Spettri di impeachment a Zagabria
Spettri di impeachment a Zagabria Spettri di impeachment a Zagabria Accuse al Presidente: trama con Milosevic ZAGABRIA. La guerra che sta dilaniando la Bosnia potrebbe provocare un'ennesima vittima: si tratta del presidente croato Franjo Tudjman, la cui condotta politica è stata messa sotto accusa dai due presidenti del parlamento che, oltre a prendere le distanze da Tudjman, hanno fondato insieme un partito nuovo di zecca. Stipe Mesic, presidente della Camera dei deputati, e Josip Manolic, presidente della Camera delle contee (Senato), hanno annunciato da pochi giorni la creazione del partito dei democratici croati indipendenti (Hnd) abbandonando l'Hdz, la formazione del capo dello Stato. Molti i punti che hanno dato origine al dissenso: innanzitutto i due parlamentari contestano al presidente croato una condotta di tipo dittatoriale, in particolare gli rimproverano di avere preso decisioni importanti per il Paese senza avere mai consultato né il partito, né il governo, tantomeno di averne messo a conoscenza il Parlamento. Ma l'accusa più dura riguarda alcuni aspetti legati alla guerra in Bosnia. In una lettera a Tudjman, Manolic ha accusato il presidente croato di «essersi messo d'accordo con Slobodan Milosevic per concordare insieme la spartizione della Bosnia». «E' tua la responsabilità dei crimini commessi contro gli ex alleati - dice Manolic al presidente Tudjman - per le distruzioni, le morti e il genocidio che non soltanto hanno fatto tanto male ai musulmani, ma si sono ritorti ai danni dei croati rischiando di farli scomparire per sempre dalla Bosnia Erzegovina». All'origine della scissione ci sarebbe anche il malcontendo dovuto a una carente applicazione dello stato di diritto. In pratica Mesic e Manolic ri¬ vendicano una maggiore garanzia delle libertà, non ultima quella di stampa. Denunciano inoltre una certa corruzione del potere, che avrebbe approfittato delle proprie posizioni di vertice per garantirsi interessi privati. Il presidente Tudjman ha tentato di fronteggiare l'offensiva di Manolic costringendolo «d'autorità» a dimettersi dalla presidenza del Senato. Manolic ha rifiutato di presentare le dimissioni in virtù della procedura parlamentare secondo cui l'ordine del giorno (in questo caso le sue dimissioni) è stabilito dallo stesso presidente. A dare manforte a Manolic è intervenuto quindi il presidente della Camera dei deputati Stipe Mesic, che ha definito il tentativo di isolare Manolic un autentico «ritorno allo stalinismo». In una intervista rilasciata al quotidiano «Vjesnik», Mesic ha quindi dichiarato che «vi è una crisi di gestione dello Stato perché la Croazia è guidata dall'ufficio del presidente». Ha inoltre tenuto a precisare che «la legalità in Croazia è finita con la creazione della repubblica dell'Herceg-Bosna dove noi croati abbiamo fatto le stesse cose dei serbi». Ma la presa di posizione dei due presidenti del Parlamento non è rimasta isolata. Circa una quindicina di parlamen¬ tari dell'Hdz ha scelto di abbandonare Tudjman e di seguire Mesic e Manolic; i giornali croati hanno sottolineato che con sedici deputati in meno alla Camera e sette al Senato Tudjman perde la maggioranza assoluta in Parlamento. Se la rivolta dei vecchi amici - Mesic e Manolic sono con Tudjman i fondatori della nuova Croazia - raggiunge questi numeri Tudjman rischia l'impeachment, [e. st.] Franjo Tudjman (nella foto) è stato accusato dai presidenti del Parlamento di essersi messo d'accordo con Milosevic sulla spartizione della Bosnia
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