due modelli per le loro colleghe contemporanee: «quanto devono lottare contro le difficoltà e i pericoli! - ha detto ieri Giovanni Paolo II - Quante volte sono chiamate ad affrontare autentici «lupi», decisi a portar via e a disperdere il gregge! E non sempre queste madri eroiche trovano sostegno nel loro ambiente. Anzi, i modelli di civiltà, spesso promossi e propagati dai mezzi di comunicazione, non favoriscono la maternità». Gianna Beretta Molla preferì correre il rischio di morire, pur di non perdere un figlio, anche le sue possibilità di sopravvivenza erano minime:, se avesse deciso - come fece di portare avanti la gravidanza. Suo marito e il figlio erano ieri presenti in San Pietro alla solenne beatificazione. Una storia diversa quella di Elisabetta Canori Mora, nata a Roma nel 1774. Si sposa a 22 anni con Cristoforo Mora, giovane avvocato, che la tradisce quasi immediatamente e fì disinteressa di lei e delle figlie. «Elisabetta alle violenze fisiche e psicologiche del marito risponde con una totale fedeltà, nel 1801 una misteriosa malattia la porta sull'orlo della tomba. Guarisce inspiegabilmente e ha la sua prima esperienza mistica». Dopo una vita di stenti e di devozione, muore nel 1825. Suo marito si converte dopo la morte - come la beata aveva predetto - e diventa frate minore conventuale. Il terzo beato è un martire africano Isidoro Bakanja. Martire non di qualche sovrano tribale, bensì di un bianco, capitalista «selvaggio» spaventato dall'ipotesi di una conversione in massa della sua forza lavoro. L'«agente» della Compagnia belga che possedeva la piantagione di gomma, gli intimò di smetterla di insegnare a pregare ai suoi compagni di lavoro: (Avremo tutto il villaggio in preghiera - disse - e nessuno vorrà più lavorare». Andrea Van Cauter - questo il nome del'agente della Società Anonima Belga - andò su tutte le furie - dicono i testi agiografici su Isidoro, quando il catechista si rifiutò di togliersi dal collo lo «scapolare» della Madonna del Carmine. Ordinò che Isidoro fosse frustato (più di cento colpi) con uno staffile di pelle di elefante. Bakanja sopravvisse alla punizione, ma non si riebbe: morì sei mesi più tardi, dopo aver perdonato il suo assassino. Marco Tosarti Gianna Beretta Molla con due figli: morì per dare alla luce l'ultimo

Persone citate: Andrea Van Cauter, Cristoforo Mora, Elisabetta Canori Mora, Gianna Beretta Molla, Giovanni Paolo Ii

Luoghi citati: Citta' Del Vaticano, Roma