I serbi si fermano la Nato non attacca di Foto Reltter

.5 I musulmani: «Gli aggressori non rispettano Tultimatum». Nuovi contrasti tra Onu e Bruxelles I serbi si fermano, la Nato non attacca Ma i Caschi blu entrano a Gorazde tra le polemiche ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO Gli aerei della Nato sono rimasti a terra. Anche se i serbi non hanno rispettato l'ultimatum della Nato e non si sono ritirati a tre chilometri dal centro di Gorazde entro le 2,01 di domenica i cacciabombardieri alleati non hanno bombardato le loro postazioni intorno all'enclave musulmana. Ad impedire l'intervento aereo sarebbe stato ancora una volta l'inviato speciale del segretario generale dell'Onu per la ex Jugoslavia Yasushi Akashi. Un'ora dopo la scadenza dell'ultimatum Akashi ha dichiarato che la situazione a Gorazde non giustifica un attacco contro le postazioni serbe perché il cessate il fuoco è globalmente rispettato. Alla domanda perché ha fermato i caccia alleati sabato pomeriggio quando i serbi stavano ancora bombardando con violenza la città malgrado la tregua che doveva iniziare a mezzogiorno, Akashi ha risposto di essersi consultato con il comandante in capo delle forze di pace dell'Onu in ex Jugoslavia generale De Lapresle e che i due si sono trovati d'accordo nel ritenere che gli attacchi aerei della Nato non sarebbero stati giustificati. Secondo fonti Nato da Bruxelles il segretario generale dell'alleanza Manfred Woerner avrebbe chiamato di persona Akashi chiedendo spiegazioni sulla decisione di fermare i bombardamenti. La lunga conversazione telefonica tra i due è stata definita «difficile» da un funzionario della Nato che ha voluto mantenere l'anonimato. Ma dal comando Nato di Napoli smentiscono ogni disaccordo con l'Onu. Proprio mentre l'ultimatum stava scadendo a Gorazde sono arrivati i primi 140 Caschi blu ucraini il cui convoglio nei giorni scorsi era stato bloccato dai serbi e richiamato a Sarajevo. Ma quando ieri notte i soldati ucraini hanno raggiunto l'enclave musulmana sono stati calorosamente accolti dai miliziani serbi proprio come i Caschi blu russi due mesi fa a Sarajevo. Tra due giorni a Gorazde dovrebbe arrivare un altro contingente di 400 Caschi blu francesi e inglesi. «La parte serba ha rispettato tutti i punti dell'accordo di Belgrado, per cui non c'è nessun motivo per i bombardamenti della Nato» ha dichiarato ieri il leader serbo-bosniaco Karadzic non nascondendo la propria soddisfazione per il superato pericolo dei bombardamenti. Per tutta la giornata da Gorazde sono giunte notizie contraddittorie sulla ritirata delle truppe serbe. Il portavoce dell'Unprofor da Sarajevo, maggiore Hollovay, ha confermato che i serbi non si sono ritirati a 3 chilometri dal centro della città, ma che il cessate il fuoco regge. Intanto il portavoce dei Caschi blu a Zagabria affermava che i serbi si stanno ritirando in accordo con l'ultimatum e che la situazione a Gorazde è soddisfacente. Ma a detta di Esad Ohranovic, uno dei funzionari del Comune di Gorazde, in città ci sono stati nuovi morti. Nel radiomessaggio diffuso a mezzogiorno Ohranovic ha detto che i cecchini serbi hanno ucciso tre persone e ne hanno ferite sette. Una granata è stata lanciata dai serbi contro la fabbrica di armi dove c'è stato un altro morto. In poco più di tre settimane, dall'inizio dell'offensiva serba contro l'enclave musulmana che l'Onu ha proclamato zona protetta, a Gorazde hanno perso la vita 700 persone, mentre più di 2 mila sono rimaste ferite. Nel primo pomeriggio di ieri è iniziata l'evacuazione dei feriti più gravi. Sei elicotteri dell'Onu, tre Puma francesi e tre Sea-King britannici, hanno trasportato a Sarajevo un centinaio di feriti. Sono stati tutti ricoverati all'ospedale di Kosevo dove verranno date loro le prime cure. «Non ci sono parole per spiegare le sofferenze di questa gente» dice Mary McLoghlin, dottoressa inglese che ha trascorso un mese a Gorazde per aiutare i medici dell'ospedale locale. «Tre giorni dopo il mio arrivo i serbi hanno cominciato a bombardare la città con violenza. La gente era disperata perché non c'erano rifugi a sufficienza. Tutte le cantine delle case erano affollate di donne, vecchi e bambini. Non si poteva mettere fuori il naso senza il rischio di essere uccisi. La morte ha colpito ogni famiglia a Gorazde». Ma ancora ieri i serbi hanno negato gli attacchi contro Gorazde. «Siamo contenti che oltre ai Caschi blu sul posto siano arrivati i funzionari civili dell'Onu perché potranno finalmente capire che gli unici a sparare sono i musulmani. Non è la prima volta che per far credere di essere le vittime sparano contro se stessi. L'hanno fatto anche oggi davanti agli occhi dei Caschi blu» ha dichiarato il vicepresidente dell'autoproclamata Repubblica serba Koljevic. «Le sparatorie che si sono sentite nel corso della mattinata provengono dalle due parti» ha dichiarato intanto a Zagabria l'inviato speciale dell'Orni Akashi. «Dalle informazioni che ricevo si può dire che la situazione sul terreno migliora di ora in ora. Ho appena parlato con il generale Rose, comandante dei Caschi blu in Bosnia, che mi ha confermato che i serbi si stanno ritirando». Akashi ha affermato che nella zona di esclusione di tre chilometri non risultano esserci più cannoni o carri armati serbi. Gli aerei della Nato che sorvolano Gorazde controllando le postazioni serbe non hanno più avvistato l'artiglieria pesante che per giorni ha bombardato la città. «Può darsi che ci sia ancora qualche cannone, ma di sicuro sono pochi. Non si è ancora ritirata la fanteria serba, anche se sembra sul punto di farlo. Quel che mi preoccupa è che stanno dando fuoco a tutte le case che si lasciano alle spalle. Protesterò fortemente con Radovan Karadzic perché fermi i suoi uomini», ha detto Akashi. Ingrid Badurina Dal municipio della città assediata accusano: oggi i cecchini hanno ucciso 3 persone Nella foto grande un A-10 dell'Us Air Force decolla da Aviano. Qui sotto cecchini serbo-bosniaci sparano verso le postazioni dei musulmani alla periferia di Gorazde [FOTO RELTTER]

Persone citate: Ingrid Badurina, Karadzic, Manfred Woerner, Mary Mcloghlin, Radovan Karadzic, Yasushi Akashi